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Bombardieri: «Controllo asfissiante della ‘ndrangheta sulle attività commerciali reggine» – VIDEO E NOMI

Il procuratore della Dda: «Ci è sembrato di tornare indietro di trent’anni». Ignazitto: «Controllo preventivo su qualunque attività economica»

Pubblicato il: 27/05/2024 – 12:13
di Mariateresa Ripolo
Bombardieri: «Controllo asfissiante della ‘ndrangheta sulle attività commerciali reggine» – VIDEO E NOMI

REGGIO CALABRIA Una indagine che dimostra ancora «quanto sia asfissiante il controllo della ‘ndrangheta sul territorio di Reggio Calabria e in particolare sugli esercizi commerciali». Dal controllo dell’attività di edilizia a quello – addirittura – delle opere di pulizia degli esercizi commerciali. È quanto emerso nel corso della conferenza stampa sull’inchiesta della Dda di Reggio Calabria denominata “Arangea”. L’operazione, condotta dai carabinieri del Comando provinciale, che ha portato all’esecuzione di 12 ordinanze di custodia cautelare, 11 in carcere e una domiciliari, ha permesso di  ricostruire i metodi seguiti dal gruppo criminale per imporre le estorsioni a numerosi imprenditori di vari settori, “uno tra tutti quelli della coltivazione del bergamotto”, ha spiegato il comandante del nucleo investigativo Carabinieri Valerio Palmieri. 

I nomi e i sequestri

In carcere:
Autolitano Antonio (cl. ’53);
Autolitano Antonio (cl. ’88);
Autolitano Saverio (cl. ’61);
Autolitano Vincenzo (cl. ’82);
Ficara Antonino Detto “Nino” (cl. ’63);
Gullì Carmelo Detto “Memè” (cl. ’80);
Modafferi Domenico (cl. ’90);
Musolino Luigi Detto “Gino” (cl. ’76);
Palumbo Antonino Detto “Nino” (cl. ’74);
Palumbo Demetrio Detto “Mico” (cl. ’49);
Praticò Sebastiano Detto “Bastiano” (cl. ’52);

Ai Domiciliari:
Federico Pasquale (cl. ‘51).

Sequestro preventivo per:
“Eurocart” di Morabito Giuseppe
“Ng Citrus Società Cooperativa Sociale”
“Bergamotto di Fortugno” di Serena Fortugno”

Le indagini partite dopo il danneggiamento a un esercizio commerciale e la presunta fuga di notizie

L’indagine è partita nel 2019 ed è scaturita da un episodio di danneggiamento ai danni di un esercizio commerciale. Da lì l’avvio dell’attività investigativa che, è stato spiegato, «è stata ostacolata da una presunta fuga di notizie da parte di appartenenti alle forze dell’ordine di cui gli indagati parlavano nelle loro conversazioni». Associazione per delinquere di tipo mafioso, estorsione, intestazione fittizia di beni e traffico di armi, i reati contestati. L’inchiesta, coordinata dal procuratore aggiunto Walter Ignazitto, ha consentito di ricostruire dinamiche e assetti della cosca di ndrangheta che controlla le attività illecite nel quartiere “Arangea”, nella periferia sud di Reggio Calabria. I carabinieri sono riusciti a ricostruire, in particolare, i metodi seguiti dal gruppo criminale per imporre le estorsioni a numerosi imprenditori di vari settori.

«Ci è sembrato di tornare indietro di trent’anni»

«È una indagine che ha incrociato varie fonti indiziali, a partire da dichiarazioni di numerosi collaboratori e attività tecniche, che hanno permesso di ricostruire uno spaccato di ‘ndrangheta all’interno della periferia della città e che vede come protagonisti numerosi soggetti già condannati per fatti di ‘ndrangheta e che hanno ripreso la gestione del controllo del territorio», ha spiegato il procuratore di Reggio Calabria Giovanni Bombardieri, aggiungendo: «Parliamo di soggetti che sono riferibili ai livelli apicali della cosca Ficara-Latella e della cosca dei Ficareddi». Sul controllo delle attività commerciali reggine il procuratore ha spiegato come il gruppo controllasse «addirittura le opere di pulizia degli esercizi commerciali e ogni attività edilizia, un controllo soffocante di ogni attività economica su questi territori». «C’è veramente – ha rimarcato il procuratore Walter Ignazitto, titolare dell’indagine – un controllo asfissiante persino quando si devono ricostituire le facciate, quindi un intervento di minimale importanza, doveva intervenire la cosca. Qualunque tipo di attività economica doveva essere sottoposta al preventivo controllo, al preventivo nulla osta». Ma un dato positivo c’è: «Gli indagati vivevano con il terrore che i collaboratori di giustizia potessero parlare e che gli imprenditori potessero denunciare», hanno spiegato Bombardieri e Ignazitto, che hanno quindi lanciato l’ennesimo messaggio alla cittadinanza e agli imprenditori in particolare: «La denuncia è l’unico mezzo per far terminare questo controllo». Messaggio lanciato anche dal comandante provinciale dei carabinieri Cesare Totaro.

Le doti

Un altro elemento che caratterizza il sodalizio criminale dell’indagine odierna è l’attribuzione delle “doti”. «Ci sono interlocuzioni registrate che fanno riferimento alle doti di ‘ndrangheta, alla possibilità per i soggetti di “battezzare” altri soggetti, interlocuzioni relative a contrasti nella divisione dei proventi, all’espressione in riferimento a patti antichi», ha spiegato Bombardieri.
«Ci è sembrato di tornare indietro di trent’anni», ha detto il procuratore aggiunto Walter Ignazitto. «Ci restituisce veramente un ritorno al passato e un ritorno anche a certe ortodossie della tradizione di ‘ndrangheta». Una nota anche sulla terminologia utilizzata: «Un indagato – ha spiegato il procuratore aggiunto – per esempio in una intercettazione utilizza espressioni tipiche della saga di Harry Potter, si definisce un “purosangue” poiché si ritiene discendente di una famiglia di ‘ndrangheta di vecchio lignaggio, non c’erano “babbani”». (m.ripolo@corrierecal.it)

L’intervista:

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