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«Docenti pagati di più al Veneto che in Calabria». La legge Calderoli e i rischi per la scuola

Su “Repubblica” gli effetti dell’autonomia differenziata sul futuro della scuola «che va in frantumi»

Pubblicato il: 30/06/2024 – 15:21
«Docenti pagati di più al Veneto che in Calabria». La legge Calderoli e i rischi per la scuola

«Docenti che insegnano in Veneto pagati di più di chi entra in aula in Calabria. Uffici scolastici regionali non più alle dipendenze di viale Trastevere ma dei governatori. Il sistema scolastico privato che potrà rafforzarsi sul modello della sanità lombarda. Programmi piegati alle esigenze del territorio della libertà di insegnamento e dell’unità culturale del Paese». Su Repubblica l’analisi sui rischi e gli effetti dell’autonomia differenziata sul futuro della scuola «che va in frantumi». Gli effetti dell’autonomia differenziata vengono prefigurati da «intellettuali, sindacati, comitati e opposizioni pronti al referendum. Siamo sul piano delle ipotesi e dei rischi. Due in particolare: contratti regionali per i prof e crescita delle diseguaglianze tra i banchi».

Il nodo Lep

«I Lep della scuola rimarranno sempre in capo allo Stato e saranno uguali in tutta Italia», ha spiegato il ministro Giuseppe Valditara. L’Istruzione – spiega Repubblica – è una delle materie di competenza concorrente per la quale la legge Calderoli rimanda alla definizione dei Livelli essenziali di prestazione (Lep), ovvero standard minimi di servizi garantiti su tutto il territorio nazionale. Con una riforma a costo zero, difficile sarà finanziarli stabilendo gli investimenti necessari alle regioni per adeguarsi agli standard.

Docenti assunti dalle regioni e pagati di più?

«Questo è il tema principale sul quale non ci sono garanzie – osserva Luca Bianchi, direttore di Svimez Svincolare gli stipendi dal contratto nazionale reintrodurrebbe le gabbie salariali e sarebbe disastroso: una maestra è tale a Scampia come a San Babila e non c’entra il costo della vita». Osserva Gianfranco Viesti, economista dell’università di Bari, autore del libro “Contro la secessione dei ricchi”: «Si arriverebbe nella scuola a dipendenti ministeriali o regionali e se uno vince un concorso in Veneto potrà andare a insegnare fuori? Tutte incognite sul potere che si trasferirà. Intanto la trattativa va avanti tra regioni e governo, con una riforma che mette all’angolo il Parlamento».

Gli squilibri territoriali

«Un bambino che vive a Napoli frequenta un anno di scuola in meno, senza mense e tempo pieno, rispetto al suo coetaneo di Milano. La regionalizzazione della scuola – scrive Repubblica – rischia di accentuare le disuguaglianze trai banchi». «Non solo tra Nord e Sud, ma tra centro e periferia», dice Gianna Fracassi, segretaria della Flc-Cgil. «Venti potenziali sistemi scolastici a marce differenti configurano l’accesso ad un diritto universale sulla base della residenza e la possibilità, per il potere politico locale, di gestire ai fini del consenso un bacino rilevantissimo tra studenti, lavoratori, famiglie», spiega Marina Boscaino portavoce del Comitato “No autonomia differenziata”.
«Lo Stato finanzia direttamente le scuole statali con una spesa che vale 50 miliardi. Se tutte le funzioni delegabili sulla scuola fossero trasferite, calcola Svimez, alla Lombardia arriverebbero 5,3 miliardi, al Veneto 2,6. Risorse che – si legge ancora sul quotidiano – sarebbero sottratte al bilancio complessivo e potrebbero determinare negli anni successivi extragettiti. Infatti, le aliquote di compartecipazione in caso di maggiore crescita sono oggetti di trattativa bilaterale tra governo e regione. Il monito viene dalla preside Lucia Bonaffino dell’Istituto Salvo D’Acquisto di Bagheria: “Bisognerà vigilare sull’equità. Altrimenti gli altri correranno, noi arrancheremo”».

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