LAMEZIA TERME Il canale tra Calabria e Sicilia, utilizzato per lo spaccio di ingenti quantitativi di droga, è uno dei più attivi degli ultimi anni. Prova ne sono le recenti inchieste, come ad esempio “Devozione” di qualche giorno fa, ma anche la sentenza emessa nei giorni scorsi al termine del processo “Kynara”, con la condanna di 26 soggetti. Oggi l’ennesimo blitz, ancora più “massiccio” nei numeri, nei soggetti coinvolti e nei territori interessati: 112 persone raggiunte da ordinanza di cui 85 destinatarie della custodia cautelare in carcere e 27 della custodia agli arresti domiciliari, di cui 3 a cura del Nucleo Investigativo Regionale Sicilia della Polizia Penitenziaria), ritenute coinvolte – a vario titolo – nei reati di associazione finalizzata alla detenzione, traffico, coltivazione e cessione di stupefacenti, nonché per autoriciclaggio, trasferimento fraudolento di valori, porto abusivo ed alterazione di armi, estorsione e altri reati.
Sono in tutto tre le ordinanze firmate da tre diversi gip, dai quali la Calabria emerge quale «canale preferenziale» per il rifornimento di droga per i gruppi siciliani. Secondo gli inquirenti della Distrettuale antimafia gli indagati, farebbero parte di un gruppo criminale finalizzato all’acquisto, al trasporto, alla distribuzione e alla cessione sul mercato di sostanze stupefacenti: marijuana, hashish e cocaina. Come riportato dal gip nell’ordinanza, i due Giuseppe e Graziano Castorino (giudicato separatamente) in particolare, in qualità di capi e promotori, «avrebbero tenuto i contatti con i fornitori calabresi, concordando gli acquisti d’ingenti quantitativi di stupefacente, stabilendo le strategie da adottare per la successiva distribuzione dello stupefacente sul mercato della città di Messina e in provincia».
L’inchiesta, dunque, è stata avviata dagli accertamenti effettuati dalla pg tra il 16, il 19 e il 21 gennaio 2021 nei pressi dell’abitazione di Giuseppe Lo Cascio (classe ’86) finito in carcere, indicata da fonti confidenziali come zona di spaccio di sostanze stupefacenti. Sulla scorta di questo primo input investigativo sono stati svolti alcuni servizi che avrebbero confermato l’esistenza di una florida attività di spaccio di cocaina, effettuata proprio da Lo Cascio. Successivamente è emerso, poi, che all’interno della stessa palazzina erano presenti altri soggetti – appartenenti alla famiglia Astone – «dediti allo spaccio, svolto però in autonomia rispetto a quella gestita dal concorrente Lo Cascio», si legge. Le indagini tecniche svolte nei confronti dei fratelli Antonino Astone alias “il bolognese” (cl. ’87) e Luca Michaelgabriel Astone (cl. ’00) entrambi finiti in carcere, avrebbero consentito di «disvelare una realtà criminale ben più complessa ed articolata, organizzata in forma associativa e facente capo a Rosario Abate, Giuseppe Castorino e Maurizio Savoca, «attiva nel traffico di stupefacenti prevalentemente di natura pesante». Scelta come base logistica l’abitazione di Rosario Abate, nel Rione Giostra, luogo «deputato alla lavorazione e allo stoccaggio della sostanza stupefacente» poi distribuita su tutto il territorio di Messina e provincia, una prosecuzione, con una componente soggettiva parzialmente diversa, ed una naturale evoluzione della struttura associativa oggetto di accertamento giudiziale nell’ambito di un altro procedimento già concluso con sentenza del 9 marzo 2023.
Nel corso delle indagini è stato accertato che il sodalizio criminale capeggiato da Castorino – Abate – Savoca si sarebbe rifornito di ingenti quantità di cocaina da due diversi canali calabresi, uno proveniente dalla zona tirrenica e l’altro proveniente dalla zona jonica. Il primo canale di rifornimento dello stupefacente faceva capo a Gioacchino Cananzi, rosarnese classe 1975 finito in carcere, cognato di Piromalli. L’uomo, infatti, sarebbe legato ad «Arcangelo Piromalli, sia da rapporti di frequentazione, sia da vincoli di carattere familiare, dato che la sorella sarebbe proprio la convivente di Piromalli».
Altro fornitore del gruppo facente capo ad Abate e Castorino, proveniente dal versante ionico della Calabria, sarebbe quello a capo di Antonio Strangio, locrese classe ’82, che avrebbe rifornito «il gruppo messinese di ingenti quantità di sostanza stupefacente, avvalendosi della collaborazione di Bruno Giorgi e, dopo il suo arresto, di altri corrieri», annota il gip nell’ordinanza.
Tra gli episodi chiave, la decisione di Rosario Abate di collaborare con la giustizia, salvo poi cambiare idea, rilasciando comunque tre interrogatori (8 e 15 settembre e 17 ottobre 2022) le cui dichiarazioni, di fatto, avrebbero confermato diverse vicende emerse nel corso delle indagini «sebbene abbia tentato di ridimensionare il proprio ruolo all’interno del sodalizio e ne abbia tenuto fuori i familiari cioè il fratello e la moglie», scrive il gip nell’ordinanza. Una volta arrestato Antonino Mazzeo, a seguito di una delle tante attività di riscontro condotte dal personale di pg che ha bloccato «l’uomo al rientro dalla Calabria con un carico di cocaina», si sarebbe verificato un riassetto della compagine associativa con la scalata al potere di Rosario Abate, insieme a Giuseppe Castorino», scrive il gip nell’ordinanza. (g.curcio@corrierecal.it)
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