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Robert Fico «filorusso e populista» e il “fantasma” di Kuciak che indagava sulla ‘ndrangheta in Slovacchia

Il premier, ferito gravemente da alcuni colpi di pistola, nel 2018 si era dimesso dopo le proteste seguite all’omicidio del giovane cronista

Pubblicato il: 15/05/2024 – 20:45
di Giorgio Curcio
Robert Fico «filorusso e populista» e il “fantasma” di Kuciak che indagava sulla ‘ndrangheta in Slovacchia

Un agguato che ha sconvolto la Slovacchia e l’Europa. I colpi di pistola esplosi contro il premier Robert Fico, sono già destinati a lasciare un segno indelebile nel “vecchio continente”. L’attentato al politico è avvenuto nella città di Handlova, a 150 chilometri da Bratislava. Il premier slovacco è uscito tra la folla quando in quel momento sono stati sparati dei colpi che lo hanno raggiunto all’addome e al petto. La corsa disperata in ospedale, l’intervento chirurgico e ora la speranza. Perché Robert Fico è in condizioni «straordinariamente gravi» e lo ha detto il ministro della Difesa slovacco, Robert Kaliňák, citato dal Guardian. Insomma, il premier sarebbe ancora in «gravi condizioni» e, come ha detto il ministro «ancora non abbiamo buone notizie». A sparare il 71enne Juraj Chintula, scrittore slovacco ma a quanto pare con un passato nel gruppo paramilitare ultranazionalista “Slovenskí Branci” di chiaro orientamento filorusso e collegato al gruppo di motociclisti russi “Night Wolves” vicino a Putin.

La figura

Quella di Robert Fico è una figura politica molto conversa. Già primo ministro della Slovacchia dal 2006 al 2010 e dal 2012 al 2018, era stato rieletto premier solo qualche mese fa, battendo i liberali, riconquistando la fiducia degli elettori slovacchi dopo il caos e le proteste scoppiate del 2018. Dopo, cioè, l’omicidio di Jan Kuciak, il giornalista ucciso insieme alla propria fidanzata proprio mentre stava indagando sui rapporti tra la politica di governo e la ‘ndrangheta.  Fico in questi mesi non ha mai nascosto le “simpatie” per Putin e si era sempre detto contrario all’invio di armi in Ucraina, nonché al suo ingresso nella Nato, invitando il presidente Zelensky a cedere i territori reclamati dalla Russia. Considerato, dunque, un nemico dall’Ucraina, alla quale appena eletto aveva detto di non voler inviare più “un solo proiettile”, ha definito “fascisti” gli ucraini, Fico aveva iniziato la sua carriera politica nel Partito comunista poco prima che la Rivoluzione di Velluto del 1989 dissolvesse l’ex Cecoslovacchia.

L’omicidio Kuciak

Il nome di Fico, dunque, è legato a doppio filo con il destino del giovane reporter del portale online “Aktuality.sk”, ammazzato al civico 558 di via Brezova, una piccola casa di Velka Maca, paese a nord-est di Bratislava. Kuciak aveva trascorso più di un anno a lavorare su una storia riguardo le attività della ‘ndrangheta in Slovacchia, «compresi i legami dell’organizzazione malavitosa con i politici», la cui ricerca portava dritti ad un collaboratore dell’allora premier Robert Fico. A certificare la presenza delle ‘ndrine calabresi in Slovacchia è stato anche l’ultimo report della Dia. Secondo la Direzione investigativa antimafia, infatti, «la Slovacchia registra ramificazioni ‘ndranghetiste: «In seguito alla liberalizzazione economica, il Paese ha rappresentato, soprattutto per la ‘ndrangheta, un’opportunità ulteriore di realizzazione di ingenti profitti derivanti dalle numerose attività illecite poste in essere». C’è, poi, una confisca risalente al 1° giugno 2022 emessa dal Tribunale di Reggio Calabria, nei confronti di un personaggio legato alla cosca Piromalli egemone a Gioia Tauro, condannato nell’ambito dell’operazione “Mediterraneo”.

La ‘ndrangheta in Slovacchia

Ma, più di tutto, le infiltrazioni della ‘ndrangheta calabrese in Slovacchia sarebbe legato al settore dell’agricoltura. Le indagini di Kuciak, infatti, portavano alla zona orientale del Paese, accendendo i riflettori sulla famiglia Vadalà ma anche Rodà e Catroppa. «Possedevano o ancora possiedono diverse decine di aziende. La loro proprietà è nell’ordine delle decine di milioni di euro. Gestiscono centinaia di migliaia di ettari di terreno, che attirano milioni di euro di sovvenzioni”, si legge nell’articolo del giornalista ucciso in Slovacchia. Solo nel 2015 e 2016, le società legate a queste famiglie sono riuscite a ottenere dall’Agenzia di pagamento agricola slovacca (Ppa) dei pagamenti diretti per più di otto milioni di euro. «La legittimità di questi pagamenti è discutibile». Così come scriveva Kuciak, «le aziende dei Rodà in Slovacchia sono attive dagli anni Novanta, e al momento della fondazione hanno ricevuto buona parte del capitale di ingresso da imprese site a Condofuri (in provincia di Reggio Calabria).

La pista fino a Bova

La principale pista investigativa della polizia slovacca sull’omicidio di Kuciak aveva portato a Bova Marina, nel Reggino, da dove diversi elementi legati alla ‘ndrangheta partirono anni fa verso l’est Europa. La polizia aveva arrestato sette cittadini italiani che il giovane cronista accusava di avere rapporti con la ‘ndrangheta e di gestire milioni di euro di fondi comunitari. In carcere erano finiti l’imprenditore Antonino Vadalà, il fratello Bruno, il cugino Pietro Catroppa e poi ancora Sebastiano Vadalà e Antonio e Diego Roda. A far partire l’inchiesta del cronista era stata in special la posizione di Antonino Vadalà che, tra le varie attività svolte, operava nel settore del fotovoltaico. L’imprenditore, secondo Kuciak, aveva intrapreso da tempo rapporti poco chiari con Maria Troskova, primo consigliere di Stato di Fico. Alla fine, tutte e sette le persone arrestate, furono rilasciate per mancanza di prove. (g.curcio@corrierecal.it)

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