COSENZA Una figura “emergente” ma dirompente nello scenario criminale cosentino, particolarmente distinto nel settore del traffico di sostanze stupefacenti, forte del rapporto di collaborazione instaurato negli anni con esponenti della potente cosca di ‘ndrangheta Alvaro-Violi, con base operativa a Sinopoli, nel Reggino. C’è anche il nome di Michele Rende nella maxinchiesta “Recovery” coordinata dalla Distrettuale antimafia di Catanzaro e la Procura di Cosenza. Le cosche di Sinopoli, dunque, ma anche altre cosche del reggino, nonché con esponenti della criminalità organizzata riconducibili a potenti famiglie italiane trapiantate all’estero, in particolare negli Stati Uniti d’America.
Come era già emerso in altre precedenti inchieste, sottolineano gli inquirenti, «Michele Rende (cl. ’94) è un elemento di rilievo all’interno della ‘ndrangheta cosentina», e per questo è stato arrestato. In un verbale del 2019 il collaboratore di giustizia parla di lui come «uomo di fiducia di Roberto, tanto che nel nostro ambito si sa che quando si presenta Michele Rende è come se si presentasse Roberto Porcaro». Due anni dopo Rende ha già scalato diverse posizioni nella scala gerarchica criminale, tant’è che da fedelissimo di Porcaro riveste ora lo stesso ruolo rispetto però al capoclan Francesco Patitucci, «e non pare intenzionato a fermarsi», è riportato negli atti dell’inchiesta. In una conversazione intercettata – mentre discute con un assuntore di cocaina – lo stesso Rende «manifesta l’intenzione di rituffarsi nella vendita dell’hashish, riportando il “fumo” in città». È il 3 ottobre 2020 quando dice: «(…) sto riprendendo il fumo dopo cinque anni… dal 2015… mai toccato più il fumo… l’erba… l’ho preso sai perché? Per fare una sfida a Cosenza…».
Gli inquirenti – a sua insaputa – ne monitorano gli spostamenti e i dialoghi. Come quello con Giuseppe Violi, «intermediario inviato dal fornitore dell’hashish». L’uomo, dopo avergli consegnato un campione da 200 grammi per valutarne la qualità. «Allora… se è buono… va bene… duecento, quanto ti ho detto io…» dice Rende a Violi che gli risponde: «Sai quanto costa? Cento ciascuno? (…) per non fare la brutta figura con quello che vado e glielo dico…». «Se c’è ce lo prendiamo tutto, a uno e trenta tu hai detto… tutto… togli dico uno e trentacinque… cinque centesimi glieli…», replica infine Rende.
Secondo gli inquirenti, dunque, gli interlocutori contrattano il prezzo al grammo. Rende è pronto a pagare con i soldi dell’organizzazione e «si mostra evidentemente intenzionato a lucrare sull’affare, facendo la cresta sull’importo da versare al fornitore», scrivono gli inquirenti. E aggiunge poi «se vuoi te lo presento» facendo riferimento al vero titolare di quella compravendita, ovvero l’uomo per conto del quale lui stesso agiva, «da identificarsi senza ombra di dubbio in Francesco Patitucci» secondo l’accusa. L’affare per Violi non è affatto un problema, forte della famiglia “alle spalle”. È lui stesso a ricordare a Rende: «Tu sai che gli devi dire Michele? Che ha accordi… e tu accogli il nipote di Claudio Maesano… digli in questo modo…», rivelando così la sua chiara appartenenza alla cosca Alvaro-Violi-Macrì di Sinopoli. Come ricostruito dagli inquirenti, infatti, il “Claudio Maesano” a cui fa riferimento Violi è «Claudio Umberto Maisano, pluripregiudicato, esponente di primo piano del clan, coniugato con Eufemia Violi, sorella di Antonio, quest’ultimo padre di Giuseppe».
Come si legge ancora negli atti dell’inchiesta, non c’è alcun dubbio che lo stesso Rende stia trattando su mandato di Patitucci. «Quest’ultimo, infatti, poche ore prima dell’incontro con l’emissario degli Alvaro, si era recato presso il ristorante di Michele Rende – in piazza Kennedy – nel centro della città di Cosenza». E il dialogo intercettato dagli inquirenti è emblematico: «Come dobbiamo fare?» chiede Patitucci a Rende che risponde: «Dipende com’è… se tu la butti a terra e torna indietro…». «Te la devi vedere tu… te la devi vedere tu… tu te la devi vedere…» risponde il capoclan «a riprova della piena fiducia riposta nel giovane interlocutore», annotano gli inquirenti e che, a sua volta, «concorda di chiudere la partita in presenza di “quelli di Rende” ovvero i fratelli Di Puppo». (g.curcio@corrierecal.it)
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