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inchiesta “arangea”

‘Ndrangheta a Reggio, le estorsioni e lo scontro sugli equilibri criminali. «Se i morti mi dicono cambiamo, io cambio»

Fibrillazioni per le modalità delle estorsioni sul territorio di competenza della cosca, frutto di vecchi accordi criminali

Pubblicato il: 28/05/2024 – 6:45
di Mariateresa Ripolo
‘Ndrangheta a Reggio, le estorsioni e lo scontro sugli equilibri criminali. «Se i morti mi dicono cambiamo, io cambio»

REGGIO CALABRIA Equilibri criminali precari a causa delle pretese di una nuova spartizione territoriale: «le modalità con cui venivano effettuate le estorsioni sul territorio di competenza della cosca costituivano causa di fibrillazioni tra i sodali». Fibrillazioni documentate dalle conversazioni contenute nelle carte dell’inchiesta “Arangea” della Dda di Reggio Calabria che ha portato all’arresto di dodici persone (11 in carcere e una ai domiciliari) e permesso di ricostruire dinamiche e assetti della cosca di ‘ndrangheta che controlla le attività illecite nel quartiere nella periferia sud di Reggio Calabria. Una indagine che ha dimostrato ancora «quanto sia asfissiante il controllo della ‘ndrangheta sul territorio di Reggio Calabria e in particolare sugli esercizi commerciali», ha sottolineato il procuratore Giovanni Bombardieri.


LEGGI: Bombardieri: «Controllo asfissiante della ‘ndrangheta sulle attività commerciali reggine»


Controllo esercitato attraverso una ripartizione territoriale che si basava su equilibri criminali di cui Demetrio Palumbo, detto “Mico”, si manifestava «conoscitore esperto». «Promotore, dirigente ed organizzatore deputato a rappresentare la cosca nella gestione dei rapporti con le altre articolazioni territoriali della medesima organizzazione», Palumbo, «oltre ad occuparsi delle affiliazioni, – si legge nell’ordinanza – si manifestava conoscitore esperto degli equilibri criminali riferiti alla ripartizione territoriale tra le cosche di ‘ndrangheta e capace di promuoverli nel corso di riunioni con altri personaggi apicali”. «Lungi dall’essere mero spettatore di tali equilibri”, ne discuteva apertamente con Vincenzo Autolitano, figlio di Antonio Autolitano (cl 53) e nipote di Saverio Autolitano, nel corso del dialogo del 3 novembre 2019, a cui riferiva di un incontro con Antonino Ficara, detto Nino, esponente della cosca dei “Ficareddi”, avente ad oggetto le aspettative del Ficara di una nuova spartizione territoriale.

«Io ho parlato con i morti, se vengono i morti e mi dicono cambiamo, io cambio»

«I fatti sono questi. Io ho parlato con i morti, se vengono i morti e mi dicono cambiamo, io cambio. Se no io, non è che sono interessato a prendere o non prendere … ah! Io sono per la pace e per la correttezza», dice Palumbo ad Autolitano. La richiesta di Ficara – si legge nell’ordinanza – aveva infastidito Palumbo il quale, rivendicava i vecchi accordi criminali e si era opposto al cambiamento proprio per mantenere quegli equilibri stabiliti molti anni prima dopo le cruente guerre di ‘ndrangheta. Equilibri spartitori raggiunti a suo tempo con i fratelli Paolo e Domenico detto “Mico” Serraino, esponenti apicali della cosca Serraino: «E io sono rimasto così no? I fatti rimangono così, sennò… che venga di fronte a lui. Eee … io ho parlato con Mico Serraino e con Paolo».
Ficara aveva insistito, rivendicando il 50% dei profitti delle estorsioni, giustificato, secondo la sua prospettiva, dall’insistenza sullo stesso territorio dei due “locali” di ndrangheta. Palumbo dal canto suo, aveva risposto con durezza, rivendicando ancora una volta il proprio superiore rango di ‘ndrangheta: «ma che cazzo mi vieni a nominare cose vecchie … tappati la bocca, gli ho detto io che parli. Qua dobbiamo parlare di certe cose e tu parli … ah. di fronte a tutti … io … senti Nino. questo linguaggio con me non lo usare. Non ti dimenticare che mi facevi l’autista a me». (m.ripolo@corrierecal.it)

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