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il ricordo

Forse è solo la Smorfia

Il 27 giugno 2023, l’attuale ministro degli Interni, Matteo Piantedosi, emanò una disposizione che vietava ai calciatori di indossare la maglia numero 88; questa dichiarazione di intenti faceva e …

Pubblicato il: 23/05/2024 – 9:19
di Bruno Gemelli*
Forse è solo la Smorfia

Il 27 giugno 2023, l’attuale ministro degli Interni, Matteo Piantedosi, emanò una disposizione che vietava ai calciatori di indossare la maglia numero 88; questa dichiarazione di intenti faceva e fa parte della lotta contro l’antisemitismo, provvedimento sottoscritto a suo tempo dallo stesso Viminale con il mondo del calcio.
Di cosa si tratta? Il numero 88 è usato dai gruppi neonazisti per simbolizzare il saluto Heil Hitler (l’H è l’ottava lettera dell’alfabeto). In altre parole il provvedimento mirava e mira alla definizione internazionale di antisemitismo. C’è, quindi, il divieto dell’uso da parte delle tifoserie di simboli che possano richiamare il nazismo; la responsabilizzazione dei tesserati a tenere un linguaggio non discriminatorio in tutte le manifestazioni pubbliche; la definizione delle modalità di interruzione delle partite in caso di episodi di discriminazione. L’88 alluderebbe anche al cannone contraereo usato dai tedeschi durante la seconda guerra mondiale, l’8,8 cm FlaK, soprannominato “l’88”.
Sarà un caso, forse sì e forse no, che, nell’aprile del 1945, si tenesse a Catanzaro, un processo denominato degli 88. Perché proprio questo numero? Un caso, unico in Italia, di resistenza all’incontrario.
Gli 88 imputati erano accusati di associazione sovversiva prevista dall’art. 270 c.p. finalizzata a ricostituire il Partito fascista di cui era stato ordinato lo scioglimento con il Regio Decreto del 2 agosto 1943, per aver compiuto, dopo l’8 settembre 1943, attentati dinamitardi contro una tipografia di Nicastro dove si stampavano giornali socialisti, case private di noti antifascisti e una caserma dei carabinieri, sempre nel catanzarese. Azioni finalizzate a riabilitare, attraverso le armi, l’ideologia fascista.
Il processo si svolse, come detto, a Catanzaro presso il Tribunale Militare territoriale della Calabria. Presidente della Corte fu il generale di brigata Aldo De Bonis; Giudici: i tenenti colonnelli Tampieri e Barbieri, i capitani Piano e Ferrario ed il maggiore Cefaly, giudice supplente.
La funzione di Pubblico ministero l’assunse il colonnello Trotta. Portati nelle carceri di Melfi, di Procida e in altre del Meridione, furono tutti rimessi in libertà a seguito del Decreto Ministeriale del 22 giugno 1946, n°4, voluto da Togliatti, che concedeva l‘amnistia e l’indulto per i reati politici e militari. L’8 aprile 1945 arrivò il verdetto dopo ben 19 ore di Camera di consiglio. Questo l’esito della sentenza: 10 anni di reclusione per Pietro Capocasale, 9 anni per Gaetano Morelli, 8 anni per Luigi Filosa e per Attilio e Giuseppe Scola (di Crotone) ancora 8 anni per Antonio Colosimo, Nino Gimigliano e Aldo Paparo (di Catanzaro) nonché Ugo Notaro (di Nicastro), 6 anni per chi fu ritenuto partecipante più attivo, mentre 4 anni per i semplici partecipanti. Infine ai minorenni 24 mesi di reclusione. Altri imputati per cui non era stato possibile raggiungere la prova di colpevolezza, vennero assolti. Era l’alba del 7 aprile.
Lo storico Francesco Tigani Sava, nel suo documentato studio sul “processo degli 88”, affermò che i giudici fecero «una sentenza destinata ad essere facilmente annullata per mettersi al sicuro contro eventuali capovolgimenti di fronte, ma non si può escludere che essi sentissero, sia pure sotto la divisa dell’Esercito regio, battere ancora un cuore che non riusciva a dimenticare del tutto l’amore per l’Italia e per i suoi figli».
Vuoi vedere che l’«88» è solo un numero della smorfia? Nella fattispecie: “i caciocavalli”.

*giornalista

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