COSENZA In Corte d’Assise a Cosenza si tiene una nuova udienza del processo relativo all’omicidio di Rocco Gioffrè 75enne cosentino, ucciso da Tiziana Mirabelli (presente in aula) il 14 febbraio 2023 nella città dei bruzi. Entrambi vivevano, in due appartamenti distinti e presenti sul medesimo pianerottolo, in uno stabile popolare in via Monte Grappa a Cosenza. Tramite il proprio legale, Cristian Cristiano, la donna ha sempre asserito di aver agito per legittima difesa. Le parti offese Francesca, Pasquale e Giovanna Gioffrè sono rappresentate dall’avvocato Francesco Gelsomino.
A testimoniare sono il medico legale Berardo Silvio Cavalcanti e il dottore Vannio Vercillo, anatomopatologo. Chiamati a rendere edotta al Corte sulle analisi effettuate dopo la scoperta del cadavere di Gioffrè. La zona notte della abitazione è ritenuta da Vercillo «più interessante». Sulla parete, tra la finestra e il letto «vi erano una serie di specchi e lampadari dove è stato possibile rintracciare tracce di sangue». Ed ancora «tracce di strisciamento di sangue sul pavimento e sul battente sinistro della porta di ingresso». Ulteriori segni ematici saranno rinvenuti «nel corridoio e all’interno della vasca un copriletto intriso di sangue». Il cadavere – come già ricostruito nella precedente udienza – era «ricoperto da un involucro di cellophane e coperte, con la testa rivolta verso la porta». Dal primo esame del cadavere, gli «indumenti erano intrisi di sangue e corrispondenti alle lesioni rinvenute sul cadavere, che è stato spostato».
Il dottore Vercillo fissa la morte di Gioffrè, rispetto al suo intervento, «circa 72 ore prima» e il cadavere «avrebbe soggiornato sul pavimento, non sul letto». A queste attività effettuate dai medici, seguiranno l’esame esterno del cadavere e l’autopsia. «Molti dei complessi lesivi erano penetranti, lesioni concentrate su collo e torace, le ferite penetravano nella cavità toracica e la lama determinava la presenza di lesioni con ingresso di aria e compressione sui polmoni oltre al sanguinamento delle vie aeree».
Sono 41 le lesioni complessive (11 nell’area dei polmoni) inferte sul corpo di Rocco Gioffrè in uno o due minuti. I due dottori circoscrivono tre momenti diversi nel quale l’imputata avrebbe colpito l’anziano. L’omicida era posta «frontalmente alla vittima, prima attinta al torace, poi in una seconda fase Gioffrè flette il tronco in avanti e viene attinto nella regione sovrascapolare ed infine in una terza fase, l’anziano si trova a terra in posizione prona come se avesse le mani e le ginocchia poggiate a terra e viene attinto al dorso». Vittima e aggressore, dunque, non sono statici e Gioffrè avrebbe abbozzato un tentativo di difesa. In questo senso, spiegano i medici «l’unica lesione da difesa è una ferita all’altezza dell’avambraccio sinistro». Vercillo e Cavalcanti continuano a rendere noti i dettagli degli esami effettuati sul corpo dell’anziano. «Alla base del collo e sulla linea mediana dello stesso riscontriamo una piccola lesione causata da una punta di 3mm non penetrante, posteriormente al collo, sulla nuca invece, è stata riscontrata una lesione trasversale quasi orizzontale». Una terza lesione è presente «fra lo sterno e la clavicola, da punta e taglio, di 1cm». Ancora, «sull’emitorace di destra è presente un’altra lesione», mentre sono «14 le lesioni sull’emitorace sinistro nella regione pettorale e 6 lesioni fra la linea che passa tra i capezzoli e la parte alta dell’addome». Tutti questi colpi sono stati inferti sulla parte anteriore del corpo della vittima.
I medici poi riscontrano lesioni diverse da quelle intercettate nella parte anteriore del corpo. In questo caso, l’andamento dei colpi inferti è orizzontale. «Immaginiamo la vittima pancia giù poggiato su mani e ginocchia e l’omicida che si porta alla sua sinistra e lo colpisce con la lama che diventa orizzontale rispetto al tronco». Questa sequenza lesiva restituisce «una concentrazione di colpi nella regione sinistra del torace e una serie di colpi sferrati sopra le clavicole ed al collo», secondo Vercillo «la vittima in questa fase ha flesso in avanti il tronco perché in fase di abbattimento».
Infine, le ultime lesioni vengono inferte quando la vittima è prona a terra. Mirabelli avrebbe colpito 8 volte la vittima (compreso quello alla nuca) procurando poi ulteriori lesioni contusive. I medici riscontrano anche «lesioni traumatiche nella regione cranio-facciale, sul dorso della mano, sui piedi e sul gomito destro».
La Corte e la pm Maria Luigia D’Andrea chiedono ai testimoni di soffermarsi sull’arma utilizzata per uccidere Gioffrè. Le ferite presentano caratteristiche particolari, «tali da essere riconducibili ad un coltello, utilizzato sia di punta che di taglio, con un filo monotagliente a lama liscia». Chi effettua il sopralluogo sulla scena criminis rinviene una serie di coltelli. «Due presenti in un astuccio avevano caratteristiche compatibili con quello utilizzato dall’imputata» per colpire Gioffrè.
Il 19 febbraio è il dottore Vannio Vercillo a visitare per primo l’imputata. In quella occasione emergono «ferite alla mano sinistra, all’indice e alla base del pollice, un ematoma sul mignolo che era tumefatto», ed ancora «agli arti inferiori evidenti discromie delle gambe con una evidente patologia a carico del sistema venoso». Il 24 febbraio, invece, Vercillo insieme al collega Cavalcanti si recherà in carcere per effettuare una secondo visita. «Ci siamo concentrati sulle mani per verificare se vi fossero lesioni, la donna presentava una medicazione in garza e cerotto priva di sangue al quinto dito della mano destra e poi una medicazione anche all’estremità del secondo dito della mano sinistra. Sul dorso della mani non riscontriamo nessuna lesione». Nello specifico, «sulla mano destra si nota un piccolo esito lineare interfalangeo del mignolo, il dito era dolente». Per i dottori, «non è una lesione da taglio, ma una minima lesione lacerativa-contusiva nel momento in cui la donna impugna il coltello. Il mignolo è il primo dito che impatta sulla lama, dunque si tratta di una lesione autoinferta». Sulla mano sinistra, invece, vi sono «due tipologie di lesioni distinte: una da taglio sul lato dell’ultima falange dell’indice, l’altra sulla base del pollice».
Come è morta la vittima? «Il sanguinamento è avvenuto da vivo e la morte è sopraggiunta in maniera rapida per uno shock emorragico dovuto a lesioni toraciche e polmonari». Rocco Gioffrè, dunque, è morto in pochi minuti. Il «polmone è stato perforato nella fase iniziale dell’aggressione. La parte prevalente di perdita ematica si è riversata all’esterno», e questo dato viene riscontrato dalla presenza di «imbrattamenti con segni evidenti». Per quanto riguarda il numero di colpi inferti, «tre volte attinto il polmone destro, otto volte la parete anteriore del polmone sinistro e una volta la parte posteriore del medesimo polmone».
L’avvocato Cristian Cristiano prende la parola per il controesame. Il trauma sul viso di Gioffrè è compatibile con un pugno? «Inizialmente avevo ipotizzato un pugno – dice Vercillo – in presenza anche di un gonfiore e di un ematoma sulla mano di Mirabelli». Tuttavia in una analisi successiva, i medici escluderanno questa circostanza «a seguito della ricostruzione della dinamica dell’episodio. La lesività sul volto della vittima non può essere ricondotta solo ad un pugno, non escludiamo però ci possa essere stato». Sul dorso della mano destra di Mirabelli riscontrate lesioni compatibili con un pugno inferto dalla donna? «Questa ipotesi di compatibilità era stata fatta per la corrispondenza tra la ferita alla mano e il tipo di lesione sul viso di Gioffrè». Sulla mano sinistra riferite di due lesioni riconducibili ad una unica azione, da quale dato ricavate il trascinamento della mano? Come si è procurata i tagli? «Con la sinistra afferra la maglia di Gioffrè e nella serie di coltellate si ferisce».
(f.benincasa@corrierecal.it)
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