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‘Ndrangheta nella Sibaritide, le nuove rivelazioni del pentito Luca Talarico

Il collaboratore coinvolto nel processo “Kossa”. «Io prestanome della cosca Forastefano, sapevo fosse una famiglia mafiosa»

Pubblicato il: 27/06/2024 – 10:30
di Fabio Benincasa
‘Ndrangheta nella Sibaritide, le nuove rivelazioni del pentito Luca Talarico

COSENZA Un nuovo verbale condito da dichiarazioni “inedite” del pentito della Sibaritide Luca Talarico, è stato depositato nel corso del procedimento celebrato con rito ordinario scaturito dall’inchiesta “Kossa“. Il collaboratore di giustizia è un incensurato utilizzato come prestanome e «addetto alla riscossione del pizzo» dalla cosca Forastefano. Era questo, sostanzialmente, il ruolo affidatogli dalla mala.



Le nuove rivelazioni su Arcidiacono

Alle domande del pubblico ministero della Procura della Repubblica del Tribunale di Catanzaro, Alessandro Riello, il collaboratore ammette di essersi «intestato l’azienda che porta il mio nome in qualità di prestanome della cosca Forastefano, in particolare nella persona di Pasquale Forastefano e Domenico Massa». Sul contratto di affitto datato 7 febbraio 2018, tra l’azienda agricola di Talarico e un’altra famiglia, «Alessandro Arcidiacono (imputato) ne è stato l’ispiratore». Per il pentito «i Forastefano avevano promesso ad Arcidiacono un compenso tra 20 e 30.000 euro per la sua opera nelle trattative». E aggiunge: «più volte mi ripeteva “io ho sempre servito i Forastefano e mi sono sempre trovato bene; sono brave persone”. Il pentito precisa: «Io ovviamente sapevo che i Forastefano erano una famiglia mafiosa e, a fronte di queste affermazioni di Arcidiacono, non ribattevo nulla poiché avevo capito che era uno di loro e pertanto non conveniva sottolineare che si trattava di una famiglia mafiosa».
Talarico si sofferma ancora sulla figura di Arcidiacono: «Domenico Massa e Pasquale Forastefano le mi dissero che io dovevo dare conto ad Alessandro Arcidiacono, che era loro uomo, per ogni spesa che avrei dovuto sostenere o scelta di gestione dell’azienda». E in caso di controlli delle forze dell’ordine, i due avrebbero ordinato di «mostrarmi tranquillo, senza però rispondere a domande troppo specifiche sulle modalità con cui avevo avviato l’impresa».

La presunta estorsione

C’è un episodio legato ad una presunta estorsione, che il pentito racconta con dovizia di particolari al pm della Dda Riello. «La estorsione che si concretizzò in una maggiorazione artificiosa del prezzo della frutta, Arcidiacono ebbe un ruolo fondamentale, anzi posso dire il ruolo più importante di tutti, perché né io, né Pasquale Forastefano e Domenico Massa avevamo competenza tecnica in materia. Egli pertanto fu l’ispiratore di questa estorsione». (f.b.)



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