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il teatro che si fa in calabria

L’Amleto a pezzi che “parla” con lo spettatore

Ernesto Orrico, da trent’anni in scena: «Vi racconto la mia Elsinore contemporanea»

Pubblicato il: 27/05/2024 – 19:33
di Concetta Guido
L’Amleto a pezzi che “parla” con lo spettatore

«Sono qui per raccontarvi una storia vecchia come il mondo, in realtà sono qui per farla a pezzi». Orazio il buono, il superstite della tragedia più famosa sul pianeta terra, raccoglie le ultime volontà di Amleto. Diventa aedo e cantastorie. Intorno sono tutti già morti, tra coppe e punte di spade avvelenate, e il principe chiede al fedele amico di narrare ciò che è accaduto ad Elsinore. Perché si sappia, perché la carneficina non sia vana.
“Hamlet in Pieces” inizia dalla fine del testo scespiriano. Scritto e messo in scena da Ernesto Orrico, prodotto dalla compagnia “Teatro Rossosimona”, con le musiche originali di Massimo Palermo e il disegno luci di Jacopo Caruso, rappresenta una Elsinore contemporanea che ha qualcosa in comune anche con la Calabria.
Orazio attraversa il tempo, su e giù per il palcoscenico. In apertura dello spettacolo è un viaggiatore su un immaginario tram, con un naso da clown, tondo e rosso. Sta percorrendo la regione. «Il dramma cattura la coscienza», avverte e spera.
La Danimarca di Shakespeare è calata in un contesto familiare mafioso, e Gertrude diventa una mamma del sud che con voce cantilenante chiede ossessivamente “stai bene?” “e hai mangiato?”.

«L’alludere a storie calabresi è un modo per avvicinare il testo a me, alla mia contemporaneità e al luogo dove vivo; ma le storie di violenza così tragiche accadono ovunque. E’ ciò che accade a Kiev, a Gaza. Alla base di tutte le guerre, compresa quella sullo sfondo dell’“Amleto”, con Fortebraccio che sta arrivando con il suo esercito per riconquistare le terre danesi, c’è la questione della gestione del potere».
Sono trent’anni che Ernesto Orrico fa teatro. E ha scelto di farlo in Calabria, di non andare via. «Io credo che questo sia un momento interessante, intravedo delle potenzialità. Il mio auspicio – dice, – è che da un punto di vista istituzionale, nei prossimi mesi succedano un po’ di cose nuove. Penso ad esempio a Cosenza, la mia città, alla riapertura di teatri che sono chiusi ormai da anni, come l’Aroldo Tieri».E’ importante il qui e ora ma anche ciò che si muove oltre il Pollino e oltreoceano. A “In Scena!, l’Italian Theater Festival di New York, con il compositore Massimo Garritano, ha portato “Joe Zangara”, una pièce sull’emigrato di Ferruzzano che cercò di uccidere il presidente Franklin Delano Roosevel.
Lo scorso anno, su testo di Vincenza Costantino, ha messo in scena le storie di una boarding house della “Malamerica” che regala e infrange sogni.
Questo è l’anno di Shakesperare. E’ anche un ritorno: giusto vent’anni fa portò in scena “Hamlet Cuts”, su testo di Marcello Walter Bruno, il critico cinematografico e docente Unical scomparso nel luglio del 2022. Orrico non riesce a parlarne senza commozione. Troppo forte il legame con il prof geniale. Nel suo “Hamlet in Pieces” indossa le stesse scarpette da pugile con le quali recitava allora.
Quest’ultimo lavoro è stato rappresentato a Reggio Calabria, nella sala di “Spazio teatro”, al “Gambaro” di San Fili e nel teatrino del Dam, il dipartimento autogestito dell’Università di Arcavacata. Continua il suo viaggio verso i tanti piccoli spazi che, nella regione, offrono rassegne e appuntamenti interessanti.
«Amleto è un totem da cui è impossibile sfuggire a chi fa teatro», dice.
«Spaventa e affascina perché è un testo bello e importante, pieno di questioni che riguardano l’uomo in generale; l’essere nel mondo, l’essere coscienti delle proprie azioni e anche l’essere reattivi verso le tragedie che accadono. Ecco il famoso dubbio amletico: come fare? Come contrastare ciò che la vita ti riserva?».
È l’attualità mai sfiorita del principe di Danimarca, è il motivo per cui si può pensare a una Elsinore Calabrese o ucraina o palestinese.
«Quello che è forte di Amleto è l’essere incessantemente alla ricerca di risposte: è il senso della vita, di un essere umano che si interroga, che non vive passivamente ciò che accade»
Fare “a pezzi” un testo venerato è un’intuizione drammaturgica per stabilire un contatto viscerale tra il pubblico e i personaggi smembrati, riattualizzati, ricollocati anche geograficamente. “Hamlet in Pieces” è un monologo che parla i linguaggi dell’attualità, nel solco del dramma totemico e cela un discorso ampio sullo stato della scena, dei circuiti culturali.

«Mi interessa un ragionamento sul fare teatro nella società contemporanea, dove comunque la comunicazione è disorganica ed è molto a pezzi. Voglio giocare con questa frammentarietà in cui siamo immersi, poi tocca al pubblico ricucire i tasselli». La scenografia è essenziale. Da una consolle centro palco si muovono microfoni, amplificatori, aggeggi elettronici. «Orazio fai un riepilogo, un riassunto, un cunto». E il cantastorie narra, aiutato dalle figure disegnate da Raffaele Cimino su grandi fogli bianchi. Attraverso flashback e tonalità vocali trattate e distorte elettronicamente, il personaggio evoca luoghi, tempi, i protagonisti del dramma.
Toccante il personaggio sonoro della giovanissima Ofelia, sedici anni di dolce e tragica fanciullezza. «Propongo un’Ofelia contemporanea, che riesce a rompere la gabbia che la vuole vittima predestinata nella tragedia. Tratto in tempo reale le voci di Amleto, di Ofelia, con i suoni elettronici di Massimo Palermo e in ogni replica le modifico. Questo mi interessa da un punto di vista performativo, perché lo spettacolo si rinnovi sempre. È la caratteristica del teatro: ogni serata non è uguale all’altra».
Il teatro non può fermare le guerre e risolvere i problemi dell’umanità, ma quello che si fa in Calabria, che osserviamo in ripresa in quest’ultimo periodo, ha la voglia di non scivolare sul pubblico, di catturarne l’attenzione, di lasciare un segno. «Ha il compito di essere testimonianza e stimolo, di interrogare la famosa polis, come succedeva in epoca classica. E’ questo il senso profondo», conclude Ernesto Orrico.

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