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IL CONTRIBUTO

L’”Orlando di Barbaro” e l’Europa senza Carlo Magno

“Più volte io, Orlando, tentai di uccidere la strega. Che però sembrava invulnerabile e dava manforte ai Saraceni, finché non ricorsi all’inganno. Le proposi di confessarci i segreti dell’invincib…

Pubblicato il: 15/05/2024 – 13:22
di Romano Pitaro
L’”Orlando di Barbaro” e l’Europa senza Carlo Magno

“Più volte io, Orlando, tentai di uccidere la strega. Che però sembrava invulnerabile e dava manforte ai Saraceni, finché non ricorsi all’inganno. Le proposi di confessarci i segreti dell’invincibilità. Fu il tono conciliante, chissà?, ma ebbe un istante di incertezza e si lasciò sfuggire:  ‘Io tutto ti dico, ma non mi toccare l’ombelico!’ Intuì il punto debole e la trafissi con la spada, e, vinti gli ultimi Saraceni, liberai Barbaro”. E’ sorprendente imbattersi, in questa parte del Mezzogiorno italiano, nel racconto orale di più generazioni del valoroso paladino di Carlo Magno, dei temerari suoi compagni e delle vicende rutilanti della “Chanson de geste”, la letteratura cavalleresca nata in Francia sul finire dell’XI secolo. Scenario della magia i boschi della Sila, dov’è il “segreto meglio custodito d’Europa” delle Valli Cupe. Com’è verosimile che se Italo Calvino (lo sottolinea Chiara Fera nella prefazione al volume di Carmine e Raffaella Lupia –  in libreria a giugno – impreziosito dal contributo dell’archeologo Francesco Cuteri) avesse saputo della città leggendaria, di cui resiste una cinta muraria sul colle omonimo tra i borghi di Sersale e Zagarise, l’avrebbe aggiunta alle 55 “Città invisibili” di cui Marco Polo narra all’imperatore dei Tartari Kublai Khan.  La “città invisibile” della Sila catanzarese è la città di Barbaro. E ancora una volta, la Calabria, con le sue “Chanson” in lingua anglo-normanna e franco-normanna scritte tra il XIII e il XVI secolo e dall’indiscutibile pregio letterario, ricorda di essere stata “sentinella di pietra” dell’Europa continentale nel contrasto all’avanzata dei Saraceni. Barbaro, per gli anziani del luogo Vàrvaru, è stata   un agglomerato di gente dalla provenienza eterogenea, che rivive nel racconto popolare e nelle leggende di cui “L’Orlando di Barbaro” – il titolo del saggio illustrato da Emiliano Cistaro ed edito da Rubbettino –   svela successi e cadute dai primi giorni all’abbandono, senza omettere le incognite che sommano alle rare certezze archeologiche il mistero che fa lievitare l’immaginazione. Rivive così un insediamento di uomini e donne fondato (per una delle spiegazioni più avvincenti) da Silone Barba che “in seguito alla guerra di Troia, approdò alla foce del fiume Uria e risalì la montagna fino a insediarsi in un luogo salubre, fondando la città che prese il nome di Barbato”. Orlando e Carlo Magno lì non sono mai stati. Ma il Colle D’Urràndu, di Scarano, di Luccio, Filippazzo, Fariano e Razzone, (combattenti per la cristianità), ripropongono ideali e virtù a cui anche questo lembo di Calabria, scenario della guerra di religione che imperversava, si è ispirato. Per Carmine e Raffaella Lupia, le gesta d’Orlando contro i Saraceni ebbero accoglienza in quei posti per preservare la cristianità dalle invasioni arabe. Di sicuro anche questa “Chanson” orale (che si aggiunge a “La Canzone d’Aspromonte” di Carmelina Sicari del 1991 edita da Quale Cultura e Jaca Book) fin qui sottovalutata, conferma la funzione che ebbe la Calabria. Ponte di transito e dialogo culturale fra Occidente e Oriente, quando (è la tesi di Antonella Musitano, autrice del volume “La Chanson d’Aspremont” edita da Laruffa nel 2019) “era possibile amalgamare elementi sociali, culturali e antropologici variegati e diversi”.   Corsi e ricorsi di una questione che riaffiora nei rivolgimenti geopolitici internazionali. E su cui, in un frangente che ricorre alle culture d’origine dell’Occidente per rinforzare la coesione europea, le “Chanson” calabresi forniscono un interessante apporto. Fermo restando il dubbio che anche gli orientamenti culturali più affidabili possano essere utili per riscattarla dall’inconcludenza, se l’Europa non smette di avere 27 punti di vista diversi sulle questioni più cruciali e non trova il suo Carlo Magno che superi la frammentazione con una visione potente del futuro.  Ma il dibattito sull’Europarlamento da rinnovare a giugno tutto include, tranne che l’elezione diretta del premier, sicché Carlo Magno è, come dire?, ancora in lontananza.

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