CATANZARO «Il confronto tra la realtà calabrese e le altre regioni italiane evidenzia un quadro non confortante. La Calabria è sopra la media nazionale per i “reati spia” di stalking e maltrattamenti contro familiari e conviventi e per i femminicidi; mentre è sotto la media nazionale per reato di violenze sessuali. Per i dati Istat sugli accessi ai pronto soccorso per motivi di violenza la Calabria è tra i più bassi indici di incidenza d’Italia, ma, secondo la stessa nota Istat, i dati della Calabria non sono correttamente pervenuti. Questi riscontri portano a considerare che il fenomeno della violenza sulle donne in Calabria sia molto diffuso e grave». Lo scrive l’Osservatorio regionale sulla violenza di genere nell’ultima relazione della sua attività, relazione che copre l’arco temporale marzo 2023-marzo 2024. «L’indice di femminicidi (0,33) superiore a quello italiano – aggiunge l’Osservatorio – va considerato come un indicatore della insufficienza del sistema di prevenzione, sostegno e protezione della donna e dei figli/e. Infatti mentre i dati sui “reati spia” e gli accessi ospedalieri possono essere non sufficienti riguardo al rilevamento del fenomeno della violenza maschile sulle donne perché condizionati, per quanto riguarda la donna, da fattori culturali e sociali (resistenza a sporre denuncia) e, per quanto riguarda gli operatori e le operatrici dei vari enti, dall’assenza di una formazione specifica per rilevare la violenza sulle donne. Ma soprattutto perché vanno considerati come “dati indiretti”, in quanto sono dati che non distinguono nello specifico la violenza maschile sulle donne ma aggregano indistintamente sia le violenze effettuate da donne su altre donne e sia le violenze effettuate per motivi non di genere (liti condominiali, violenza per motivi vari)».
Secondo quanto riporta la relazione dell’Osservatorio «negli ultimi 5 anni in Calabria ci sono stati 16 femminicidi (A. Gioiello, Il femminicidio in Italia, Armando editore 2023); nella provincia di Cosenza 7; nella provincia di Catanzaro 4; nella provincia di Crotone 1; nella provincia di Vibo Valentia 1; nella provincia di Reggio Calabria. 3. E’ una diffusione del fenomeno preoccupante, che colpisce tutte le provincie calabresi, con una incidenza maggiore nella provincia di Cosenza. Inoltre, l’indice di femminicidio in Calabria è superiore alla media nazionale ed è superiore alle altre regioni del Sud. Ed è un dato che non differisce da quello dello stesso periodo dei cinque anni precedente, nel quale le vittime di femminicidio furono 17. Pertanto, se si dovesse tenere conto solo di questo parametro, si evidenzia una sostanziale invarianza in Calabria del fenomeno della violenza sulle donne negli ultimi 10 anni».
Nella relazione l’Osservatorio regionale traccia anche una fotografia delle attuali criticità e delle possibili azioni per il futuro. «Dai lavori – si legge – è venuto fuori che in tema di prevenzione è emersa, pacificamente, la constatazione amara quanto condivisa che parlare non basta: servono azioni di sistema, ma anche una maggiore efficacia delle pene inflitte, meccanismi di controllo e un programma di educazione nelle scuole di ogni ordine e grado. Si è palesata l’esigenza di porre in essere, ed anche velocemente, azioni positive. E se da un lato c’è stato chi ha invocato pene più severe (ma soprattutto più efficaci), dall’altra è arrivata la raccomandazione di chi sa bene che occorre mettere in campo progetti di educazione (e di rieducazione), nelle scuole e nelle università, ma anche nei confronti degli uomini maltrattanti. Ma anche l’esigenza del reinserimento e l’inclusione lavorativa delle donne vittime di violenza che deve essere una delle priorità della Regione. Si è sottolineata l’importanza della prevenzione con l’educazione affettiva, al rispetto, in ogni ordine di scuola e nella famiglia. E’ stato anche ammesso che occorre fare i conti con forze dell’ordine spesso sottodimensionate rispetto alla gravità dei fenomeni ma anche poco formate in materia». E ancora: «Dal tavolo dell’empowerment – sostiene l’Osservatorio regionale – è coralmente emersa l’esigenza di aumentare l’occupazione femminile perché questo è il vero problema legato all’autonomia delle donne e alla loro emancipazione. La Convenzione di Istanbul è ancora in gran parte inattuata: non se ne parla ancora abbastanza. Sarebbe opportuno lanciare una nuova iniziativa digitale per diffonderne la conoscenza nelle scuole, negli ordini professionali e negli enti locali, con un’app che ne favorirà una diffusione più capillare». Dall’incontro dei vari esperti – specifica poi l’Osservatorio regionale – «è altresì emersa: l’esigenza di un radicale cambiamento culturale, l’esigenza di una rigorosa, efficace e documentata opera di informazione della collettività sulla violenza di genere, un Piano di Uguaglianza di Genere cioè la redazione di un documento che indichi obiettivi, metodi e soprattutto strumenti di monitoraggi, la necessità di attuare interventi in emergenza: repressione e applicazione delle pene, applicazione del braccialetto elettronico di default, aumento del personale specializzato nei tribunali e nelle questura, termini stringenti per la valutazione del rischio all’eventuale richiesta di applicazione delle misure cautelari da parte del Pm e, per il giudice, nell’emanazione delle misure cautelari. Non ci sarà bisogno della denuncia da parte della donna. Se le forze dell’ordine vengono a conoscenza di comportamenti minacciosi o violenti da parte dell’uomo, si comincia a vagliare il caso e ad adottare misure. Anche questo è molto importante perché ci sono donne che per situazioni familiari di abuso anche psicologico, economico o per paura, non denunciano.)». Sottolineate infine l’urgenza di approntare misure per la restituzione all’autonomia della donna vittima di violenza, l’attuazione della legge regionale Aterp e di progetti finanziamento con le banche. (a. c.)
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