REGGIO CALABRIA Beni per un valore di 6,5 milioni di euro sono stati sequestrati dalla Guardia di finanza ad un imprenditore reggino, Domenico Chilà, di 61 anni, coinvolto nell’inchiesta “Inter Nos” che il 2 agosto 2021 portò all’esecuzione di 17 misure cautelari nell’ambito di una inchiesta coordinata dalla Dda di Reggio Calabria che aveva portato alla luce «un collaudato sistema di corruttela» che consentiva alle imprese legate ai clan di vincere gli appalti dell’Azienda sanitaria provinciale di Reggio Calabria per la pulizia degli ospedali. Il provvedimento, emesso dalla Sezione misure di prevenzione del Tribunale è stato eseguito in Calabria e Lombardia dai finanzieri del Comando provinciale di Reggio Calabria e dello Scico, coordinati dalla Dda diretta da Giovanni Bombardieri.
Il sequestro è giunto a conclusione di indagini di carattere economico-patrimoniale condotte dal Gico e dal Nucleo di Polizia economico- finanziaria di Reggio Calabria, nei confronti di Chilà, ritenuto imprenditore di riferimento di storiche articolazioni territoriali di ‘ndrangheta, avendo, secondo l’accusa, assicurato alle stesse la possibilità di ricevere i proventi di appalti pubblici. Nell’ambito dell’inchiesta “Inter Nos”, condotta dal Nucleo di Polizia economico finanziaria e dallo Scico, Chilà è stato rinviato a giudizio per, tra l’altro, associazione mafiosa finalizzata alla commissione di una serie indeterminata di delitti di corruzione, turbata libertà degli incanti e, più in generale, di delitti contro la pubblica amministrazione.
Dall’inchiesta “Inter nos” secondo l’accusa, sarebbe emerso un rodato sistema corruttivo che avrebbe consentito all’impresa di Chilà di svolgere indisturbata il servizio di pulizie negli ospedali reggini, con il supporto della ‘ndrangheta. In particolare, l’uomo, unitamente ad altri imprenditori, avrebbe realizzato un sistema criminoso ben organizzato andato avanti per anni e, grazie a condotte corruttive con funzionari della pubblica amministrazione – pure coinvolti nell’indagine – e turbative d’asta, sarebbe riuscito ad accaparrarsi, per oltre un ventennio, l’appalto dei servizi di pulizie e sanificazione nelle sanitarie rientranti nella competenza dell’Asp di Reggio Calabria. A tal fine, sarebbe stata costituita una cassa comune nella quale ciascun imprenditore avrebbe versato, in rapporto alla propria forza economica, il proprio contributo destinato a corrompere i pubblici funzionari e pagare le famiglie di ‘ndrangheta.
Alla luce di ciò, la Dda ha delegato il Gico del Nucleo di Polizia economica finanziaria di Reggio Calabria a svolgere un’indagine a carattere economico/patrimoniale che avrebbe portato ad evidenziare una sproporzione tra il reddito ed il valore dei beni riconducibili all’imprenditore. I finanzieri, dunque, hanno sequestrato l’intero compendio aziendale di 2 imprese, quote di partecipazione in una società di capitali, 4 immobili, un’auto, oltre a rapporti bancari, finanziari, assicurativi e relative disponibilità. (redazione@corrierecal.it)
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