COSENZA I carabinieri di Cosenza fanno irruzione in un appartamento e rinvengono un trolley pieno zeppo di banconote di grosso taglio. Poco meno di 400mila euro nascosti in una valigia, un tesoretto occultato nell’abitazione dell’ex cognato di Roberto Porcaro. Questo episodio finisce nella carte dell’inchiesta denominata “Recovery“, coordinata dalla Dda di Catanzaro e che ha portato ad iscrivere nel registro degli indagati 142 persone.
Senza voler entrare in questioni prettamente personali e che attingono solo alla sfera privata, ci limitiamo a dar conto della fine del rapporto sentimentale tra Roberto Porcaro, ritenuto uno dei capi dei gruppi criminali che farebbero parte della Confederazione di ‘ndrangheta cosentina, e l’ex moglie Silvia Guido (indagata). Il dato è importante per comprendere come – secondo la Dda – sia mutato il rapporto criminale all’interno del clan cosentino. Dopo la rottura, infatti, la donna si «avvicinerà criminalmente a Francesco Patitucci, mantenendo il suo ruolo di organizzatrice all’interno del sodalizio mafioso». Non un ruolo di facciata, ma – mettono nero su bianco gli investigatori – «il compito di tenere la contabilità e la “bacinella” del clan. Ed in tale compito collaborerà nello specifico anche con Antonio Illuminato». Patitucci viene arrestato ed affida, verosimilmente alla compagna, messaggi da veicolare e recapitare ad alcuni esponenti di spicco del clan, come Antonio Illuminato. Deciso a «scalare le gerarchie criminali fino a divenire suo massimo uomo di fiducia.
Non uno scambio epistolare, siamo nell’era digitale, ed ecco che Gioia e Illuminato inviano continui sms per definire la consegna di somme di denaro. Chi indaga intercetta tutto. Nei mesi di marzo ed aprile 2021, Guido «consegna ad Illuminato (ma anche ad altri sodali del dell’associazione), somme di denaro ammontanti complessivamente ad oltre 50.000 euro. Nelle settimane successive, gli investigatori annotano altre consegne. Nelle conversazioni, i due indagati trovano anche il tempo per uno sfogo sull’atteggiamento di Roberto Porcaro che avrebbe imposto dei «paletti» all’utilizzo del denaro.
Sono sempre i soldi, l’argomento centrale delle discussioni tra Gioia ed Illuminato, ma in questo strano triangolo con Roberto Porcaro si inserisce un episodio di notevole rilevanza, non fosse altro per la quantità dei danari rinvenuti dai carabinieri di Cosenza. Come anticipato, il 21 dicembre 2023, il personale della Stazione Carabinieri di Cosenza Centro esegue una perquisizione in un appartamento a Cosenza, occupato da Salvatore Guido, fratello di Silvia ed ex cognato di Porcaro. «Nel corso della perquisizione veniva rinvenuto denaro contante quantificato in 389mila e 900 euro frazionato in mazzette di banconote da 50 e 100 euro, avvolte in pellicola trasparente ed elastici, il tutto nascosto all’interno di un trolley custodito nell’armadio della camera da letto». Come già raccontato dal Corriere della Calabria, Guido non riesce a giustificare la provenienza e la detenzione del denaro. Che viene sottoposto a sequestro, mentre l’uomo viene indagato per riciclaggio. L’episodio finirà sul tavolo della Dda di Catanzaro perché i carabinieri ravvisano «il collegamento tra la somma rinvenuta e le condotte delittuose poste in favore dell’associazione di ‘ndrangheta cosentina della quale, tra i tanti, è chiamata a rispondere, con ruolo di promozione e direzione, nel processo “Reset“, proprio Silvia Guido».
Come asserisce l’accusa, Silvia Guido avrebbe detenuto la cassa contante «in un luogo sicuro, di agevole ed immediato accesso, non lontano dalla propria abitazione, vale a dire nella palazzina in cui abita il fratello». Gli investigatori elencano i motivi a supporto dell’ipotesi accusatoria. «Il 6 agosto 2019 Silvia Guido, nel timore di una imminente perquisizione sposta una consistente somma di denaro contante dalla propria abitazione di all’abitazione dei genitori, distante poche decine di metri». Ed ancora, come ricostruito dai Carabinieri del Nucleo Investigativo di Cosenza, la «vicinanza consente alla Guido di utilizzare la palazzina come una sorta di pertinenza nella quale occultare i proventi illeciti dell’associazione criminale, senza fare lunghi tragitti, muovendosi a piedi, con la possibilità di deposito e prelievo del denaro anche giornaliero senza alcuna difficoltà per far fronte alle esigenze di incasso ed investimento illecito».
A sostegno della tesi dell’accusa, giungono anche le dichiarazioni rese dal pentito Checco Greco. «Per quanto concerne invece la custodia del denaro provento dell’attività di usura sempre al fine di porsi al riparo dal pericolo di eventuali controlli da parte delle forze dell’ordine, la stessa era affidata ad una parente di Silvia Guido che abitava nei pressi dello Stadio, a poca distanza dell’abitazione del Porcaro e della Guido. La Guido difatti era solita mandare i figli a prelevare il denaro destinato al prestito usuraio custodito da questa sua parente». Per chi indaga, non ci sono dubbi. Il danaro rinvenuto nel trolley rappresenta un «formidabile elemento di riscontro alla considerevole disponibilità economica contante da parte dell’associazione, vero e proprio “ossigeno del sodalizio”, misura dei proventi illeciti e di capacità di reimpiego illecito». (f.benincasa@corrierecal.it)
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