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Dalla Chiesa: «In Lombardia assoluta dominanza ‘ndranghetista»

L’introduzione ai risultati della ricerca “Mafie ed Economia in Lombardia”, a cura di Cross

Pubblicato il: 17/06/2024 – 22:30
Dalla Chiesa: «In Lombardia assoluta dominanza ‘ndranghetista»

MILANO L’economia mafiosa, «un tempo circoscrivibile a una cerchia di attività illegali (droga, estorsioni, gioco d’azzardo) e a un campo ben definito di attività formalmente legali (movimento terra, edilizia, ristorazione, commercio all’ingrosso) ha ampliato l’area della propria presenza in misura preoccupante, al punto che si può parlare di una ubiquità economica mafiosa. Non, ovviamente, nel senso che il fenomeno mafioso influenzi in toto economia regionale, ma nel senso che lo si può ormai incontrare in quasi tutti gli ambiti dell’economia, dalla sanità allo sport amatoriale. E su questa falsariga la presente ricerca offre indicazioni e stimoli di indubbio rilievo. In questo consolidato quadro di riferimento vanno segnalate interessanti dinamiche di cambiamento, sulle quali ci si soffermerà, che modificano in misura certo secondaria ma comunque significativa la “foto di gruppo” della mafia nell’interno lombardo». Nando Dalla Chiesa interviene così nell’introduzione ai risultati della ricerca “Mafie ed Economia in Lombardia”, a cura di Cross – Osservatorio sulla Criminalità organizzata e Cgil Lombardia. «L’ascesa della provincia di Como ai vertici del fenomeno quanto a pervasività e profondità di radicamento. Oppure gli spazi aggiuntivi che si sono creati a vantaggio dell’azione dei clan nella provincia di Brescia, crogiolo infaticabile di nuove presenze, in particolare nel grande bacino del lago di Garda». Ed ancora «la risalita territoriale della ‘ndrangheta dalle province settentrionali dell’Emilia verso quelle del sud-est lombardo, fino a formare quello che in altra sede si è chiamato il “quadrilatero padano».

La Lombardia e la dominanza ‘ndranghetista

«La Lombardia è ormai una regione ad assoluta dominanza ‘ndranghetista. Già meta privilegiata di Cosa Nostra, essa ha assistito dagli anni ottanta del Novecento a un’ascesa continua e vistosa, e per ora incessante, dei clan calabresi. Le altre organizzazioni non sono sparite. Viene anzi osservata una ripresa di attivismo da parte di quelle siciliane, e si registra una considerevole effervescenza, specie in alcuni settori dell’economia, di diversi gruppi camorristici. Ma non vi è dubbio per l’osservatore attento che la Lombardia sia oggi la seconda regione di ‘Ndrangheta sul piano nazionale, in gara con la regione originaria per il primato del fatturato. Nettamente seconda in termini di power syndicate; ma forse prima per la forza accumulatavi dai clan in termini di enterprise syndicate. Questa presenza si concentra maggiormente nella Lombardia occidentale, il cui sviluppo industriale nei primi decenni del Dopoguerra ha funzionato da volano per lo spostamento nello spazio di centinaia di elementi legati ai clan, favorito e mimetizzato dal più generale movimento migratorio in partenza dalle regioni di origine delle organizzazioni mafiose. Il “West” lombardo è un paesaggio però frastagliato. In esso un ruolo straordinariamente peculiare viene giocato da Milano e dal (già diverso) suo hinterland; mentre le province di confine di Como e di Varese spiccano per l’abilità con cui i clan che vi si sono radicati mettono a frutto la propria rendita di posizione, ovvero la vicinanza alla frontiera con le opportunità conseguenti. E mentre la posizione “riparata” e al tempo stesso contigua a Milano della provincia di Pavia ha fatto da calamita per clan e singoli, con la creazione di redditizie enclaves geografiche e sociali. Un ruolo considerevole, anche se non unico e forse nemmeno decisivo, nel processo di spostamento territoriale del “popolo dei clan” lo ha avuto con certezza l’istituto del soggiorno obbligato», chiosa Dalla Chiesa.

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