LAMEZIA TERME Un curriculum lunghissimo, una trentennale esperienza medica e di ricerca, incarichi cosi prestigiosi da essere, oggettivamente, un vanto per l’intera Calabria ed il suo sistema sanitario. Direttore della U.O.C. Centro Trapianti Midollo Osseo del Grande Ospedale Metropolitano di Reggio Calabria e coordinatore nazionale di ben 80 centri trapianti, Massimo Martino è uno di quegli esempi che documentano come anche in Calabria sia possibile “fare scuola” in ambito sanitario, circostanza quest’ultima che, al netto di tutte le criticità ed i ritardi, smentisce alla radice molte delle stereotipate narrazioni sulla sanità calabrese.
A conferma di ciò in riva allo Stretto, nell’Università Mediterranea, dal 27 al 29 giugno in tre giorni di confronto sarà infatti possibile scoprire quanto anche in Calabria la sanità possa essere definita d’eccellenza; la discussione riguarderà le controversie nelle terapie cellulari. Il contesto di approfondimento della tre giorni reggina svela, per intero, quanto in ambito sanitario la ricerca stia già concretizzando vere e proprie rivoluzioni «le terapie cellulari – spiega Martino – rappresentano sicuramente una delle più importanti svolte nella cura di alcune patologie oncologiche, ma anche in ematologia perché il sistema immune svolge un ruolo fondamentale nel combattere le neoplasie e i tumori in senso lato. La scoperta di cui discutiamo è quella che ha portato alla realizzazione terapie con farmaci che si basano sul potenziamento del nostro sistema immunologico che non funziona». «In pratica – aggiunge Martino – si è in grado di prelevare linfociti T da tutti i pazienti che sono affetti da determinate patologie ematologiche, la leucemia acutale infoplastica, ad esempio, o alcune forme di linfoma. Dopo il prelevamento queste cellule vengono modificate in laboratorio da alcune aziende farmaceutiche affinché esprimano il bersaglio specifico per le cellule tumorali e sono poi restituite al centro che eroga le cure e le risomministra al paziente».
Ancor più semplicemente Martino specifica: «In poche parole è come se noi, per la prima volta nella storia, riuscissimo a creare un farmaco vivente e specifico che parte proprio dal paziente da curare. Questa, me lo lasci dire, concettualmente è una rivoluzione straordinaria». Ma l’ambito di applicazione della metodica è ancor più ampio «per le emoglobinopatie, in particolar modo la talassemia e la microdrepanocitosi, sono stati portati a termine degli studi, tra poco potremmo utilizzare anche la modifica genetica della cellula staminale che produce purtroppo queste forme di emoglobinopatie. Ciò perché le cellule staminali del paziente affetto da talassemia e da microtrepanocitosi possono essere modificate in vitro geneticamente, reinfuse al paziente stesso e quindi curare quella che è che l’alterazione tipica di queste malattie con i pazienti costretti a subire continuamente trasfusioni e tutti gli effetti negativi che ciò comporta».
Martino tiene a precisare i contorni della metodica e, soprattutto, il significato delle controversie in ordine alle terapie cellulari «non c’è una dimensione etica, parliamo di cellule staminali dell’adulto e con riferimento a prodotti che già commercialmente sono autorizzati da AIFA. Le controversie di cui discuteremo a Reggio Calabria riguardano il fatto che spesso potrebbero esserci delle terapie alternative, come può essere un trapianto allogenico o un altro tipo di farmaco, e quindi noi dobbiamo cercare di capire, discutendo tra di noi, qual è il paziente ideale per ottenere il massimo delle risposte da queste terapie. Parliamo di un approccio rivoluzionario, fino a 3-4 anni fa non avevamo nessuna alternativa, praticamente i pazienti in queste condizioni erano destinati a morire per la malattia, oggi invece con le cosiddette terapie CAR T hanno una sopravvivenza a 4 anni importante ed almeno il 30% dei pazienti possono essere liberi dalla malattia. Aspettiamo follow up più lunghi nel tempo».
Nella lunga conversazione con il Corriere della Calabria il dottor Martino non nasconde un approccio che è prudente ma allo stesso tempo carico della soddisfazione che appartiene al medico consapevole di poter dare più risposte alla domanda di salute «dobbiamo sempre procedere con cautela, noi vogliamo curare dei tumori del sangue, delle malattie molto gravi e per cui le prospettive di guarigione concettualmente sono scarse. Con queste terapie, si sta aprendo una piccola porta, speriamo, diventi sempre di più grande e che possa portare veramente a un cambiamento prognostico. Questo è sicuramente un momento storico». Altrettanto evidente la soddisfazione per il fatto che questi percorsi trovino realizzazione in Calabria. «Reggio rappresenta sicuramente un riferimento nazionale per la terapia trapiantologica e terapia cellulare. Direi però non solo Reggio ma la Calabria perché noi rappresentiamo la regione. Oggi siamo un punto di riferimento per tutta la rete nazionale trapiantologica. Bisogna ricordare che da Roma in giù quello di Reggio Calabria è stato il primo centro in cui nel giugno del 2020 sono state erogate le terapie CAR T, la nostra è una struttura dove si effettuano circa 200 trapianti all’anno e quindi siamo veramente un riferimento. Tutto ciò è riconosciuto anche dalle altre strutture perché io in questo momento, oltre a essere direttore dell’ematologia del centro trapianti di Reggio Calabria, svolgo il ruolo di Presidente del gruppo italiano trapianti di midollo osseo e quindi sono colui che coordina le attività di oltre 80 centri diffusi in tutto il panorama italiano. È un motivo di fatica per me, ma penso anche di orgoglio per la nostra Calabria». Non c’è dubbio che sia così. (redazione@corrierecal.it)
Il Corriere della Calabria è anche su WhatsApp. Basta cliccare qui per iscriverti al canale ed essere sempre aggiornato
x
x