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Venite in Calabria, c’è posto. «È chiaru ‘stu fatto?»

Un modo per rassicurare i balneari calabresi ma anche un invito a venire in Calabria dove le spiagge libere abbondano e quindi anche un ombrellone si paga di meno

Pubblicato il: 29/05/2024 – 15:32
di Lucia Serino
Venite in Calabria, c’è posto. «È chiaru ‘stu fatto?»

«È chiaru ‘stu fatto?». Ve lo ricordate il personaggio dello studente calabrese fuori sede e fuori corso interpretato da Sergio Vastano, caratterista di grande successo negli anni Ottanta. In una intervista al Corriere, l’attore riepilogava i successi della sua vita, tra questi – manco a dirlo – la caricatura del povero ragazzo calabrese che parte con la valigia di cartone, tenta il successo al Nord ma non va molto lontano, non completa gli studi e non riesce neppure ad adeguarsi al nuovo ambiente conservando un marcato accento della regione di provenienza. Uno sberleffo, una presa in giro, un chiaro disprezzo, al limite del razzismo, alimentato da solidi e soliti pregiudizi che negli anni Ottanta e Novanta arrivavano a considerare il semplice aggettivo “calabrese” come sinonimo di “mala gente”. È una zavorra culturale che in parte ancora resta, di solito accompagnata dalla meraviglia di scoprire, venendo in Calabria, che tutto sommato qui non si sta male, come se qui non fosse possibile avere delle eccellenze o una sana normalità.
Oggi è evidente la contronarrazione che “spara” tutti i giorni il presidente Occhiuto. Merito anche della sua social media manager, indubbiamente, che sta dando la spinta giusta a un racconto della Calabria altrimenti affossato nella fogna di pestilenze giudiziarie e ritardi cronici che pur ci sono ovviamente. Ma il racconto è realtà? Le somme si tirano alla fine, vedremo se gli innesti – ad esempio – di Ryanair, di Uber o dei medici cubani faranno salire la Calabria sulla scala degli eterni ultimi. L’ultima questione che regala – diciamo – una certa soddisfazione (a chi è onesto intellettualmente e soprattutto ha una prospettiva relativa) è la questione spiagge indirettamente collegata a una provocazione sull’autonomia differenziata.
In uno dei suoi dialoghi quotidiani su Instagram, Occhiuto paragonava un pezzo di spiaggia calabrese con quello di un non meglio indefinito Nord. Affollatissimo di ombrelloni quest’ultimo, libere da ingorghi le nostre coste. Di spiaggia ce n’è tanta da noi, è il ragionamento, quindi la Bolkestein (la direttiva europea sulla liberalizzazione delle concessioni balneari) non si applica. Un modo per rassicurare i balneari calabresi ma anche un invito a venire in Calabria dove le spiagge libere abbondano e quindi anche un ombrellone si paga di meno. La questione del caro spiaggia è la madre di tutte le battaglie di libertà dei beni comuni, ormai da più estati, in particolare da dopo il Covid. La Calabria non vince solo rispetto al Nord. L’anno scorso si è arrivati a 80/90 euro per un ombrellone e due sedie in Costa d’Amalfi (dove c’è talmente poca spiaggia che puoi leggere sullo smartphone del tuo vicino) o nel Salento. Ma vuoi mettere, direbbe qualcuno, implicitamente aggiungendo che nei posti più ricercati si paga di più. Questione di mercato. Non è accettabile Il ragionamento, che va fatto sulla scarsità di un bene pubblico e sulla necessità di intervenire sulle speculazioni private che arrivano altrove a proibire il godimento di una delle cose più preziose, il mare. Populista o non populista, separatista o non separatista, la frecciata autonomista del Governatore (che mette le carte in tavola con il suo stesso partito) almeno va nel senso di spiegare ai calabresi che i punti di forza qui non mancano. Venite in Calabria, c’è posto. E se già ci vivete, godetevela. Però non aumentate i prezzi. «È chiaru ‘stu fatto?».

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