BRUXELLES Alla prima tappa dell’euroconclave i leader ci arrivano con una quadriglia giudicata essenzialmente solida: Ursula von der Leyen lanciata verso il bis alla Commissione sulle ali del trionfo alle elezioni del Ppe, il socialista portoghese Antonio Costa al Consiglio, la liberale estone Kaja Kallas al ‘ministero degli Esteri’ Ue. La conferma di Roberta Metsola al Parlamento – che però sceglie in autonomia – completa il quadro. Salvo, naturalmente, sorprese dell’ultim’ora.
«Non è mio compito convincere Meloni, abbiamo già una maggioranza con Ppe, liberali, socialisti e altri piccoli gruppi, la mia sensazione è che sia già più che sufficiente», ha fatto sapere già a ora di pranzo il premier polacco Donald Tusk (uno dei due negoziatori popolari) a chi gli chiedeva se ci fossero altri equilibri di cui dover tenere conto. «È chiaro che in Parlamento non deve esserci alcun sostegno per il presidente della Commissione che si basi su partiti di destra e populisti di destra», è stato invece il muro eretto dal cancelliere tedesco Olaf Scholz, secondo cui le elezioni europee “hanno portato una maggioranza stabile” delle stesse forze politiche “che finora hanno lavorato a stretto contatto in Parlamento.
Viviamo in tempi difficili ed è importante sapere presto cosa succederà in Europa”, ha aggiunto prima di prendere posto alla cena dei leader chiamati a varare un accordo quadro a livello informale da confermare al prossimo Consiglio Europeo di fine mese.
Il senso di urgenza è condiviso da molti. La logica, spiegano diverse fonti, è quella del pacchetto. La quadriglia è frutto di calcoli alchemici che tengono conto dei voti, dei profili, delle aree geografiche: se si modificano gli addendi, il risultato cambia eccome. E i 27 non sembrano intenzionati a tirarla per le lunghe. Come la danese Mette Frederiksen, indicata nel pre partita papabile alla presidenza del Consiglio Europeo. “Io – dice – non sono una candidata: Costa è un ottimo collega della famiglia socialista”. Poi certo, la perfetta sintonia – ed è normale – non c’è ancora. Il presidente slovacco, Peter Pellegrini, sostituto del primo ministro Robert Fico, in convalescenza dopo il tentato omicidio, ha esortato “a stare molto attenti a chi rappresenterà l’Unione europea e la Commissione a livello internazionale, per non creare ancora più tensione di quanto non ve ne sia già”. Un chiaro riferimento a Kaja Kallas, la lady di ferro dell’est, arcinemica di Mosca.
Detto questo, la prima tessera del mosaico è ovviamente la guida di palazzo Berlaymont. Nonostante il presidente francese Emmanuel Macron si fosse scagliato contro la logica dello ‘spitzenkandidat’ – a suo parere politicizza la carica di presidente della Commissione, per natura super partes – il responso delle urne è stato chiaro, premiando i Popolari europei. Peraltro il terremoto politico in Francia indebolisce Macron, senz’altro meno ‘king maker’ rispetto alla scorsa legislatura. Dunque si torna al pacchetto.
Qui però la domanda è solo una. Cosa farà Giorgia Meloni? Qual è la sua strategia per andare a punti? Nel pre vertice ha incontrato l’ungherese Viktor Orban, che sibillino ha definito la situazione “ancora fluida” per quanto riguarda la riconferma di von der Leyen. La presidente uscente, non è un mistero, ha costruito un rapporto intenso con Meloni – a partire dal dossier migrazione – e secondo un’indiscrezione di Politico.eu avrebbe persino ritardato il rapporto annuale sullo Stato di diritto nell’Ue – pare critico sull’Italia per ‘l’indebolimento delle libertà dei media’ – proprio per incassare il suo sostegno, in Consiglio (dove votano i Paesi) e in Parlamento (dove contano i partiti). La ricostruzione è stata smentita però dalla Commissione. Ma è un fatto che dei voti in più all’Eurocamera a Ursula farebbero ben comodo, perché la conferma dei deputati è obbligatoria e in questo passaggio c’è la preferenza segreta. Anche se resta aperta l’opzione dei Verdi come stampella.
Costa, in tutto questo, potrebbe essere il candidato meno solido. I Popolari avrebbero avanzato ad esempio la richiesta di cambiare il colore politico della casella al Consiglio a metà mandato, come accade per l’Eurocamera. Ma in generale il suo consenso è visto ormai come consolidato, salvo psicodrammi. (Mattia Bernardo Bagnoli – Ansa)
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