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Generazione Z, il futuro fa più paura

Cresce il sentimento di inquietudine tra i giovanissimi. Tra le cause la pandemia e le guerre. Costabile e Craig: «Timori percepiti anche in Calabria»

Pubblicato il: 27/05/2024 – 10:00
di Roberto De Santo
Generazione Z, il futuro fa più paura

COSENZA Inquietudini, tensioni se non addirittura un vero e proprio stato di ansia. Le miriadi di sensazioni che riguardano il proprio futuro pervadono i giovani e possono divenire patologiche. Timori dell’ignoto e di cosa riserverà la vita, legati alla perdita dell’equilibrio economico, ma anche relazionale, così come quello di non riuscire a trovare un posto di lavoro e se vogliamo nella società, che scuote nel profondo l’animo di una miriade crescente di adolescenti e giovanissimi. I dati infatti indicano che questo fenomeno è in aumento, soprattutto dopo lo scoppio della pandemia e la conseguente emergenza sanitaria scaturita dalla diffusione del virus. Così nonostante quella fase emergenziale sia passata da tempo, le ferite inferte sullo stato psicologico di molti giovani sussiste. Aumentando un disagio già diffuso tra la Generazione Z, ma anche tra i giovani-adulti Millennials. A cui si sommano altri elementi esterni di allarme percepito maggiormente dai giovani. I timori di fallire in una società sempre più competitiva e meno solidale rischiano di schiacciare i sogni della meglio gioventù.

La ricerca sul campo

Un recente studio condotto dall’Ordine degli psicologi della Toscana “La salute psicologica nel post pandemie” che ha indagato – nel periodo compreso da marzo 2022 a marzo 2023 – lo stato di salute psicologica fa emergere come oltre la pandemia anche la crisi energetica, la guerra e gli eventi climatici sempre più estremi «hanno alimentato disturbi come l’ansia e la depressione, ma non solo». I timori maggiormente avvertiti, stando alla ricerca, variano a seconda dell’età dei giovani.

Così se nella fascia tra 20-30 anni, seguiti dagli adolescenti, è la paura del futuro a registrare il maggior tasso di incidenza (con il picco del 50% tra i giovani adulti), i bimbi sono quelli più spaventati dalle guerre: uno su due.  Mentre il timore di disastri ambientali è una paura che caratterizza solo gli adulti.
Una cosa però accomuna tutte queste fasce di età: il fenomeno del disagio psicologico è in netta crescita. Soprattutto tra gli adolescenti compresi tra i 12 ed i 19 anni. Stando agli esiti della ricerca, infatti in un anno l’incremento di questo fenomeno è stato pari al 76%.

Ed ha portato all’aumento – in modo trasversale all’età – della sintomatologia ansiosa così come di problemi relazionali tra i soggetti colpiti. Malesseri che hanno comportato atteggiamenti di isolamento sociale. A partire dalla difficoltà a frequentare contesti come la scuola e l’univerità. Stando sempre a quei dati ben il 44% ha dimostrato avversione a recarsi in aula. E a risentire di questo disagio sono stati soprattutto i giovani nella fascia preadolescenziale e gli adolescenti tra i 12 e i 19 anni: più della metà del campione (per l’esattezza il 54%) ha avvertito questo sentimento.

Fonte: Centro studi “Erickson”


Ed anche da una ricerca del Centro studi “Erickson” dal titolo “Lavorare con adolescenti: sfide, percezioni, prospettive da un sondaggio nazionale”, emergono disagi crescenti avvertiti tra i giovani. Nella ricerca condotta nel periodo tra novembre 2023 e febbraio 2024 tra i professionisti che lavorano a stretto contatto con gli adolescenti, risulta l’aspetto relazionale così come il ritiro sociale quello che colpisce di più i giovani (16%), ma anche i problemi psicologici e di apprendimento legati alla scuola.  Numeri e dati che fanno comprendere quanto sia diffuso il malessere tra le giovani generazioni. Ed il forte segnale che inviano alle istituzioni per correre ai ripari, per non vedere “bruciate” le migliori energie per far crescere il Paese, non solo economicamente.

L’analisi

Per analizzare la portata del fenomeno anche in Calabria abbiamo discusso con due esperti del settore: Angela Costabile, ordinaria di Psicologia dello Sviluppo e dell’Educazione e delegata del Rettore per l’Orientamento in Ingresso e Counseling Psicologico dell’Università della Calabria e il professor Francesco Craig, associato di Psicologia Clinica dell’Università della Calabria. Entrambi sono concordi a far emergere quanto il disagio giovanile sia diffuso anche nella regione. A partire dal timore percepito dalle giovani generazioni che suscita il futuro.

Angela Costabile, ordinaria di Psicologia dello Sviluppo e dell’Educazione all’Unical

Professoressa, diverse ricerche indicano che sarebbe l’incertezza sul futuro il timore maggiore che caratterizza i giovani. Ed è un fenomeno crescente. Dal vostro osservatorio, è un aspetto prevalente anche per i giovani calabresi?
Costabile
: «Sì, riscontriamo che l’incertezza sul futuro è una preoccupazione dominante anche tra i giovani calabresi. La scuola e l’università giocano un ruolo cruciale in questo contesto. Molti giovani percepiscono che il sistema educativo non sempre riesce a fornire competenze e strumenti adeguati ad affrontare il mercato del lavoro moderno. La disconnessione tra il percorso formativo e le esigenze del mondo professionale contribuisce significativamente a questo senso di insicurezza. Gli studenti e le studentesse spesso sentono che, nonostante i loro sforzi e i successi accademici, le opportunità di lavoro qualificato sono limitate. Questa percezione spinge molti a considerare l’opzione di spostarsi fuori regione come unica via per realizzare le proprie aspirazioni professionali. Tuttavia, stiamo osservando anche una crescente resilienza e una maggiore propensione a cercare soluzioni innovative che potrebbero rappresentare una svolta positiva per la regione, se adeguatamente supportate. È importante sottolineare che le istituzioni scolastiche e universitarie stanno lavorando per colmare questo divario. Stanno sviluppando programmi costanti di orientamento scuola-università e iniziative volte ad offrire esperienze pratiche agli studenti, essenziali per prepararli meglio alle sfide future».

Può stare alla base anche dell’alto tasso di abbandono degli studi che si registra nella regione?
Costabile
: «I tassi di abbandono scolastico in Italia sono ancora preoccupantemente alti, evidenziando disparità significative tra regioni e livelli socioeconomici, colpendo maggiormente le regioni del sud. Nel 2021, in Calabria la percentuale di giovani che ha interrotto gli studi si è stabilizzata al 14%, un valore più alto rispetto alla media nazionale. È da sottolineare che il 23,1% dei giovani italiani tra i 15 e i 29 anni non studia né lavora (Neet- Not in Education, Employment or Training), superando la media dell’UE del 13,1%. I fattori che contribuiscono all’alto tasso di abbandono degli studi sono molteplici e complessi. In primo luogo, le difficoltà economiche rappresentano una barriera significativa. Molte famiglie in Calabria affrontano condizioni economiche precarie che rendono difficile sostenere i costi dell’istruzione, compresi quelli indiretti come materiali scolastici, trasporti e alloggi per chi studia lontano da casa. In secondo luogo, la mancanza di motivazione e di percezione del valore dell’istruzione, gioca un ruolo importante. Molti giovani non vedono un chiaro legame tra il percorso di studi e le opportunità lavorative future, specialmente in un contesto in cui il mercato del lavoro locale offre poche prospettive di impiego qualificato. Inoltre, aspetti socio-culturali e familiari possono influenzare le decisioni degli studenti. In alcune famiglie, l’istruzione non è sempre considerata una priorità rispetto ad altre esigenze immediate, e i giovani possono essere spinti a entrare precocemente nel mercato del lavoro per contribuire al reddito familiare. È cruciale ricordare che tra i fattori di rischio dell’abbandono scolastico vi è la dimensione psicologica e soggettiva. Questo comprende difficoltà cognitive e di apprendimento, disagio emotivo, demotivazione, sensazioni di inadeguatezza e predisposizioni personali. Questi elementi possono influenzare profondamente il percorso scolastico degli studenti e contribuire alla decisione di interrompere gli studi. Per affrontare queste sfide, è necessario implementare politiche mirate che includano il sostegno economico alle famiglie, il miglioramento della qualità dell’istruzione e l’ampliamento dell’accesso a servizi di orientamento tra scuola, università e mondo del lavoro».

Francesco Craig, associato di Psicologia Clinica dell’Università della Calabria

Professore, quanto il timore del futuro diffuso tra i giovanissimi può definirsi “fisiologico” e quanto viceversa diviene sintomo di qualche disturbo?
Craig
: «Il timore del futuro è un’esperienza comune tra i giovani, poiché navigare l’incertezza e affrontare il cambiamento può essere estremamente stressante. In molti casi, questo timore può essere considerato fisiologico, nel senso che è una risposta normale agli stimoli esterni e alle sfide della vita quotidiana. Tuttavia, quando il timore del futuro diventa eccessivo, persistente e interferisce significativamente con la vita quotidiana e le funzioni normali, potrebbe essere sintomatico di disturbi come l’ansia o depressione, isolamento sociale, rifugio in comportamenti di dipendenza e anche sintomi fisici. Lo stress cronico associato a una minaccia futura percepita come incontrollabile e al di là delle proprie capacità di gestione è ciò che distingue questa forma di ansia dalla paura immediata. La paura immediata è una reazione emotiva a una minaccia chiaramente identificabile e presente, mentre l’ansia è più vaga e anticipatoria, spesso legata a un futuro incerto e priva di una causa specifica. Questa distinzione è fondamentale per comprendere come il timore del futuro possa influenzare la salute mentale e il benessere complessivo dei nostri studenti e delle studentesse. È importante valutare il contesto e la gravità del timore del futuro per determinare se sia una reazione normale o se richieda un intervento professionale psicologico e/o medico specialistico».

Ma c’è anche una crescita dello stato ansioso tra i giovanissimi. Quanto ha potuto incidere su questo incremento la crisi pandemica o gli ultimi eventi di guerra?
Craig
: «Possiamo dire che la pandemia non è stata la causa principale del disagio psicologico nei giovani, che era già in aumento negli anni precedenti. Tuttavia, ha agito come un detonatore su un terreno già fragile e vulnerabile. In altre parole, la pandemia ha amplificato e accentuato le preoccupazioni e le tensioni già presenti nella società, portando a un aumento dello stato ansioso tra i giovani. A questo, gli ultimi eventi legati alle guerre hanno creato un’accoppiata devastante. Emotivamente parlando, il parallelismo tra i due eventi è molto forte. La paura che ha condizionato e dominato la nostra vita negli ultimi anni, la ritroviamo oggi nella forma di incertezza e insicurezza. È difficile riassumere i nostri stati d’animo ad oggi. Siamo stanchi, stressati, impauriti, arrabbiati e abbiamo quasi del tutto perso la fiducia verso il futuro. Tuttavia, la fragilità crescente tra i giovani non può essere solo il risultato di questi eventi, anche se questi giocano un ruolo. Oltre alle influenze derivanti dalla combinazione di fattori genetici e ambientali, i giovani spesso si trovano a dover affrontare una vasta gamma di aspettative imposte dalla società, dalla famiglia e da sé stessi. Il timore di non riuscire e il continuo confronto con gli altri alimentano sentimenti di scarsa autostima e ansia. Tutto ciò si manifesta con il crescente isolamento sociale. Nonostante la diffusa connettività digitale, molti giovani si sentono isolati e disconnessi, incapaci di instaurare legami significativi e ricevere un autentico sostegno sociale. Sarà fondamentale investire risorse nella creazione di ambienti sicuri e inclusivi nelle istituzioni educative e nelle comunità, dove i giovani possano sentirsi liberi di esprimere le proprie emozioni e ricevere supporto emotivo e psicologico quando necessario. Ciò potrebbe comportare la promozione di programmi di sensibilizzazione sul benessere fisico e psicologico, con la disponibilità di servizi di consulenza accessibili».

Professoressa, secondo la sua esperienza, la Calabria è attrezzata per fronteggiare al meglio il malessere crescente dei giovani?
Costabile
: «È una domanda importante e complessa che merita una riflessione approfondita. La Calabria, come molte altre regioni italiane, affronta sfide significative nel garantire il benessere dei giovani. Mentre esistono iniziative e risorse locali che mirano a supportare i giovani in difficoltà, c’è spesso la necessità di migliorare e ampliare tali servizi per far fronte al crescente malessere psicologico. In particolare, potrebbe essere utile promuovere una maggiore consapevolezza sul benessere psicologico e ridurre lo stigma associato ad essa attraverso campagne di sensibilizzazione e programmi educativi nelle scuole, nelle  università e nelle comunità. Inoltre, sarebbe importante potenziare l’accessibilità ai servizi di supporto psicologico, assicurando che siano facilmente accessibili e adeguati alle esigenze dei giovani della regione. Allo stesso tempo, è importante che la Calabria si concentri sull’implementazione di programmi di orientamento robusti che guidino i giovani attraverso le varie fasi della loro formazione e carriera.  È cruciale che l’orientamento sia mirato non solo alla scelta di un percorso accademico, ma anche alla preparazione per il mondo del lavoro. Ciò potrebbe includere la formazione sulle competenze trasversali richieste nel mercato del lavoro moderno, queste competenze includono capacità di comunicazione efficace, pensiero critico, risoluzione dei problemi, lavoro di squadra, gestione dello stress, nonché competenze digitali. Una formazione completa su queste abilità può preparare i giovani a essere più competitivi e adattabili in un ambiente lavorativo in continua evoluzione. Insomma, mentre la Calabria può già offrire alcuni strumenti per affrontare il malessere crescente dei giovani, c’è sicuramente spazio per miglioramenti e innovazioni al fine di garantire un supporto più efficace e completo per i nostri ragazzi e le nostre ragazze». (r.desanto@corrierecal.it)

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