«La vicenda dell’aggressione al personale sanitario del carcere ‘Ugo Cariddi’ potrebbe farci ripensare l’organizzazione dell’assistenza sanitaria in carcere». Queste le dichiarazioni dei vertici dell’Azienda sanitaria provinciale di Catanzaro dopo l’aggressione al dirigente del servizio di medicina penitenziaria e allo psichiatra del carcere – ai quali l’Asp esprime “vicinanza e solidarietà” – ad opera di un detenuto.
«Il modello assistenziale creato nell’ultimo anno nel carcere di Catanzaro grazie agli investimenti dell’Azienda e della Regione è stato voluto per rispettare le norme nazionali sul tema ma soprattutto per coniugare tutela della salute e certezza della pena. Nella struttura sanitaria del carcere sono curati detenuti con patologie complesse, provenienti anche da altri centri, con risultati apprezzati a livello nazionale sia dal Garante dei detenuti sia da organizzazioni indipendenti. Ma l’erogazione dei servizi sanitari ha creato, per altri aspetti, il paradosso di non essere gradita a molti detenuti destinatari delle cure che, in questo modo, si vedono preclusa una delle strade più agevoli per la scarcerazione, come nel caso dell’aggressione di ieri. Negli ultimi tempi si sono incrementate le minacce al personale sanitario, che ha generato domande di trasferimento in altre sedi». «L’Azienda si ispira al rispetto del diritto di cura di tutti garantito dalla Costituzione, ma questo diritto deve coniugarsi con la sicurezza degli operatori, che è in capo alle Direzioni degli istituti detentivi. Nei prossimi giorni solleciteremo un incontro con l’Amministrazione penitenziaria per esaminare insieme criticità e soluzioni».
x
x