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Tutino, il suo agente e l’inevitabile paragone con Gigi Marulla

L’uscita di Giuffredi e il silenzio del calciatore fanno arrabbiare la tifoseria del Cosenza. Ursino è la garanzia del nuovo corso del club

Pubblicato il: 17/06/2024 – 7:53
di Francesco Veltri
Tutino, il suo agente e l’inevitabile paragone con Gigi Marulla

COSENZA Partiamo dalla nota più lieta, che non è per niente un’ipoteca sul futuro, ma almeno aiuterà, per qualche giorno o settimana, a far lavorare il Cosenza calcio in serenità e a non disperdere l’entusiasmo, sempre generoso, della piazza bruzia verso i colori rossoblù: il riscatto di Gennaro Tutino.
Eugenio Guarascio alla fine ha prodotto lo sforzo economico da cui non poteva sottrarsi, e, venerdì scorso, ha voluto annunciarlo di persona, come non faceva da anni, con una giacca nuova, leggera, verde militare (sembrano appartenere a un’altra epoca i tempi del giallo canarino) davanti ai volti disabituati alla sua presenza dei cronisti locali.
Dunque, il primo passo, quello più temuto e atteso, è stato fatto. Ora, ovvio, bisognerà capire quale sarà il secondo, tenendo presenti alcune cose di non poco conto. La prima è che Tutino non vuole rimanere a Cosenza. In realtà, nonostante le chiacchiere di facciata, lo si poteva immaginare da tempo, ma le parole mediocri, poco sagge e totalmente fuori luogo con cui il suo agente Mario Giuffredi sabato scorso ha pensato bene di ricordarlo, hanno avuto il potere di creare un grande squarcio nel rapporto di amore tra il calciatore e il tifo rossoblù. Uno squarcio con tanto di attacco al patron Guarascio: «Non mi ha nemmeno chiamato per dirmi del riscatto, piaccia o no il ciclo di Gennaro a Cosenza è finito».
La seconda cosa di non poco conto è che il Cosenza, che ha lasciato intendere a più riprese di aver fatto un gesto inconsueto acquistando il centravanti dal Parma, pur se dovesse, e soprattutto volesse, riuscire a convincerlo a restare (ma l’operazione appare a dir poco fantascientifica), poi dovrebbe fargli firmare un nuovo contratto pluriennale da cifre mai viste dalle parti di via degli Stadi.
Punto tre (mantenendoci in bilico tra la cruda realtà e il fantacalcio): sempre se Tutino dovesse restare in riva al Crati, a quel punto sarebbe conseguenziale assicurargli una crescita qualitativa della squadra che affronterà il settimo torneo consecutivo di B dell’era guarasciana, e ciò vorrebbe dire tanti, tantissimi altri soldi da tirare fuori e obiettivo massima serie. A ciò, vanno aggiunte poi le dichiarazioni diplomatiche del neo direttore sportivo Gennaro Delvecchio: «prima di prendere una decisione su Tutino, ci confronteremo con il nuovo allenatore», come se quest’ultimo, anche fosse Guardiola o Ancelotti, potrà avere voce in capitolo sull’eventuale conferma in rosa del giocatore simbolo, dopo Gigi Marulla, del calcio cosentino.
A proposito di Marulla, viene da pensare che per un anno, a giusta ragione, Tutino è stato definito, a furor di popolo, l’erede naturale dell’ex capitano dei Lupi. Lo ha dimostrato ripetutamente, sul campo e fuori. Con una differenza enorme, però: senza voler mancare di rispetto alla sua memoria, avendolo conosciuto abbastanza bene, ci viene da pensare che Marulla, anche se avesse potuto giocarsi la carta serie A, non avrebbe mai permesso al suo procuratore di dire ciò che ha detto Giuffredi. Al massimo, avrebbe parlato lui, a cuore aperto. Questione di stile, umanità e rispetto verso una città innamorata del suo idolo che avrebbe capito e oggi comprende le ambizioni del bomber campano.
Detto questo, salvo inattesi stravolgimenti, appare ormai chiaro che, terminati gli applausi e dissolta sul nascere la favola a lieto fine, Tutino (che sui social non ha espresso reazione alcuna sul riscatto di quella che può essere definita la sua seconda patria e sul disastro – concordato? – combinato da Giuffredi) lascerà Cosenza, anche se, a questo punto, si può dire che ciò avverrà con meno eleganza tra le parti rispetto a quanto si potesse ipotizzare. Di certo, oltre allo squarcio, l’esternazione dell’agente ha generato un piccolo miracolo: far stare insieme dall’altra parte della barricata Guarascio e l’intera tifoseria.

Il dg Ursino e il presidente Guarascio


Nell’attesa di conoscere sulla vicenda le prossime mosse del patron a cui, comunque, va riconosciuto, per una volta, di aver operato con giudizio, si arriva alla seconda nota lieta di questo caldo giugno rossoblù: Giuseppe Ursino da Roccella Jonica e Crotone, l’esperto e scafato dirigente che a questo punto della sua esistenza (75 anni portati con stile e grande lucidità), probabilmente si immaginava a godersi la pensione senza più il fiato sul collo del pallone moderno e, soprattutto, di Guarascio che, a quanto pare (questa sì che è una notizia) aveva intuito già tre anni fa che al suo Cosenza mancava come il pane un direttore generale ma, davanti ai ripetuti “no” del suo unico amore Ursino, aveva pensato bene di lasciare quella casella dannatamente scoperta. Al terzo disperato tentativo dell’imprenditore lametino, l’ex pitagorico ha ceduto. Lo ha fatto, però, alle sue condizioni: un solo anno di contratto («sono anziano, poi si vedrà»), la rottura con l’ingombrante Roberto Gemmi, la scelta del giovane «rampante» ds di fiducia e la possibilità di decidere su tutto senza rotture di scatole per realizzare il suo sogno segreto (il Cosenza in A per la prima volta nella storia). Perché Ursino non è certo uno a cui puoi dettare la linea. E poi c’è quella frase, attira like e cuori, rivolta ai giornalisti: «Con voi sarò sempre sincero, io sono un amico». A patto che nessuno di loro e di chi scrive, d’ora in poi, gli chieda del budget da mettere sul mercato, perché «non è un problema vostro». Che è proprio quello che serviva da tempo a questo Cosenza fragile, antipatico e sfuggente, sgarrupato nella comunicazione e nelle idee di base: un dg (che poi è anche un ds operativo) forte, di personalità, bravo a tranquillizzare quando verrà da mettersi le mani nei capelli e saggio nell’usare le parole giuste quando qualcosa o tutto apparirà poco chiaro. Insomma, uno che, comunque andrà a finire questa ennesima ripartenza, difficilmente si riuscirà a mandare a processo. Tutto ciò eviterà indubbiamente un buon numero di tradizionali figuracce e cadute di stile di una società che, appena qualche giorno fa, per non dire di persona al suo vecchio ds che non rientrava più nei suoi piani, ha preferito non rispondergli al telefono.

Ursino, Guarascio e Delvecchio


Finalino dedicato a William Viali. Ciò che dispiace più di ogni altra cosa dell’ennesimo imprevedibile nuovo corso bruzio, è l’addio dell’allenatore che a Cosenza aveva trovato la sua dimensione ideale, comprendendo, come pochi, limiti, antropologia e potenzialità del luogo. Sorprende che il tecnico di Vaprio d’Adda, che aveva ripreso e concluso la sua seconda avventura cosentina con entusiasmo e voglia di ripartire, privato del suo amico Gemmi abbia deciso di andar via perché «senza più motivazioni» e senza più Tutino (pare che Guarascio non gli avesse parlato del riscatto dell’attaccante), rinunciando al contratto biennale che aveva chiesto e ottenuto. Ora, al di là di come la si pensi su questa vicenda (c’è chi – tantissimi – starà maledicendo Viali per il secondo tradimento in un anno, e chi – pochissimi – Guarascio per non aver dato continuità a un progetto tecnico che iniziava a dare qualche frutto), non sarà semplice per Ursino e Delvecchio trovare in giro un sostituto altrettanto efficace. Nonostante i buoni propositi («non prenderemo mezzi allenatori e giocatori») sviscerati venerdì scorso in conferenza stampa. La speranza, polemiche a parte, è che questa inattesa rivoluzione a tutti i costi appena avviata non produca confusione, eccessive illusioni e perdite, per strada, di pezzi (tipo Marras, per citarne uno) pregiati. (f.veltri@corrierecal.it)

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