PALERMO «Non è il Ponte sullo Stretto, opera inutile e dannosa, l’infrastruttura necessaria a rilanciare lo sviluppo della Sicilia, della Calabria e dello stesso Mezzogiorno. Occorre un intervento dello Stato per costruire una programmazione mirata e coerente e disegnare un nuovo piano di sviluppo industriale». È quanto dichiarano il segretario confederale della Cgil Pino Gesmundo e i segretari generali della Cgil Calabria, Angelo Sposato, e della Cgil Sicilia, Alfio Mannino. I dirigenti sindacali sottolineano che «il progetto lacunoso del Ponte, che ha come presupposto un’analisi costi-benifici irrealistica, comporterebbe gravi impatti ambientali, paesaggistici e naturalistici, determinati anche dall’enorme problematicità della gestione dei cantieri disseminati in tutta l’area, e che metteranno in crisi per anni le città di Messina, Reggio Calabria e Villa San Giovanni». Vi è poi un ulteriore aspetto che rende lo rende “dannoso ancor prima di essere realizzato», ossia «l’esecuzione di espropri di case, terreni, immobili di privati cittadini, investiti dai disagi e costretti a lasciare l’abitazione per andare non si sa dove e neppure con quale indennizzo» dice la Cgil. Per i segretari della Cgil «è essenziale riaprire una nuova stagione di programmazione per le due regioni, le cui potenzialità di sviluppo socio economico sono frenate dall’involuzione delle politiche messe in atto dal Governo nazionale e dai Governi regionali, colpendo le popolazioni e indebolendo lo stesso sistema produttivo». Tra queste, «la centralizzazione delle Zes, lo smantellamento del Reddito di Cittadinanza, la revisione del Pnrr che definanzia molte opere strategiche, il blocco del Fondo di Sviluppo e Coesione e la sottrazione di 2.100 milioni alle due regioni, lo svuotamento del Fondo perequativo infrastrutturale, tutto in una logica neocentralistica che annulla il ruolo della Autonomie, soprattutto dei Comuni». «Le ingenti risorse finanziarie disponibili tra Pnrr, Pnc, Fondi strutturali europei, Fondi nazionali vanno spese nei tempi dovuti e in modo corretto e trasparente, sottraendole al pericolo di una gestione clientelare che possa aprire il varco a fenomeni corruttivi e di penetrazione delle mafie nel sistema degli appalti pubblici», aggiungono.
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