Bilancio dell’affluenza alle urne molto diverso nei 27 Paesi dell’Unione europea che in questi giorni sono andati al voto per rinnovare il parlamento. L’affluenza in Italia alle 12, ultimo dato noto, si è fermata al 25.14% (qui la notizia), che è meno di quanto venne registrato nel 2019, quando alla stessa ora si registrò un’affluenza del 26.74%, con la differenza che 5 anni fa si votò in un’unica giornata. Nel nostro Paese le urne chiuderanno alle 23. L’Italia è il Paese che chiuderà più tardi le sue urne per il voto, anche in considerazione del fatto che in molte sezioni si vota anche per le amministrative e le regionali.
Nel resto d’Europa i dati di affluenza in alcuni casi sono già definitivi in conseguenza di urne già chiuse, anche se non sono ancora stati divulgati. In Irlanda la chiusura è avvenuta venerdì e gli exit poll parlano di un’affluenza simile a quella del 2019, quando si assestò sul 50%. Anche nei Paesi Bassi le urne sono già state chiuse ma in questo caso è stato diramato il dato definitivo, che si è assestato sul 47%. A Malta, nel pomeriggio di ieri, si è toccato il dato record del 43%, ben 11 punti rispetto al 2019. Anche in Germania il dato di affluenza alle 14 di domenica è risultato in aumento rispetto a quello del 2019, arrivando al 32.3%, quasi tre punti in più rispetto alle precedenti elezioni, quando alla stessa ora venne registrato il 29.4%. L’affluenza finale in Germania nel 2019 è stata del 61.4%.
Di segno inverso la tendenza in Spagna, dove fino alle 14 l’affluenza è stata del 28%, in calo deciso rispetto 34.7% che si è registrato nel 2019. In Portogallo, invece, finora c’è stata una crescita rispetto alle precedenti elezioni, anche se il dato si è fermato al 15%. Nel 2019 il totale dei votanti nel Paese andaluso, alla chiusura dei seggi, votò appena il 31% degli aventi diritto. Anche in Francia il dato delle 12 è stato superiore rispetto a quello delle elezioni del 2019, con un dato intermedio che si è fermato al 19.81%, con un incremento rispetto al 19.26% della precedente tornata elettorale. Un aumento decisamente più marcato si è registrato in Ungheria, dove alle 11 si è presentato alle urne il 22.89% contro il 17.16% del 2019.
Nessun Paese rileverà i risultati prima della chiusura dei seggi nel Paese che chiude più tardi le sue urne, che è l’Italia. Quindi, i primi exit poll non verranno resi noti prima delle 23.15.
L’ultima proiezione verrà resa nota all’una di lunedì 10 giugno e da quel momento dovrebbero iniziare a essere diffusi i dati effettivi di tutti i seggi in Europa. I Paesi che hanno chiuso i seggi nei giorni scorsi dovrebbero diffondere i dati definitivi mentre l’Italia e tutti quelli che chiudono oggi impiegheranno diverse ore in più a comunicarli.
I dati parziali alimentano il timore: le Europee 2024 potrebbero essere le elezioni nazionali meno partecipate di sempre. Il trend, d’altra parte, mostra un calo progressivo dell’affluenza che va avanti da decenni e riguarda il voto comunitario assai più di quello per le Politiche. A guardare i due estremi, il gap è disarmante: alle prime elezioni per l’Eurocamera, nel lontano 1979, andò alle urne l’85,7% degli aventi diritto, mentre quarant’anni dopo, nel 2019, quella percentuale era crollata al54,7%, oltre trenta punti in meno. Nel mezzo è stata una discesa costante e quasi ininterrotta, con l’eccezione del voto del 2004, a cui partecipò il 71,7% degli elettori contro il 69,8% nel 1999. Da allora sempre peggio: 66,5% nel 2009, 57,2% nel 2014, fino, appunto, al 54,7% del 2019. È assai probabile che questa tornata peggiori ancora il record negativo, visto che il dato delle 12 di domenica, fermo al 25%, è più basso di circa cinque punti rispetto all’equivalente del 2009, ultima occasione in cui si votò in due giornate. Nel resto d’Europa, invece, la tendenza è opposta, soprattutto negli ultimi anni. L’emorragia della partecipazione ha iniziato ad arrestarsi circa due decenni fa: se nel 2004 la media dell’affluenza negli Stati membri era del 45,5%, nel 2009 e nel 2014 è rimasta grossomodo uguale (43% e 42,6%) per poi risalire al 50,7% nel 2019. Insomma, se nel secolo scorso l’Italia era regolarmente tra i Paesi più “votanti” dell’Unione (con una partecipazione che arrivava fino a 26 punti percentuali sopra la media) la differenza si sta assottigliando sempre di più, ed è possibile che a questo giro finiremo tra gli Stati sotto la media. Nel 2019, infatti, ci hanno già “superato” Paesi con un’affluenza storicamente inferiore come Germania e Spagna, dove la partecipazione è schizzata alle stelle: tra i tedeschi è passata in cinque anni dal 48,1%al 61,4%, tra gli iberici dal 43,8% al 60,7%. Anche in Francia, dove nel 2009 aveva votato appena il 40,6%, dieci anni dopo la percentuale è salita al 50,1%, vicina a quella italiana e appena sotto la media Ue.
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