Ultimo aggiornamento alle 12:09
Corriere della Calabria - Home

I nostri canali


Si legge in: 6 minuti
Cambia colore:
 

le motivazioni

‘Ndrangheta, “Rinascita-Scott”: Mimmo Bonavota il “capo militare” della cosca di Sant’Onofrio

Rese note le motivazioni della sentenza di primo grado del processo contro le ‘ndrine del Vibonese. L’erede del clan è stato condannato a trent’anni di carcere

Pubblicato il: 20/05/2024 – 13:37
di Giorgio Curcio
‘Ndrangheta, “Rinascita-Scott”: Mimmo Bonavota il “capo militare” della cosca di Sant’Onofrio

VIBO VALENTIA È considerato un elemento di vertice della consorteria, insieme ai fratelli Pasquale e Nicola, nonché allo zio Domenico Cugliari (cl. ’59). Per questo i giudici del Tribunale di Vibo Valentia hanno condannato a trent’anni di carcere Domenico “Mimmo” Bonavota, tra le condanne più pesanti inflitte al termine del processo di primo grado “Rinascita-Scott”, celebrato con rito ordinario.

Le motivazioni di “Rinascita-Scott”

Come riportato nelle motivazioni dei giudici rese note in queste ore dopo alcuni mesi di attesa, a carico di Mimmo Bonavota sono stati numerosissimi gli elementi emersi nel corso delle udienze dibattimentali, a cominciare dalla corposa deposizione del Tenente Colonnello Palmieri, che ha riferito anche in ordine ai contatti e ai rapporti con i diversi gruppi. Come è emerso, infatti, durante il periodo di investigazione, Domenico Bonavota «è emerso come il principale “dominus” sul territorio di Sant’Onofrio», pur condividendo il ruolo apicale con i fratelli, infatti, l’imputato assume, anche in ragione dell’assenza sul territorio del fratello Pasquale – a Roma, dove aveva obbligo di dimora – una posizione preminente nell’ambito della consorteria criminale. Una «evoluzione nota anche agli altri gruppi criminali» e descritta, ad esempio, dai Piscopisani nel corso di una conversazione più volte richiamata, registrata all’interno dell’abitazione di Via Arenile, considerato il covo dei Piscopisani proprio nel periodo in cui era in atto la faida contro i Patania, nell’ambito della quale i Bonavota avevano fornito appoggio proprio ai Piscopisani.


LEGGI ANCHE | Rinascita-Scott, la sentenza: 207 condanne per oltre 2mila anni di carcere – I NOMI


L’incontro con i Piscopisani

In questa conversazione, secondo quanto indicato dai testi di Polizia Giudiziaria durante la fase dibattimentale – a parlare sono il collaboratore di giustizia Raffaele Moscato, Francesco Scrugli, Rosario Fiorillo, Rosario Battaglia, Nazzareno Galati e Francesco La Bella, ritenuti tutti organici alla cosca di ‘ndrangheta dei Piscopisani. «I conversanti – come riportato nelle motivazioni – disquisiscono sul locale di ‘ndrangheta di Sant’Onofrio, soffermandosi sulle posizioni di Mimmo Bonavota, il quale ha sostituito il fratello Pasquale Bonavota nella gestione degli affari criminali sul territorio di Vibo. Parlano, inoltre, di Giuseppe Barbieri detto “Padre Pio” e di Onofrio Barbieri. Ad un certo punto della conversazione, qualcuno nomina “Padre Pio” e qualcun altro chiede «chi è Padre Pio?». L’interlocutore risponde affermando «Pino». Come riportato ancora nelle motivazioni, i conversanti iniziano a nominare Pasquale e Mimmo: «(…) è bravo, è bravo, io lo conoscevo a Pasquale… Pasquale sparava… Mimmo gli ha fottuto il posto…».  Sempre nel parlare di Onofrio, qualcuno dice: «se Mimmo gli diceva una cosa… a lui non gliene fregava niente». Infatti, poi, sempre con riferimento ad Onofrio si sente la parola «kamikaze». Questo dato intercettivo, quindi, «fotografa al marzo del 2012, periodo in cui era in atto la guerra tra Patania e Piscopisani, l’attualità del ruolo di vertice rivestito da Bonavota Domenico nella consorteria», riportano i giudici nelle motivazioni.

La latitanza

Mimmo Bonavota, come ricostruito, è poi irreperibile fino al 14 dicembre 2016, data in cui veniva eseguita nei suoi confronti l’ordinanza di custodia cautelare emessa nell’ambito del procedimento “Conquista”. Come emerso, in questo periodo di “clandestinità”, Bonavota era aiutato anche da Michele Bonavota. Gli investigatori riuscivano a trovare l’imputato «grazie all’individuazione e localizzazione dell’apparato telefonico dallo stesso utilizzato in quel periodo, che, peraltro, era stato rinvenuto nella disponibilità di Bonavota al momento dell’arresto», riportano i giudici. Bonavota verrà poi scarcerato l’11 dicembre 2017 e, da quel momento e fino all’8 luglio 2018, si rende irreperibile, evitando, così, la notifica del provvedimento di sottoposizione alla sorveglianza speciale. Poi, è il 9 luglio 2018, viene individuato dalla Stazione dei Carabinieri di Sant’Onofrio e risottoposto alla misura della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno. Misura poi revocata il 2 novembre 2018, rendendosi latitante dal 28 novembre 2018, dopo la sentenza di condanna pronunciata nell’ambito del procedimento “Conquista”.

La fuga e la cattura dopo “Rinascita”

Mimmo Bonavota, latitante anche dopo il mandato di cattura emesso in occasione dell’operazione “Rinascita-Scott”, verrà catturato solo il 5 agosto 2020. Come è merso, infatti, per cercare di non essere individuato l’esponente del clan di Sant’Onofrio cambiava spesso utenze, disattivando l’una e attivando l’altra e non a proprio nome, spesso a nome di soggetti stranieri. Tuttavia – come riportato nelle motivazioni – «gli investigatori riuscivano a risalire di volta in volta alle diverse utenze utilizzate dall’imputato, sia grazie alla circostanza che il Bonavota contattava comunque le utenze di altri soggetti già note (come quella di Maria Rosa Cirianni), sia grazie al peculiare modo di comporre i messaggi che caratterizzavano la sua scrittura, frasi e parole non compiute, abbreviate, interrotte da punti o comunque non digitate per esteso». Nonostante il particolare modo di scrivere, il contenuto dei messaggi risulta pienamente comprensibile.  

L’organigramma e la strategia dei Bonavota

Durante il dibattimento, sarà il collaboratore di giustizia Andrea Mantella a descrivere nel dettaglio le dinamiche criminali nelle quali era protagonista la cosca Bonavota. Come riportato nelle motivazioni, infatti, Mantella attribuisce a «Domenico Bonavota il ruolo di “capo ‘ndrangheta militare”, nonché la paternità di numerosissime azioni criminose, anche di estrema gravità come gli omicidi realizzati per finalità di affermazione territoriale». Mantella ha comunque, descritto, nel corso della corposa deposizione dibattimentale, gli assetti criminali nella provincia di Vibo Valentia, facendo specifico riferimento «anche alla spartizione territoriale, alle alleanze e agli equilibri tra i diversi gruppi, affermando in tale contesto la costante presenza, operatività e l’estrema rilevanza della cosca Bonavota nell’ambito di tali assetti, dei quali Mantella ha dichiarato di avere certezza, per averne avuto percezione diretta almeno fino al momento del proprio arresto nel 2011». Quanto alla struttura della cosca Bonavota, Mantella ha dichiarato che «i vertici sono Pasquale Bonavota, Domenico Cugliari (cl. ’59), Domenico Bonavota, Nicola Bonavota e Francesco Fortuna. Il capo società era Pasquale Bonavota, subentrato in tale carica allo zio Cugliari detto “Micu i ‘Mela”, il quale alla morte di Vincenzo Bonavota aveva preso in mano le redini dell’associazione, in quanto i figli di, Pasquale, Domenico e Nicola, erano troppo giovani. Dopodiché dal 2003 in poi Pasquale Bonavota diviene “Capo Società”, mentre Cugliari diviene “sotto-capo”. Il capo militare era Domenico Bonavota». (g.curcio@corrierecal.it)

Il Corriere della Calabria è anche su WhatsApp. Basta cliccare qui per iscriverti al canale ed essere sempre aggiornato  

Argomenti
Categorie collegate

Corriere della Calabria - Notizie calabresi
Corriere delle Calabria è una testata giornalistica di News&Com S.r.l ©2012-. Tutti i diritti riservati.
P.IVA. 03199620794, Via del Mare, 65/3 S.Eufemia, Lamezia Terme (CZ)
Iscrizione tribunale di Lamezia Terme 5/2011 - Direttore responsabile Paola Militano
Effettua una ricerca sul Corriere delle Calabria
Design: cfweb

x

x