COSENZA Detenzione illecita e cessione di sostanze stupefacenti del tipo hashish, marijuana e cocaina. E’ sempre la droga al centro dell’azione di contrasto esercitata dalle forze dell’ordine a Cosenza e nell’hinterland bruzio. Questa mattina, l’ennesimo blitz ha portato all’esecuzione di cinque ordinanze, tre in carcere e due ai domiciliari. L’operazione segue quella denominata “Recovery” conclusa, settimane fa, sotto il coordinamento della Dda di Catanzaro. Tra le aree attenzione dai Carabinieri della Compagnia di Cosenza, il quartiere “San Vito”. Un pusher, come riportato nelle carte dell’inchiesta “Recovery” ha avuto modo di raccontare come acquistasse stupefacente, già nel 2013, in quel pezzetto di territorio cosentino specificando che «oggi chi arriva ad acquistarla la gestisce sempre per il tramite del Sistema». Le recenti risultanze investigative spingono chi indaga a considerare il presunto gruppo guidato da Gianfranco Sganga a capo della gestione della zona di San Vito.
Vi è un’altra testimonianza diretta annotata dagli investigatori, relativa allo spaccio. «Nell’estate 2018, ho acquistato in alcune occasioni dell’hashish da un uomo che abita a Cosenza nel quartiere di San Vito. In particolare, mi cedeva piccoli quantitativi, pari a 10 grammi, di hashish, ma poi in quell’estate mi ha proposto di acquistare un intero panetto di “fumo”, spiegandomi che così avrei anche potuto pagarlo di meno». Prosegue il racconto – «voleva cedermi anche più di un panetto, ma io gli ho risposto, con onestà, che in tal modo avrei contratto nei suoi confronti un debito troppo elevato, anche perché limitandomi a fumare, non avevo certo guadagni con cui saldare il debito». La confessione si arricchisce di un particolare riguardante il modus operandi utilizzato per consegnare la droga. «In due occasioni, quell’estate 2018, mi ha ceduto un intero panetto di hashish. In particolare, una volta mi è venuto a prendere sotto la mia abitazione, mi ha accompagnato a San Vito nei pressi di casa sua, mi ha fatto aspettare in cima ad una gradinata e poi mi ha raggiunto nuovamente portandomi il panetto e poi mi ha anche riaccompagnato a casa». Insomma, un servizio di delivery in grado di soddisfare tutti i clienti, anche quelli esigenti.
«Subito prima di iniziare a spacciare eroina, e per circa tre mesi, ho spacciato anche cocaina. Trovandomi in difficoltà economiche dovute alla mancanza di lavoro, ho chiesto a chi mi sarei potuto rivolgere per approvvigionare la cocaina da vendere e lui mi ha portato ad un appuntamento con Roberto Porcaro». E’ un pusher a parlare, il suo racconto entra nella recente inchiesta della Distrettuale antimafia di Catanzaro. «Ci siamo incontrati a via Panebianco sotto la sopraelevata e Porcaro mi ha detto le condizioni dell’accordo ovvero che mi sarei preso cinque grammi alla volta al prezzo di 60 euro al grammo, che avrei pagato al momento della consegna della droga e che per ricevere la cocaina mi sarei dovuto rivolgere a Bruno Bartolomeo, che abita a San Vito». Quest’ultimo soggetto è tra le persone destinatarie della misure cautelare emessa oggi dai carabinieri di Cosenza, il suo nome compare anche in “Recovery“. «In effetti – continua il pusher – da quel momento mi sono recato con frequenza di una volta ogni tre o quattro giorni da Bruno Bartolomeo, il quale ogni volta mi consegnava 5 grammi di cocaina in cambio della somma di 300 euro che subito gli consegnavo».
La narrazione offerta dal pusher è ricca di particolari, tutti ovviamente da riscontrare anche in relazione alle accuse mosse nei confronti di Bartolomeo. «Quando arrivavo da Bruno Bartolomeo, questi andava nell’appartamento sito di fronte al suo, dove vi era un ragazzo magro, al quale Bruno diceva qualcosa, poi il ragazzo socchiudeva la porta ed evidentemente prendeva la droga perché subito dopo riapriva la porta e dava al Bartolomeo, il quale subito me la passava a me». Per la Dda di Catanzaro, Bruno Bartolomeo, del quartiere San Vito a Cosenza, è «un pusher del sistema». Il suo nome compare anche in un’altra operazione della Dda di Catanzaro, denominata “Open Gates”, dove l’indagato avrebbe procurato della cocaina, definita per qualità “Gucci”. (f.b.)
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