COSENZA Satriano, 20 agosto del 1991. L’appuntato scelto Renato Lio si trova in località Russomanno a Soverato, impegnato in un normale posto di blocco insieme al collega Francesco Baita. Viene intimato l’alt ad una vettura. E’ notte. A bordo dell’auto tre persone, un pregiudicato Massimiliano Sestito – durante la perquisizione – dopo aver spinto il graduato, prende una pistola nascosta sotto il sedile ed esplode tre colpi contro Lio. Nonostante fosse ferito, il militare continua a fronteggiare il suo aggressore salvo poi cadere a terra. Per lui non ci fu nulla da fare, il suo collega rispose al fuoco nemico. L’assassino venne catturato mentre gli altri, due cugini incensurati, si costituirono dimostrando la loro estraneità. Ogni anno, si celebra la giornata del ricordo e della memoria del sacrificio di Renato Lio, insignito della Medaglia d’oro al valor civile alla memoria. Sua moglie e suo figlio hanno partecipato, a Cosenza, all’iniziativa “La strage di Capaci e l’attacco delle mafie allo Stato”, dedicata al ricordo di Giovanni Falcone e delle vittime del dovere a cura del presidio Libera Cosenza e del liceo “Telesio”.
Ai nostri microfoni, il figlio del maresciallo ucciso Alfredo Lio ha riportato indietro la mente a quel giorno triste. «Ero un bambino quando successe il tragico evento. Il ricordo che conservo di mio padre è quello di una persona spesso e volentieri sorridente, una di quelle persone che sorrideva alla vita, di buona compagnia, altruista. Non si risparmiava mai per mettersi a disposizione di chi potesse avere bisogno». Quanto è stato difficile accettare quanto accaduto? «Molto, perché è stato strappato via in maniera così violenta, dolorosa. Era un elemento fondamentale nella nostra vita, siamo sempre stati insieme ed ancora oggi la nostra è una famiglia molto unita. Perderlo così giovane, fa male. Non siamo mai riusciti del tutto a superarlo, è una ferita che continua a sanguinare». (f.b.)
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