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il caso

‘Ndrangheta a Isola Capo Rizzuto, il coraggio e la denuncia dell’imprenditore vittima di usura

Il 42enne Antonio Frustaglia è l’unico ad essersi costituito parte civile nel processo contro Salvatore Parisi e Francesco Savoia legati alla cosca Arena

Pubblicato il: 25/05/2024 – 10:39
di Giorgio Curcio
‘Ndrangheta a Isola Capo Rizzuto, il coraggio e la denuncia dell’imprenditore vittima di usura

LAMEZIA TERME Denunciare è un atto di coraggio ancor prima che un dovere civico e morale. Perché dire «basta» e ribellarsi a chi, per anni, ha cercato di tenerti con la testa abbassata, minacciandoti, non è affatto facile seppur doveroso, a maggior ragione in una terra come la Calabria, piegata da anni di silenzi sotto il giogo dei clan di ‘ndrangheta. Piccoli segnali incoraggianti arrivano soprattutto da chi costituisce il tessuto economico e sociale della Calabria. Come ad Isola Capo Rizzuto, terra martoriata dallo strapotere delle ‘ndrine. È da qui che arriva una storia di coraggio e ribellione, quella dell’imprenditore 42enne Antonio Frustaglia.

L’inchiesta

Il suo caso di lega all’inchiesta condotta a febbraio di quest’anno e coordinata dalla Distrettuale antimafia di Catanzaro, con l’arresto di Salvatore Parisi (cl. ’57), e Francesco Savoia (cl. ’71). Per entrambi, difesi rispettivamente dagli avvocati Luigi Villirilli e Anna Marziano, il giudice ha disposto il giudizio immediato. La prossima udienza ci sarà dopo l’estate, a settembre, ma intanto ha scelto di costituirsi parte civile proprio Antonio Frustaglia, difeso dall’avvocato Michele Gigliotti.
Frustaglia, peraltro, nell’elenco di parti offese elencate dal pm è l’unico ad aver fatto questa scelta, cercando di ottenere il risarcimento dei danni materiali e morali subiti in questi anni. Le indagini, in particolare, avevano consentito di ricostruire le attività usurarie dei due, grazie alle dichiarazioni di alcune delle vittime, ma anche attraverso inchieste condotte contro le cosche di ‘ndrangheta del territorio crotonese come “Jonny” e “Krimata”, riscontrando elementi di connessione di un’attività di usura «attuata per conto della criminalità organizzata», attiva nel territorio di Isola Capo Rizzuto, ai danni di alcuni imprenditori.


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I casi di usura denunciati

Francesco Savoia «avrebbe fatto da intermediario tra la vittima dell’usura». Parisi, invece, avrebbe promesso di “prestare” alla vittima poco più di 40mila euro, da restituire a rate periodiche da 4mila euro con un tasso del 10%. Importo che, tra il 2013 e il 2014, ammontava a 48mila euro, frutto di un tasso annuo del 120%. Circostanza che si sarebbe ripetuta nella prima metà del 2015, con un ulteriore prestito a tasso usurario di 20mila euro alla stessa famiglia, concordando un interesse di 5mila euro, pari a un tasso mensile dell’8,3% e annuale del 100%. In un altro episodio denunciata da Antonio Frustaglia, Francesco Savoia gli avrebbe “prestato” 1.500 euro. E, oltre a farsi restituire l’importo pari al capitale di 1.500 euro, decorsi due mesi, si faceva corrispondere interessi per un importo complessivo di 500 euro, applicando, quindi, un tasso d’interesse mensile pari al 16,67% e annuale pari al 200%, superiori al tasso-soglia normativamente previsto nei periodi di riferimento, si legge nell’ordinanza, con l’aggravante di aver commesso il fatto in danno di chi si trova in stato di bisogno e di chi eserciti attività imprenditoriale.


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Il clima di soggezione imposto

Insomma, un quadro di assoggettamento che ha avuto enormi ripercussioni sulla vittima, come l’impossibilità di contrattare con le banche, è stato poi segnalato in centrale rischi subendo l’iscrizione nella banca dati Crif a seguito di una evoluzione negativa della propria condizione economico finanziaria legata proprio ai prestiti usurari. Come sottolinea l’avvocato Gigliotti, «emerge chiaramente come Antonio Frustaglia abbia subito tali condotte usurarie solo perché indotto dall’estremo stato di bisogno (…) alimentato dalle pesanti e indiscutibili richieste di rientro del prestito ottenuto e da una profonda crisi finanziaria fra le “famiglie produttrici” e dei piccoli imprenditori e commercianti come i Frustaglia ha fatto il bacino d’utenza privilegiato del crimine usurario». E, inoltre, la circostanza ha «talmente indebolito l’impresa di Frustaglia da escludere che lo stesso possa dar corso ad un ampliamento od alla differenziazione ulteriore delle proprie attività», subendo così «invasioni nella propria sfera privata e professionale». (g.curcio@corrierecal.it)

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