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‘Ndrangheta, il ruolo di “Ciccio d’Ammaculata” e il rapporto “fraterno” con Luigi Mancuso

Nelle motivazioni i giudici delineano la figura di Francesco D’Angelo, condannato a 10 anni nonostante una richiesta dei pm di 28 anni

Pubblicato il: 04/06/2024 – 6:43
‘Ndrangheta, il ruolo di “Ciccio d’Ammaculata” e il rapporto “fraterno” con Luigi Mancuso

VIBO VALENTIA «Si vogliono bene, guarda, si parlano col “tu”» tanto da definirsi anche «fratelli». A parlare è Giuseppe D’Amico, imprenditore condannato a 30 anni nel processo Petrolmafie. I “fratelli”, non di sangue, a cui fa riferimento sarebbero Luigi Mancuso e Francesco D’Angelo, suocero dello stesso imprenditore e condannato a 10 anni di carcere nel processo sugli interessi delle ‘ndrine vibonesi nel settore petrolifero. Soprannominato, come afferma Bartolomeo Arena, “Ciccio d’Ammaculata”, i giudici tra le motivazioni delineano la figura di D’Angelo, riconoscendone la partecipazione all’associazione, ma di fatto ridimensionandone la posizione tanto da “decurtare” i 28 anni di carcere richiesti dalla Procura con una condanna da “soli” 10 anni, escludendo le aggravanti e assolvendolo per gli altri due reati a lui contestati «perché il fatto non sussiste».

Il ruolo nel vecchio locale di Piscopio

Il tribunale collegiale, composto da Gianfranco Grillone, Laerte Conti e Alessio Maccarone, parte proprio dalle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Bartolomeo Arena, il quale gli attribuisce un «ruolo apicale» nel vecchio locale di Piscopio. In particolare, “Ciccio d’Ammaculata” sarebbe stato, secondo Arena, reggente della consorteria negli anni 60, «epoca in cui condivideva il vertice della locale con Fiore Giamborino e Lele Patania». Dopo una prima crisi negli anni 80, con una faida tra i piscopisani “di sopra” e i piscopisani “di sotto”, il clan avrebbe avuto nuova linfa vitale negli anni 2000 con le nuove leve. Dichiarazioni, quelle su D’Angelo, che per i giudici trovano un primo «seppur parziale riscontro» nelle accuse di estorsione ad un imprenditore vibonese. Nonostante lo stesso D’Angelo sia stato assolto dall’accusa in questione per i giudici «si ritiene che gli stessi elementi possano essere valorizzati per la fattispecie associativa».

La “caratura” criminale di D’Angelo

È proprio l’episodio della presunta estorsione che, secondo i giudici, «esprime – con innegabile concretezza – la caratura criminale» di D’Angelo tanto da essere «capace di esercitare una certa influenza sul territorio vibonese». Lo dimostrerebbero anche alcune conversazioni del genero Giuseppe D’Amico: «Se mio suocero, mio, va là, gli dice “Ora ve la dico proprio libera, il materiale glielo devi dare a forza”, lui si tappa il muso e un’altra cosa pure». Riconosciuta quindi la “caratura”, per i giudici va chiarito se l’intervento di D’Angelo sia dovuto «a un retaggio dell’appartenenza» al vecchio locale di Piscopio, o se in quanto partecipe all’associazione mafiosa contestata dalla Procura.

Il rapporto “fraterno” con Luigi Mancuso

È a tal fine che entra in gioco il “fraterno” rapporto tra Ciccio d’Ammaculata e Luigi Mancuso. Sarebbe dimostrata, secondo i giudici, l’autorevolezza del presunto esponente dei piscopisani tanto da essere «assimilabile» a quella del boss di Limbadi. Così come dalle intercettazioni nei confronti di D’Amico sarebbe dimostrato anche «il peso notevole» esercitato «anche negli affari correnti». È lo stesso Luigi Mancuso, intercettato, a dimostrare la stima nei confronti di D’Angelo. «La quota che se voi ritenete opportuno che volete regolare a me-ha detto – io me la divido con mio fratello Ciccio, è un pensiero che devo fare a mio fratello Ciccio (…) se volete darci qualcosa a noi vecchietti». Un rapporto stretto confermato dall’incontro, raccontato da D’Amico, che sarebbe avvenuto tra i due, durante il quale «sono rimasti abbracciati almeno mezz’ora, e si baciavano, ma non piangevano e si baciavano». Di fatto, pur escludendone le aggravanti, i giudici concludono scartando l’idea di un D’Angelo «quale innocuo esponente di una vecchia – quanto inattiva e folkloristica – articolazione di ‘ndrangheta», ma che anzi avrebbe contribuito anche nella “nuova” associazione insieme al genero. (Ma.Ru.)

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