Dal 13 giugno in libreria e in tutti gli store online arriva “L’inferno ammobiliato: di ‘ndrangheta, di memorie e di Calabria” di Anna Sergi, pubblicato da Blonk editore all’interno della collana Storie Contemporanee. Sergi, professoressa ordinaria di Criminologia all’Università di Essex (Regno Unito), in questo libro fonde la sua infanzia di bambina e ragazza nata e cresciuta in Aspromonte con il profilo di ricercatrice di alto livello che l’ha poi portata in giro per il mondo a pubblicare quelle che sono ritenute tra le più importanti ricerche sul fenomeno della ‘ndrangheta sia in Italia sia all’estero.
La ‘ndrangheta viene spesso indicata come il primo nemico dei calabresi. Eppure, bisogna riconoscere che proprio in Calabria nella forzosa convivenza della popolazione con la ‘ndrangheta spesso di quest’ultima non si percepiscono le vessazioni, non se ne avverte l’oppressione. Se la Calabria è l’inferno della ‘ndrangheta, molti calabresi hanno imparato ad ammobiliare l’inferno, per usare una felice espressione del sociologo Alessandro Pizzorno. Vi sono luoghi in Calabria dove il “rumore” della ‘ndrangheta non perviene, dove si tenta disperatamente di “abbellire” – ammobiliandola – la propria necessaria convivenza con violenza, degrado, sopraffazione. Questi luoghi vanno ricordati, raccontati e analizzati nella loro complessa relazione con questa mafia onnipresente.
Sergi muove dalla considerazione che durante la sua infanzia, nel pieno della stagione dei sequestri di persona, la mala calabrese stava già salendo sul podio delle mafie internazionali, eppure ancora non faceva molto “rumore”. La ’ndrangheta era stata, fino a tutti gli anni Novanta, un ronzio di fondo, una sorta di “rumore bianco” che in molti contesti non generava particolare disturbo o allarme, quasi fosse la componente necessaria di un immutabile ordine sociale. Da questa premessa scaturiscono complessi interrogativi di ricerca, ai quali l’autrice fornisce risposte non scontate, che sfidano stereotipi e visioni correnti.
Si rievocano così ricordi di fatti ed eventi dai quali sono scaturiti interrogativi e domande inizialmente inespresse, ma che avrebbero poi indotto l’autrice, in qualità di ricercatrice e studiosa, a cercare di spiegare perché in Calabria – anziché riconoscerlo come tale e combatterlo come molti si aspetterebbero – si continua tuttora ad ammobiliare l’inferno. Il volume è impreziosito da una prefazione di Enzo Ciconte.
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