REGGIO CALABRIA La possibilità di personalizzare le cure, ingegnerizzando le cellule di un paziente e raggiungendo così target terapeutici inimmaginabili fino a pochi anni fa. Di fatto è questa una delle novità più dirompenti della moderna ricerca biomedica. Una metodica che vede le cosiddette terapie CAR-T (acronimo di ChimericAntigenReceptor T. cell.) affermarsi sempre di più rappresentando una sorta di rivoluzione copernicana. I trattamenti si fondano infatti su un approccio completamente nuovo che guarda ai linfociti T come la chiave per accedere alla cura, i linfociti vengono infatti prelevati da un paziente successivamente reinfusi nello stesso paziente, dopo essere stati modificati geneticamente per sconfiggere le cellule tumorali. Una cura che nasce, in buona sostanza, dallo stesso corpo affetto dalla malattia.
Questo tipo di terapie offrono, peraltro una chance terapeutica (e di vita) nei casi in cui i trattamenti onco-ematologici tradizionali abbiano esaurito la loro capacità di fornire risposte. O quando, come nel caso della beta-talassemia trasfusione-dipendente e dell’anemia falciforme, i trattamenti tradizionali determinano effetti significativi per la qualità della vita dei pazienti costretti a subire continuamente trasfusioni.
Dal 27 al 30 giugno a Reggio Calabria, dove insiste un centro trapianti che è ormai un punto di riferimento riconosciuto nel panorama nazionale, si discuterà proprio di questi temi nel corso di una tre giorni (CONSULTA IL PROGRAMMA) che fornirà, oggettivamente, una diversa chiave di lettura della sanità calabrese, troppo spesso bistrattata da approcci con un immotivato tasso di generalizzazione.
«Il nostro lavoro fino ad adesso è stato certamente legato a metodiche di immunogenetica e di parziale ingegneria sulle cellule, però – ci dice Giuseppe Console – Dirigente Medico a tempo indeterminato, Vicario del Direttore, Responsabile registro donatori midollo osseo – la svolta c’è stata da 3-4 anni. Una svolta che si fonda sull’ingegnerizzazione dei globuli bianchi di alcuni tipi di pazienti e per alcuni tipi di patologie, un percorso che consente di definire un farmaco biologico destinato soltanto a quel paziente e che ha la capacità di andare a trovare le cellule neoplastiche e di colpirle in maniera. Potremmo dire, semplificando, che non si cura in astratto una malattia ma si cura specificamente ed in maniera selettiva un paziente affetto da una determinata patologia. I nuovi orizzonti dell’ematologia e della trapiantologia sono legati proprio a questo tipo di farmaci formati da cellule del paziente. E probabilmente nei prossimi anni potremo vedere delle rivoluzioni da questo punto di vista, con possibilità di cura e anche di guarigione per pazienti che fino a qualche tempo fa avevano veramente poche speranze».
Messa cosi il ribaltamento della prospettiva appare evidente persino a chi ha poca o pochissima dimestichezza con temi ed approfondimenti sanitari, di fatto si supera la logica del farmaco specifico ma rivolto ad una patologia genericamente definita «fino a qualche tempo fa alcune patologie avevano come risposta un trattamento chemioterapico, dettagliato, con dosaggi e modulazioni varie ma in definitiva generalizzato. Le terapie di cui discuteremo a Reggio riguardano invece farmaci che dipendono dal paziente stesso, non possono essere somministrate nemmeno ad un fratello gemello».
Tutto ciò accade anche e soprattutto a Reggio Calabria. «Questo – aggiunge Console – è un punto molto importante da chiarire, che il sistema sanitario calabrese abbia delle criticità e dei problemi è innegabile, però all’interno di questo sistema bisogna anche comprendere che ci possono essere e ci sono delle realtà di straordinario valore che non sono poi così rare e che sono virtuose per la tipologia dei trattamenti, per la specialistica e anche, devo dirlo, per la volontà e la perseveranza di chi ci lavora».
Console ci fornisce qualche ulteriore specificazione «a Reggio il C.T.M.O. Centro Unico Regionale Trapianti di Cellule Staminali e Terapie Cellulari “A. Neri, abbraccia tutta la Calabria come bacino d’utenza ma proprio per la nostra specificità, e forse anche per quello che ci viene riconosciuto non soltanto in Italia, fungiamo da polo di attrazione. Qui facciamo immigrazione non emigrazione sanitaria, per un bacino d’utenza molto più largo, che coinvolge tutta la Sicilia orientale, parte del Sud Italia come la Basilicata ed alcune volte anche la Campania. Ricordo – conclude Console – che qualche anno fa, sebbene non per questo tipo di patologie, ma per altri trapianti sono arrivati anche pazienti dal Trentino Alto Adige. Purtroppo spesso capita che, paradossalmente, l’opinione pubblica reggina o calabrese in generale non sia a conoscenza di questa struttura, a meno che non abbia problematiche ematologiche da affrontare». (redazione@corrierecal.it)
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