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‘ndrine e bande straniere

La ‘Ndrangheta a Roma e i “rapporti tesi” con gli albanesi. «Scendo in Calabria e lo mando sulla sedia a rotelle»

Il tentato omicidio di “Lallo” Tei a Tor Bella Monaca ha fatto salire i livelli di attenzione nella Capitale. La presenza delle ‘ndrine era già emersa nelle ultime inchieste

Pubblicato il: 16/05/2024 – 18:39
di Giorgio Curcio
La ‘Ndrangheta a Roma e i “rapporti tesi” con gli albanesi. «Scendo in Calabria e lo mando sulla sedia a rotelle»

ROMA La penetrazione nei comuni di Anzio e Nettuno è un fatto emerso in numerose inchieste in cui l’Antimafia di Roma ha già acceso i riflettori, con uno sguardo particolare sull’attività di gruppi legati alla ‘ndrangheta calabrese, dediti non solo al traffico di stupefacenti, ma anche al condizionamento della vita politica locale e, in chiave più generale, al controllo delle attività economiche e degli affidamenti degli appalti locali. L’ultimo fatto di sangue che ha scosso la Capitale e Tor Bella Monaca ha rialzato al massimo i livelli di guardia. Secondo quanto è emerso in questi giorni, infatti, Giancarlo Tei, il 27enne gambizzato sabato sera sarebbe uno tra i principali capo piazza, sfruttando l’eredità lasciata dal padre Stefano. I Tei, inoltre, avrebbero fatto affari con gli albanesi, con il gruppo di Giuseppe Molisso, uno degli alfieri di spicco di Michele Senese e con i membri delle cosche della ‘ndrine di San Luca.

Le inchieste “Pilot” e “Tritone”

I legami tra i clan calabresi con quelli provenienti dall’Albania sono emersi, in particolare, nell’inchiesta “Pilot 19”, naturale prosecuzione di “Tritone”, il cui processo peraltro è in fase di svolgimento. L’attività investigativa ha permesso di mettere in fila tutti le ipotesi legate alla sussistenza di un’organizzazione criminale operativa da anni con legami con l’Albania e ulteriori legami riconducibili proprio ai clan di ‘ndrangheta. In “Tritone” era già saltato fuori il nome di Vincenzo Italiano, considerato dagli inquirenti «partecipe di primo piano del clan ‘ndranghetistico e dell’associazione finalizzata al traffico di stupefacenti». Ma quello su cui erano convinti di aver fatto luce gli inquirenti era a tutti li effetti una banda calabro-albanese: spuntano i nomi di Pacrami Pellumb (cl. ’74) e il nipote Ndreka Briken (cl. ’98), entrambi albanesi, ma anche il “Biondo” identificato poi in Manuel Mazzotta (cl. ’94), soggetto di assoluto rilievo investigativo perché «ritenuto intraneo alla nota ‘ndrina dei Bellocco, clan ‘ndranghetistico operativo a Rosarno», annota il gip nell’ordinanza.


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I contatti tra calabresi e albanesi

Sono numerosi gli incontri monitorati tra Italiano e proprio il “Biondo” in particolare nella zona Eur di Roma, già da luglio del 2019. Sul finire di ottobre dello stesso anno, ad esempio, gli inquirenti registrano un incontro avvenuto in un ristorante a Grottaferrata con i fratelli Italiano, al quale prenderanno parte Ndreca Briken e Manuele Mazzotta. Più tardi è la notte del 2 novembre 2019, mentre è intercettato Vincenzo Italiano spiega al suo interlocutore «di aver chiarito con i soggetti con cui era entrato in contatto di agire per conto del sodalizio dei Gallace», annota il gip nell’ordinanza. «… io sai cosa gli ho detto? Io la parte mia me la devo divide con queste persone, se io vado a fa’ una cosa perché la devo dividere con gli altri? Per quale motivo? Però siamo così e così è…». Ancora Italiano riferisce, in un’altra conversazione intercettata, che l’indomani avrebbe incontrato Manuel, con cui si sarebbe recato in un determinato luogo per concordare l’acquisto di 500 grammi di narcotico, descrivendo il profitto dell’attività illecita: «…no viene de qua, vengo in pizzeria poi con lui e poi quando eh… tu mi dici vieni là… ma io sto a fa… ma sti cazzi… a 45, sono 10… è mezzo chilo quanto sono 5 mila… mannaggia…». Come ricostruito ancora dagli inquirenti e riportato dal gip nell’ordinanza, i due affrontavano nuovamente l’argomento relativo alla recente condotta di Bruno Gallace. Italiano, in particolare, affermava di aver parlato con Agazio Gallace, al quale aveva spiegato il suo rapporto attuale con il fratello. «… gli ho detto Aga’, non so che dirti, non lo so, io sto a fa questo, questo, questo e questo e tu fratello sa tutto, gli ho detto perché per te è fratello proprio di sangue, per me siamo proprio fratelli di amicizia, di tutto, proprio di bene». Nella stessa conversazione Italiano «aggiungeva di avere assecondato la richiesta di Gallace Bruno», annota il gip, procurandogli un appuntamento con fornitori di sostanza stupefacente e ribadendo la sua fedeltà: «(…) sto fa quello, quello e quello, lo sto a fa per noi! Per tutti noi, io gli ho detto l’altra volta».

Il traffico di droga

Il coinvolgimento di Pacrami Pellumb e Ndreca Briken (nonché di Agus Gianfranco) nel traffico di stupefacenti è definitivamente compreso dall’intercettazione di un dialogo avvenuto il 7 novembre del 2019. Il monitoraggio del dispositivo di localizzazione satellitare GPS montato sull’auto dell’albanese lo porta a Rocca di Papa, le intercettazioni avrebbero consentito di accertare la presenza di Gianfranco Agus» annota il gip «mentre al centro della conversazione la necessità di ricevere da vari acquirenti il saldo dello stupefacente per un totale di circa 48mila euro; Pellumb Pacrami, Gianfranco Agus e Ndreca Briken pianificavano, poi, la vendita di un chilo di cocaina, evidentemente l’ultimo disponibile, a persone non meglio indicate». Dopo circa mezz’ora, Pacrami e Ndreca «salgono sul veicolo, affidano la custodia dello stupefacente a Kaci Klaodio e si allontanano percorrendo le strade meno controllate dai Carabinieri di Rocca di Papa, per evitare di essere arrestati». Il pm, sulla scorta delle risultanze investigative ha individuato «il 18 novembre 2019 quale data della cessione delia cocaina, 500 grammi, da parte degli albanesi Ndreca Briken e Pacrami Pellumb a Mazzetta Manuele ed Italiano Vincenzo», annota il gip nell’ordinanza.

I rapporti incrinati

I rapporti tra il gruppo degli italiani e quello albanese sono fitti, fino però all’arresto del “Biondo” Manuele Mazzotta, accusato di concorso in rapina aggravata avvenuta il 7 novembre del 2018 in provincia di Reggio Calabria. «Tuttavia – come scriveva il gip nell’ordinanza – tre mesi dopo l’arresto, l’intercettazione del dialogo del 21 febbraio del 20202 tra Ndreca Briken ed il fratello Alessandro Mazzotta confermava definitivamente la cessione di stupefacente, il quantitativo venduto pari a 500 grammi, la persistenza del debito da parte di Alessandro Mazzotta pari a 20mila euro», ma anche le minacce rivolte dall’albanese a Mazzotta perché provvedesse celermente al pagamento.
«(…) eh quanto mi stanno rompendo il cazzo questi calabresi, che cavolo! Appena vedo che si può, gli romperò il culo! Vediamo cosa ci diranno oggi!», questo diceva qualche giorno prima proprio Briken in una conversazione intercettata. «…dove stai tu? Dal 25 dicembre non te sei fatto più sentì… non ti sei fatto più vede… dove stai? Sei sceso giù, hai chiuso il ristorante… dove stai? Perché sei scappato?». È il 21 febbraio 2020 quando proprio Briken, al telefono, “rimprovera” Mazzotta di essersi reso irreperibile dal 25 dicembre del 2019. Poco dopo è ancora l’albanese, evidentemente irritato, a spiegare ad un suo connazionale di voler raggiungere Alessandro Mazzotta in Calabria e obbligarlo con la violenza a saldare il debito. «(…) questo i ventimila euro me li darà il doppio, non solo a me anche all’uomo che ho messo in difficoltà… ma quanto cazzo ti devo aspetta’ che c’ho 4 mesi che ti aspetto… tu non c’hai le palle… tu non c’hai le palle di veni qua…».  

Il debito da saldare e le minacce

Briken, continuando a parlare con il connazionale «evidenziava che l’originaria trattativa con gli acquirenti calabresi era per la fornitura di 1 kg di cocaina», riporta il gip nell’ordinanza, mostrando al contempo una certa “prudenza”, nella convinzione di essere intercettato.
«(…) il problema è che non posso parlare al telefono, altrimenti lo prendo in ostaggio, lo prendo lo lego e lo tengo in ostaggio… chiamerò suo fratello, gli dico porta i soldi e prendi tuo fratello, questo pensavo di fare…». E ancora: «(…) quando porta i soldi gli dico “aspetta un po’ vicino al bar”, così nel frattempo lo picchio di brutto, gli spezzo le gambe e le mani… in Inghilterra l’ho fatto questo, qui non lo posso fare perché ho parlato al telefono, ormai non lo posso toccare proprio…». «… con questi così bisogna fare, sti figli di puttana… se non porta i soldi, troverò un giorno, anzi a breve vado in Calabria e glieli rompo tutti i denti, uno per uno, gliele rompo tutte e due le mani e tutte e due le gambe… solo i dei gli costeranno dieci mila euro, poi un paio di mesi sulla sedia a rotelle così farà uscire i miei soldi…».  La rabbia dell’albanese è ormai alle stelle, come è emerso nel corso delle intercettazioni riportate dal gip nell’ordinanza. E, infine, conclude la conversazione con una frase esplicita: «Tu per tuo fratello devi tenere la responsabilità…come facciamo noi… non voglio fa’ quello che sto a pensa’… per favore chiudiamo tutto in amicizia, in pace…». (g.curcio@corrierecal.it)

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