ROMA C’è anche Marcello Colafigli, uno dei promotori storici della Banda della Magliana, tra le 28 persone destinatarie di un’ordinanza di custodia cautelare nell’ambito di un’operazione nelle province di Roma, Napoli, Foggia e Viterbo. L’ordinanza, emessa dal gip di Roma è stata eseguita dalle prime luci dell’alba dai carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Roma sotto il coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia. Alle 28 persone – 11 destinatarie della misura della custodia cautelare in carcere, 16 della misura degli arresti domiciliari e una dell’obbligo di firma -, sono contestati, a vario titolo, i reati di associazione finalizzata al traffico internazionale di stupefacenti, tentata rapina in concorso, tentata estorsione in concorso, ricettazione e possesso illegale di armi, procurata inosservanza di pena e favoreggiamento personale. Le indagini, avviate dai Carabinieri del Nucleo Investigativo di Roma e dirette dalla Dda di Roma nel giugno 2020, hanno permesso di raccogliere gravi elementi indiziari in ordine all’esistenza di un sodalizio criminale, con base logistica nella Capitale e operativo nell’area della Magliana e sul litorale laziale, capeggiato da uno dei promotori storici della cosiddetta “Banda della Magliana“, Marcello Colafigli che, nonostante in regime di semilibertà, era riuscito a pianificare cessioni ed acquisti di ingenti quantitativi di sostanze stupefacenti dall’estero (Spagna e Colombia), mantenendo rapporti con esponenti della ‘ndrangheta, della camorra, della mafia foggiana e con albanesi inseriti in un cartello narcos sudamericano.
Marcello Colafigli, è stato riconosciuto unitamente a Franco Giuseppucci, Enrico De Pedis, Maurizio Abbatino e Nicolino Selis, come uno dei promotori del gruppo criminale noto con il nome Banda della Magliana. Gravato da più ergastoli, è stato condannato, tra l’altro, per il sequestro e l’omicidio del Duca Massimo Grazioli Lante della Rovere (considerata l’azione con cui la Banda ha iniziato la propria attività criminale) e l’omicidio, come mandante, di Enrico De Pedis.
Tra i destinatari delle misure, infatti, oltre a Marcello Colafigli, già detenuto in carcere per altra causa, ci sono altri 22 cittadini italiani, 2 albanesi, 1 kosovaro, 1 macedone e 1 colombiano. Colafigli sarebbe riuscito a coordinare le attività delittuose, nonostante la misura a cui era sottoposto, grazie anche alla compiacenza della responsabile di una Cooperativa Agricola, raggiunta dall’odierna ordinanza, dove avrebbe dovuto svolgere l’attività lavorativa prevista dal regime di semilibertà, ottenendo la possibilità di allontanarsi a suo piacimento e di incontrare all’interno della cooperativa i propri sodali, aiutandolo a eludere le investigazioni. Colafigli è indiziato di aver guadagnato la fiducia di un gruppo di albanesi inseriti in un importante cartello colombiano operativo nella città di Turbo (Colombia). Il referente sud americano, originario della città di Medellin, è anch’egli destinatario della misura cautelare in carcere ma allo stato risulta irreperibile. L’uomo al vertice del gruppo degli albanesi, punto di contatto con il cartello colombiano, si è prestato per andare di persona a trattare con i fornitori sudamericani ed è suggestivo il passaggio delle intercettazioni in cui descrive le difficoltà da affrontare per entrare illegalmente in Colombia e le cautele utilizzate dai trafficanti locali per eludere le attività d’indagine come l’utilizzo di apparecchi satellitari e il ricorso spregiudicato alle armi da fuoco.
Nel corso delle indagini, i Carabinieri del Nucleo Investigativo di Roma hanno raccolto gravi elementi indiziari in ordine alla collaborazione finanziaria tra il sodalizio di Colafigli ed esponenti della criminalità organizzata della provincia di Foggia i quali avevano finanziato l’importazione dalla Colombia di 30 kg di cocaina al prezzo di 200.000 euro. La trattativa non è poi andata a buon fine, poiché ad uno dei sodali, incaricato di effettuare il pagamento con money transfer verso la Colombia, sono stati sottratti da un parente prossimo, suo complice, i soldi accreditati su un conto dedicato.
«L’eccezionalità dell’attitudine delinquenziale di Marcello Colafigli, elemento storico della ‘Banda della Magliana’, è resa evidente non solo dalla sua disinvoltura nell’intrattenere legami con figure criminali di primo piano o dalla facilità nel compimento di reati di varia natura ma, ancor più, dall’impermeabilità al trentennale periodo di carcerazione non essendo mutate né l’indole né la conoscenza delle dinamiche criminali nel territorio romano e nazionale». Lo scrive il gip di Roma Livio Sabatini nell’ordinanza con cui sono state disposte 28 misure per accuse che vanno dall’associazione finalizzata al traffico internazionale di droga, alla tentata rapina in concorso e tentata estorsione in concorso, alla ricettazione e possesso illegale di armi. «Il ruolo apicale e strategico di Marcello Colafigli nell’ambito del sodalizio criminale è desunto in modo lineare dall’esame delle intercettazioni rivelatrici della sua funzione sovraordinata e dall’autorità criminale esercitata nei confronti dei sodali», scrive il gip. «Il suo ruolo di capo deputato a risolvere i diversi problemi insorti nella gestione del traffico degli stupefacenti o nel reperire le risorse economiche necessarie è emerso in molteplici occasioni. Si deve infine sottolineare la facilità di Colafigli di intrattenere in prima persona i contatti diretti con associazioni criminali di diversa provenienza e con figure delinquenziali senz’altro non trascurabili per reperire sostanze stupefacenti in ingente quantità o per realizzare le finalità illecite, capacità sintomatica dell’eccezionale attitudine criminale dell’indagato e della sua familiarità con logiche delinquenziali».
(redazione@corrierecal.it)
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