COSENZA Una vera e propria rivoluzione che sta sovvertendo stili di vita e modelli organizzativi dei sistemi produttivi. Con un impatto sempre più crescente sul mondo delle imprese e soprattutto del lavoro. Stiamo parlando dell’intelligenza artificiale (IA) – nella dizione internazionale di Artificial Intelligence (AI) – che se ha apportato degli enormi benefici in diversi settori sta suscitando non poche apprensioni tra chi teme le ripercussioni negative sui livelli occupazionali. Così se pensiamo gli effetti benefici della IA in campi fondamentali come quelli della salute – su tutti la telemedicina – o della produzione di beni e servizi, con l’accelerazione di quei processi, non meno dirompete sarà l’impatto sul mondo del lavoro. Questo perché la potenziale automatizzazione di moltissime mansioni svolte finora dall’uomo porteranno a comprimere la richiesta di manovalanza e alla scomparsa conseguente di diverse professioni. Si tratta per ora di quei profili a basso contenuto intellettivo e che prevedono mansioni ripetitive. Ma nel futuro anche altri lavoratori potrebbero risentire degli effetti innescati dall’intelligenza artificiale che potrebbe per questo non lasciare immuni nessuno. I dati che arrivano da diversi osservatori indicano che questo processo riguarderà una platea sempre più crescente. Ad esempio da un ultimo report del Fondo monetario internazionale, emerge come l’intelligenza artificiale avrà un impatto sul 40% dei posti di lavoro.
Ma quel rapporto chiarisce che gli effetti porteranno a «sostituire alcune mansioni» ma anche a «qualificarne» altre.
Alcuni mesi addietro lo studio curato da “The Europen House-Ambrosetti” e Microsoft, aveva posto in evidenza che l’IA generativa potrebbe incrementare la produttività e contrastare così gli effetti avversi del calo demografico. «Nel nostro Paese, l’IA Generativa – si legge nel rapporto – può diventare la chiave per mantenere alto il livello di produttività e benessere in un contesto di crescente scarsità del talento e di generale invecchiamento della popolazione. L’Italia entro il 2040 perderà infatti circa 3.7 milioni di occupati: un numero di lavoratori che, con gli attuali livelli di produttività, contribuiscono alla produzione di circa 267,8 miliardi di Valore Aggiunto. Le nuove tecnologie consentiranno di mantenere invariato lo stesso livello di benessere economico». Così la sfida vera per interpretare al meglio questa rivoluzione resta quella di cavalcare l’innovazione attrezzandosi al meglio.
Una sfida che per la Calabria diviene fondamentale e che in qualche modo se interpretata al meglio potrebbe nel lungo periodo portare giovamento. Due i principali ostacoli da superare per giocare alla pari con altre realtà. Un sistema imprenditoriale che ancora stenta a “svecchiarsi” ed è in ritardo con i processi di digitalizzazione, e lo scarso livello di competenze della media degli occupati. Ostacoli che apparentemente sembrano invalicabili, ma che con lungimiranti strategie di politica economica, mirati investimenti e collaborazione tra pubblico e privato è possibile superare.
Ne è convinto Vincenzo Fortunato, professore Ordinario di Sociologia dei processi economici e del lavoro all’Università della Calabria. Il direttore della Scuola superiore di Scienze delle amministrazioni pubbliche (Sssap) dell’Unical è reduce di un interessante evento “Intelligenza artificiale e futuro dei lavori” che ha messo a confronto sul tema il mondo scientifico con quello produttivo calabrese. Un appuntamento che si è svolto nell’Aula Magna “B. Andreatta” dell’Unical e di cui è stato moderatore.
L’intelligenza artificiale sta cambiando i paradigmi del mondo del lavoro. Come la rapidità di questa rivoluzione può incidere sulle dinamiche occupazionali della Calabria?
«Il progresso della scienza e della tecnologia, da sempre, hanno avuto e continuano ad avere un impatto fondamentale su processi organizzativi e sulle caratteristiche e sul modo di lavorare nell’industria, ma anche nelle pubbliche amministrazioni. A partire dalla prima rivoluzione industriale fino a quella attuale, nota come Industria 4.0, le tecnologie di volta in volta disponibili hanno ridefinito le mansioni, incidendo sulla composizione qualitativa e quantitativa della forza lavoro. Oggi, in particolare, stiamo vivendo una fase di grandi trasformazioni acuite dalla globalizzazione e dall’aumento della competizione internazionale, per effetto della sempre più massiccia introduzione dell’Intelligenza artificiale (ma anche di Clouds, Big-data, IoT, realtà aumentata, ecc.) e questo sta determinando un cambio di paradigma o di modello i cui effetti, sul saldo tra nuova occupazione che verrà generata dall’introduzione dell’AI e quelli che si perderanno per effetto delle sostituzione, sono peraltro ancora da verificare in termini di impatto complessivo sull’occupazione a livello internazionale. Secondo i dati del World Economic Forum (The Future of Job Report 2020), entro il 2025 circa 85 milioni di posti di lavoro saranno sostituiti dall’Intelligenza artificiale, ma ne saranno creati 97 milioni. Tali previsioni non sono scontate, ma è evidente che ci saranno sicuramente dei cambiamenti rilevanti nei numeri e nelle caratteristiche della nuova occupazione, con un impatto differenziato per territori/Paesi e per settori economici. Se guardiamo a livello micro, nel caso della nostra regione, è evidente che ci saranno delle conseguenze, ma – per il momento – di minore portata. Ciò dipende sostanzialmente dalle caratteristiche del nostro tessuto economico produttivo, ancora piuttosto fragile e legato a settori meno interessati dall’introduzione delle tecnologie connesse all’AI, come ad esempio quello industriale e più in generale manufatturiero. Tuttavia, la pervasività e la progressiva sperimentazione dell’AI in tutti i settori anche legati alla Pubblica amministrazione e alle attività del terziario, faranno sentire i loro effetti nel medio periodo. L’esito e la portata del cambiamento sulla forza lavoro dipenderanno dalla capacità di governare l’uso delle nuove tecnologie conciliandole con una regolazione del lavoro e una legislazione in grado di mitigarne gli effetti potenzialmente dirompenti».
Secondo lei è avvertito anche in Calabria questo vento di mutamenti?
«Sicuramente sì, soprattutto per effetto di una maggiore consapevolezza a tutti i livelli della sfera politica, economica e sociale, legata alla necessità di adeguarsi alla crescente competizione internazionale. Inoltre, da un po’ di anni nella nostra regione, e nella provincia di Cosenza in particolare, si è sviluppato un sistema locale dell’innovazione estremamente dinamico che vede la partecipazione attiva delle istituzioni, delle imprese, dell’Università e dei centri di ricerca specializzati, in cui questi temi vengono sistematicamente affrontati, dando vita a network di ricerca internazionali e sperimentazioni di soluzioni innovative in una pluralità di ambiti differenti, non ultimo in campo medico. L’Università della Calabria rappresenta in questo momento un polo d’eccellenza sui temi dei database e della ricerca sull’Intelligenza artificiale ed è in grado di mobilitate risorse ed energie determinanti per innescare meccanismi e percorsi innovativi di sviluppo. Un primato confermato dalle ricerche dei nostri docenti come il professor Gianluigi Greco, del nostro Rettore, il professor Nicola Leone e dalla scelta recente del luminare Georg Gottlob che ha lasciato Oxford per l’Università della Calabria. Ribaltando la prospettiva, direi quindi che dalla Calabria, e dall’Unical in particolare, soffia un vento di cambiamento che farà sentire i propri effetti benefici nelle altre aree del paese e non solo».
Quali potrebbero essere i vantaggi per il sistema produttivo ed il mondo del lavoro?
«I vantaggi legati all’utilizzo dell’intelligenza artificiale sono molteplici. Ad oggi, in molti ambiti lavorativi le macchine dotate di IA riescono a fare meglio e più velocemente degli uomini molte delle attività analizzate, da quelle di routine a quelle via via sempre più complesse. In sintesi, si riducono i costi, i tempi di esecuzione, aumenta la sicurezza e la produttività del lavoro, aumenta la possibilità di utilizzare grandi basi di dati e gestire le informazioni rilevanti. Inoltre, l’intelligenza artificiale è generalmente molto più precisa degli esseri umani e, spesso, il livello di accuratezza è di circa il 99%, come nel caso di alcune applicazioni in campo medico e diagnostico. Ma tutto ciò non è esente da rischi e pericoli. Si tratta, in particolare, di tutele rispetto alla sicurezza dei dati personali, alla privacy, all’etica ed alla trasparenza. Non meno rilevante, bisogna considerare la sostenibilità in termini di energia necessaria alla conservazione e gestione dei dati connessi all’IA. In generale, un recente rapporto dell’Agenzia Internazionale dell’Energia (IEA) rivela che una singola richiesta elaborata da ChatGPT consuma dieci volte più energia rispetto a una ricerca standard su Google, evidenziando l’urgente necessità di migliorare l’efficienza delle tecnologie di IA».
L’innovazione tecnologica resta uno dei talloni d’Achille della Calabria, ritiene che il sistema produttivo calabrese sia pronto a coglierne le opportunità?
«Con i limiti ai quali ho accennato precedentemente, l’innovazione tecnologia non può che essere il futuro anche per le imprese calabresi. Ma per agganciare questo cambiamento c’è bisogno che il sistema produttivo calabrese li accompagni con cambiamenti significativi nell’adozione di modelli organizzativi più flessibili, di una gestione manageriale più aperta al cambiamento e, soprattutto, da un reclutamento di lavoratori e lavoratrici in possesso delle competenze hard e soft necessarie a favorire questa transizione verso il digitale e l’intelligenza artificiale».
A quest’ultimo proposito c’è anche da tenere presente l’aspetto legato alla formazione sia del personale sia delle aziende, cosa può fare il sistema universitario per colmare questo gap?
«Il ruolo delle Università è strategico e fondamentale, tant’è che negli ultimi anni è aumentata significativamente l’offerta formativa per gli studenti in termini di Corsi di laurea triennale e Magistrale, ma anche di Master e corsi di Alta Formazione sui temi dell’AI e dell’innovazione tecnologica. L’intelligenza artificiale può fornire strumenti per una crescita professionale personalizzata, aiutando lo sviluppo di skills e talenti, ma anche rendendo un curriculum ancora più appetibile sul mercato del lavoro. Allo stesso modo, un’impresa che segue le nuove tendenze per l’impiego sa che con gli strumenti adeguati si può investire nello sviluppo di competenze dei dipendenti, oltre che nella crescita del businesse nel rinnovamento dell’immagine aziendale. Un aspetto molto interessante che sta prendendo piede è l’approccio inter e multidisciplinare nella formazione su questi temi. Si tratta di un mix di saperi e di conoscenze in cui discipline e griglie interpretative differenti permettono di analizzare nel dettaglio e criticamente le opportunità e le sfide connesse al cambiamento».
E le istituzioni, in primis la Regione, quali misure dovrebbero attivare per sfruttare al meglio e non farsi trovare impreparati davanti a questa sfida?
«La Regione è parte integrante di quel sistema di attori locali che, sul modello della tripla elica, devono promuovere diffusamente l’innovazione. Può e deve farlo attraverso l’investimento in risorse economiche per finanziare i progetti e la ricerca scientifica. Inoltre erogando fondi per la formazione specialistica dei lavoratori e dei laureati. Ed ancora aumentando l’investimento nell’infrastrutturazione materiale e immateriale in Calabria. Deve cioè favorire la creazione di quelle condizioni di base necessarie affinché il sistema imprenditoriale possa radicarsi nei nostri territori ed essere sempre più competitivo con le altre realtà nazionali e internazionali». (r.desanto@corrierecal.it)
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