Nel guardare la Commissione Antimafia ritratta in posa sotto il cartello sforacchiato dai colpi di lupara nel paese di San Luca in una caserma dei carabinieri, da cronista con i capelli bianchi, mi sono venuti davanti agli occhi Gerardo Chiaromonte, Abdon Alinovi, Cesare Terranova e via declinando per Cabras e Mancini. Altro aplomb, altro stile, sostanza ispettiva del tempo quando la politica doveva comprendere il fenomeno mafioso (c’era chi sosteneva che la mafia fosse un’invenzione dei giornali) e mostrava una profonda serietà. Ai tempi della Dda e di polizie specializzate a che serve la Commissione Antimafia, addirittura replicata anche nelle Regioni? Siamo tra la lotta politica di parte e la politica spettacolo. L’ultima visita a San Luca ci lascia interdetti. Sono stati convocati i giornalisti ma la comunicazione è stata contraddittoria. Intervista in esclusiva per la Rai, poi richiesta di avere le domande scritte in anticipo, e la scortesia istituzionale riservata alla collega del Corriere della Calabria. Comprendiamo che le domande sono diventate indigeste per la politica ma a tutto c’è un limite. Potessi fare una domanda al presidente Chiara Colosimo le chiederei perché il suo partito, Fdi, ha candidato alla Regione un ex Pd che oggi scopriamo indagato per aver chiesto voti alla cosca Araniti.
La presidente della Commissione oltre ad esibirsi con i suoi colleghi nel selfie ricordo ha proferito luoghi comuni su San Luca, “mamma” della ‘ndrangheta. A quanto pare l’ascolto in paese ha riguardato soltanto vertici provinciali delle forze di polizia e della magistratura, ascolto che dunque si poteva tranquillamente tenere a Reggio Calabria, evitando sceneggiate mediatiche mal riuscite. Colosimo si è lamentata a narrare le cronache di un paese vuoto, nascosto dietro gli scuri. Era la controra e il caldo era feroce come in un racconto di Alvaro.
San Luca ha ‘ndrine feroci globalizzate. Hanno ancora fede in riti della tradizione. I corrieri che portano cocaina dalla Calabria alla Sicilia abbiamo appreso che hanno la Madonna di Polsi nel cellulare e si portano il rosario dietro. Ma risiedono ormai a Catania e lo spettacolo si può arricchire dell’operazione Devozione, che con la presenza della Madonna resta legata strumentalmente solo a San Luca. La ‘ndrangheta, che non ha solo Mamma e padri, si è globalizzata, cari signori dell’Antimafia in visita a San Luca. La coca colombiana viene trasferita per più di due terzi in Ecuador. In quel paese operano broker calabresi che hanno in mano il gioco mondiale del narcotraffico e che vivono in quello Stato da un decennio. Hanno al loro servizio mediatori cinesi, imbarcano i carichi che giungono in Europa. Arrivano in Montenegro, Olanda, Germania e Gioia Tauro, nei porti in cui non mancano corrotti e doppiogiochisti. Il presidente dell’Ecuador, riferiscono giornalisti informati, ha chiesto collaborazione all’Italia. Magari una visita ispettiva e diplomatica della Commissione Antimafia in Ecuador sarebbe più utile di una gita a San Luca.
A San Luca nessuno si è presentato a fare il sindaco. Bruno Bartolo non ha voluto sentire appelli. Forse ha ragione lui. Ieri la presidente dell’Antimafia è salita a San Luca annunciando che sta per arrivare una nuova commissione d’accesso anche ora che il Comune ha un commissario prefettizio. Nelle sue dichiarazioni la presidente Colosimi non ha espresso grande considerazioni per l’ultimo sindaco, anzi ha riferito di “storie abbastanza surreali che riguardano l’area mercatale davanti al Santuario della Madonna di Polsi”. Sarebbero state riscontrate molto criticità insieme agli avvisi di garanzia già noti. A Platì non votano perché hanno le strade dissestate, a San Luca non presentano lista e sindaco per non finire arrestati, la commissione d’accesso prefettizia diventerà permanente con il commissario prefettizio forse a vita. Magari troveranno un epigono del prefetto Mori. La presidente della Commissione ha detto che di questa visita “non farà uno spot”. In effetti tutto somiglia ad una recita dell’opera dei pupi. Tanto è vero che l’onorevole Walter Verini, via Repubblica, quotidiano non presente alla conferenza stampa, ci fa sapere 24 ore dopo, “Presentiamoci all’elezioni noi”. E propone di coinvolgere anche nomi di peso della cultura, dello spettacolo dello sport. Potevate pensarci prima del voto.
A San Luca l’unica autonomia poco differenziata concessa è quella di vivere sotto il tallone di ferro della Prefettura e di Palazzo San Macuto. Il riscatto collettivo tarda ad arrivare. E resto convinto che non è questione che riguarda solo i nostri fratelli e sorelle calabresi di San Luca ma tutta la Calabria.
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Non è un riscatto collettivo l’Autonomia differenziata. L’Italia si è rotta tra Nord e Sud. Piccola storia breve. La sinistra contemporanea la introduce in Costituzione per motivi tattici e consegna il pallino alla destra. L’Emilia Romagna va con Lombardia e Veneto. Meloni risolve la questione settentrionale in cambio dell’orribile premierato e fa una partita di giro. Sono da sempre favorevole all’autonomia dei territori ma non certo a quella disegnata da Calderoli. Tutti, 5 stelle compresi, hanno ignorato una riflessione di Beppe Grillo di queste ore su un concetto cui mi ritrovo: «Oggi avrebbe più senso ragionare su autonomia dei comuni e delle città, più che delle regioni: d’altra parte questa è la nostra radice storica». Ma l’Italia dei cento comuni non mi pare trovi, purtroppo, grandi consensi o progetti federali, men che meno in Calabria.
La Calabria come è entrata nel gran gioco? Roberto Occhiuto, che in Conferenza Stato regioni era stato possibilista, si è rubato la scena schierandosi contro e chiedendo ai parlamentari di Forza Italia di non votare il provvedimento. Nonostante le contraddizioni il suo elettorato non potrà accusarlo di tradimento. Il fratello senatore si è trovato in passato dalla parte sbagliata. Ha votato a favore, senza grandi afflati, il deputato di Fdi Antoniozzi. Chissà il familiare Dario, democristiano, cosa avrebbe consigliato di votare? Ci ha messo la faccia e la bandiera della Calabria in Parlamento esponendosi ad uno shit storm social di non poca rilevanza è Simona Loizzo che non è mai arretrata di un passo sulla validità del provvedimento, a suo modo di vedere, necessario a riscattare le regioni del Sud. Ha strappato invece il suo competitor alle Europee, Filippo Mancuso, leghista atipico che ricco di consensi a Catanzaro ha guadagnato l’attenzione mediatica per essersi distaccato da Salvini e già pronto a collocarsi da qualche altra parte. La Lega di Calabria ha due facce. Quella di Loizzo che segue il partito nazionale e quella di Mancuso molto di filiera locale che fa di Catanzaro alle Europee la città più leghista d’Italia ma ne contesta i principi “perché poco discussi”. Tutte questioni che avranno un riverbero sul governo regionale alle prese con annunciati rimpasti. Si profila un referendum abrogativo o un ricorso proposto dalle regioni. Sull’Autonomia sarà Sud contro Nord, più il popolo degli astenuti. Istituzionalmente penso cambierà poco. Resterà uno stato centralista a forte vocazione di capocrazia.
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Dicono che sia la gara di automobili più famosa al mondo. Le 24 ore di Le Mans, giorno e notte su 13 chilometri molto particolari. Raccontata in film e fumetti di gran successo. La inventò nel 1923 tal Charles Faroux, giornalista, meccanico, ingegnere, campione di biliardo, inevitabilmente visionario. Ha il sapore dell’epica. L’ha vinta su Ferrari Antonio Fuoco da Cariati dove con la spinta del padre ha iniziato a correre sui go kart. Al paese l’hanno accolto e festeggiato da trionfatore in municipio. Abbiamo un campione d’automobilismo che corre Ferrari. Agli Europei invece per Belgio-Slovacchia due allenatori calabresi sulle due panchine. Mimmo Tedesco, origini di Bocchigliero, figlio di emigrati in Germania, diventa ingegnere gestionale, calciatore e allenatore di successo. Il suo Belgio ha perso contro la Slovacchia allenata da Ciccio Calzona che le origini le segna a Cessaniti provincia di Vibo Valentia ma poi ha messo le tende ad Arezzo dove ha giocato e allenato. Mi sarebbe piaciuto per Cosenza e Catanzaro avere come nuovi allenatori Tedesco e Calzona sulle panchine del prossimo derby. Ma è solo fantacalcio personale.
Molti calabresi se passano da Battipaglia o dal Casertano portano mozzarelle di bufale a casa per rendere più gradita la cena o il pranzo. Ebbene anche la Calabria dice la sua. Parola del celebre gastronomo Luciano Pignataro, campano, che sui seguitissimi social ha scritto: «Una delle migliori mozzarelle da latte di bufala è in Calabria, uscita Palmi». Caseificio Granatore. E se lo dice Pignataro ci possiamo credere. (redazione@corrierecal.it)
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