LAMEZIA TERME L’operazione sarebbe avvenuta lo scorso 18 aprile. Obiettivo, la nave “Msc Arina”, grande mercantile approdato nello scalo portuale di Gioia Tauro, dopo essere partita da Yantian, un distretto portuale di Shenzhen, nella Cina meridionale. Il mercantile – come riporta il Corriere della Sera – aveva fatto tappa a Singapore, circumnavigato il Capo di Buona Speranza per evitare possibili attacchi ormai quotidiani che avvengono nel Mar Rosso e Suez, per poi entrare nel Mediterraneo, facendo scalo nei porti di Valencia e Barcellona. Nel frattempo, però, le “sirene” dell’intelligence hanno fatto il resto.
Già perché, una volta arrivata in Calabria, le forze dell’ordine italiane hanno effettuato il sequestro. L’obiettivo, però, non era la nave ma il carico: armi per diversi milioni di euro. Secondo il Corriere, infatti, le autorità americane avrebbero deciso di far sequestrare il carico e avrebbero quindi chiesto agli alleati italiani di intervenire. Detto, fatto. Così la Msc Arina è ripartita ma il bottino no. Al momento non è chiaro di che tipo di armi o mezzi militari si tratti, forse droni armati.
Ma a far comprendere la portata dell’operazione, e le possibili ripercussioni, è la destinazione del mercantile. Il punto di arrivo, secondo i forti sospetti degli stessi americani, sarebbe stato Bengasi, l’area della Libia attualmente controllata da Haftar e il suo “clan”, garantendo un punto di ingresso a grandi quantitativi di armi e migliaia di miliziani russi. Secondo le fonti di intelligence, infatti, è da tempo che ormai l’Occidente sospetta che proprio la Russia di Putina voglia costruire un proprio porto militare a Tobruk, nel territorio libico controllato da Haftar, proprio a ridosso del “fianco sud” della Nato dell’Unione Europea, e a strettissimo contatto con le flotte militari occidentali presenti nel Mediterraneo. Secondo il CorSera, infine, l’incidente di Gioia Tauro si collocherebbe sullo sfondo di un improvviso risvegliarsi della tensione sulla Libia fra Stati Uniti e Russia. (Gi.Cu.)
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