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“ducale”

‘Ndrangheta, la discarica di Sambatello tra gli interessi della cosca Araniti e il “far west” nel 2016

Nell’inchiesta della Dda di Reggio il tentato omicidio di Princi nell’impianto e la gestione della manodopera. «Ringraziamo a Mico Araniti»

Pubblicato il: 11/06/2024 – 17:53
‘Ndrangheta, la discarica di Sambatello tra gli interessi della cosca Araniti e il “far west” nel 2016

REGGIO CALABRIA «Allora, Domenico Araniti aveva il controllo, però lui aveva come.. diciamo possiamo dire come prestanome Bilardi Fortunato». A parlare è Mario Chindemi, collaboratore di giustizia con un passato nella ‘ndrangheta reggina, le cui dichiarazioni sono confluite nell’inchiesta della Dda di Reggio Calabria che stamattina ha portato all’emissione di 14 misure cautelari nei confronti di persone ritenute affiliate alla cosca Araniti. Tra queste anche i due citati da Chindemi, ovvero “Il Duca”, ritenuto al vertice del clan e l’imprenditore Fortunato Bilardi. L’imprenditore classe ’40 risulta indagato a piede libero nell’operazione “Ducale”. Il gip, infatti, ha riqualificato il reato che gli viene contestato dalla Dda in concorso esterno e ha sottolineato «come allo stato non è dato sapere se egli, sebbene fruisca ancora della protezione mafiosa degli Araniti, questi ultimi con «diversi interessi nella discarica di Sambatello, gestita per conto della Regione da una società».

Il “far west” all’interno dell’impianto

L’attenzione degli investigatori sulla discarica del comune reggino viene attirata da un episodio in particolare: il tentato omicidio di Antonino Princi (indagato) nel febbraio del 2016. “Lo sceriffo” sarebbe stato inseguito fin dentro l’impianto e raggiunto da diversi colpi di pistola. Un vero e proprio “far west” come è stato descritto dalla sentenza del gup del tribunale di Reggio Calabria, il cui responsabile sarebbe stato individuato nel «noto esponente della ‘ndrangheta locale» Giuseppe Greco, defunto boss di Calanna. Nell’episodio, ritenuto «gravissimo» dagli inquirenti, sono stati esplosi diversi colpi di arma da fuoco all’interno dell’impianto che «solo per puro caso» non hanno attinto persone di passaggio. Secondo il gup alla base del tentato omicidio «il contrasto sorto fra Greco, che aspirava a mantenere il controllo degli affari criminali nel territorio di Calanna, ed il Principe, che unitamente ad altri soggetti, stava espandendo la sua influenza criminale».

L’accordo con Princi

Proprio dal tentato omicidio di Princi inizia il lavoro degli inquirenti che trova riscontro nelle dichiarazioni di Chindemi. «Gli Araniti non l’hanno presa tanto bene perché se Peppe aveva intenzione di volere spara a Nino Princi se lo doveva fare su a Calanna» riferisce ai pm. Inoltre, spiega il collaboratore, gli Araniti sarebbero stati ormai più vicini a Princi che a Greco, in quanto ritenuto «più giovane e dinamico». Approfondendo questo episodio, gli investigatori riescono a ottenere da Chindemi informazioni su una presunta società «occultamente avviata con l’imprenditore Fortunato Bilardi» tramite la quale Domenico Araniti avrebbe gestito gli interessi economici nel business dei rifiuti a Sambatello. In particolare, la cosca avrebbe stretto un accordo con Princi per «la spartizione dei proventi derivanti dalla discarica», ritenuto più vantaggioso in quanto inferiore (ma con la possibilità di lavorare all’interno) alla quota del 50% che sarebbe stata richiesta da Greco.

La gestione della manodopera

Lo stesso collaboratore di giustizia Mario Chindemi avrebbe lavorato per un periodo all’interno dell’impianto: «I soldi me li aveva dati il Bilardi, però a me mi aveva fatto andare Domenico Araniti». E non sarebbe stato l’unico, secondo gli inquirenti, a lavorare all’interno dell’impianto grazie all’intervento della cosca, ma ci sarebbe stata una vera e propria gestione della manodopera da parte degli Araniti. Nella stessa situazione anche il collaboratore di giustizia Salvatore Aiello, a lungo manager all’interno dell’azienda, che ai pm ha riferito di aver incontrato Greco e Domenico Araniti, dai quali avrebbe saputo di essere «i referenti per la gestione delle attività imprenditoriali orbitanti intorno all’impianto di Sambatello». Non a caso i dipendenti, secondo Aiello, sarebbe divisi «equamente tra persone di Sambatello e Calanna, tutti parenti dei predetti Gredo ed Araniti». Lo confermerebbe anche un’informativa dei carabinieri risalente al 2022, nella quale vengono riportate diverse conversazioni che proverebbero la gestione della manodopera da parte della cosca all’interno dell’impianto. Eloquente la frase pronunciata dal fratello di un impiegato della discarica: «Ringraziamo a Mico Araniti che gli ha dato un posto di lavoro a mio fratello». (Ma.Ru.)

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