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l’intervista del corriere della calabria

Trapianti pediatrici, Mattia Algeri: «Il Bambin Gesù può far crescere la sanità calabrese» – VIDEO

In tre giorni approfonditi diversi aspetti tra interventi, contributi, domande e lezioni magistrali. Di Rocco: «CAR T arma estremamente importante»

Pubblicato il: 30/06/2024 – 11:30
di Danilo Monteleone
Trapianti pediatrici, Mattia Algeri: «Il Bambin Gesù può far crescere la sanità calabrese» – VIDEO

REGGIO CALABRIA La tre giorni di discussione e confronto sulle controversie nelle Terapie Cellulari, organizzata a Reggio Calabria, ha rappresentato, di fatto, un vero e proprio evento scientifico, per il valore professionale di ospiti e relatori, per i contenuti ed anche per l’indiscutibile contributo nel rendere ancor più nota la presenza in Calabria di un centro di assoluta eccellenza. Nella città dello Stretto, infatti, l’ematologia e la trapiantologia sono da tempo una realtà solida, certa, risalente nel tempo e capace di intercettare e rendere disponibili tutte le innovazioni in campo medico e terapeutico. Le Terapie cellulari sono una nuova frontiera, già raggiunta ed oltrepassata, nella cura di specifiche patologie tumorali, tra l’altro la proiezione futura di queste metodiche consente di dire che siamo in presenza di una vera e propria rivoluzione. Nel senso proprio del termine, ciò che fino a ieri non era possibile oggi lo è.

La tre giorni a Reggio Calabria

In tre giorni sono stati numerosi gli aspetti approfonditi tra interventi, contributi, domande e lezioni magistrali, compreso il tema dei trapianti che riguardano i bambini. Un tema, quest’ultimo, particolarmente sensibile ed approfondito da Mattia Algeri, dirigente medico trapianto emopoietico e terapia cellulari geniche dell’ospedale Bambin Gesù di Roma. «Il trapianto – sottolinea Algeri – è una terapia curativa per diverse patologie pediatriche sia maligne ma anche non maligne, ed è qui che troviamo la differenza principale con il paziente adulto. I pazienti adulti, infatti, generalmente vanno a trapianto allogenico (nella chirurgia dei trapianti, proveniente da un altro organismo, cioè da un donatore) per la cura di una patologia maligna, una leucemia, un linfoma, una mielodisplasia, mentre nel paziente pediatrico abbiamo anche l’opportunità di curare con il trapianto anche diversi disordini non maligni, come immunodeficienze o disordini dell’emoglobina». «L’altra differenza con l’adulto – aggiunge Algeri – è legata alla intensità con cui viene effettuato il trapianto. I pazienti pediatrici possono tollerare con eccellenti risultati i condizionamenti miroblativi, ad esempio è stato dimostrato come l’impiego di radioterapia sia cruciale nell’ottenere eccellente sopravvivenza libera da malattia nel contesto della leucemia linfoblastica acuta». «Altra differenza ancora  è l’impiego nell’ambito dei donatori alternativi di trapianto aploidentico T-depletato che è stato impiegato dal nostro centro, da altri centri in Europa e nel mondo con eccellenti risultati sia per la cura di patologie leucemiche ma anche per la cura di patologie non maligne».

Sinergia Bambin Gesù – Regione Calabria

Il rapporto tra il Bambin Gesù e la Calabria va avanti da tempo «questi tre giorni – evidenzia Algeri – sono una grande dimostrazione di quello che la Regione Calabria sta facendo in termini di sanità nel contesto dell’ematologia, riuscendo ad offrire alla sua popolazione i trattamenti più avanzati a disposizione.  Per quanto riguarda il contesto pediatrico la collaborazione con il Bambin Gesù non deve essere unidirezionale, deve avere valenza bidirezionale per far sì che entrambe le realtà possano giovarsi adi questo legame. Bambin Gesù come polo e centro di riferimento sicuramente può aiutare a far crescere la sanità della Calabria per quanto riguarda le patologie di pertinenza del paziente pediatrico che essendo più rare sono dunque più difficili da affrontare in numeri elevati. Ed i numeri elevati sono quelli che determinano   competenza e che portano risultati che fanno expertise». Per Algeri poi «al bambino dobbiamo massimo rispetto, massima attenzione, ancora di più se possibile rispetto al paziente adulto. Nel nostro lavoro offriamo il massimo a tutti i pazienti ma è chiaro che con i bambini c’è anche un coinvolgimento emotivo che, per certi versi, può essere addirittura maggiore ma che allo stesso tempo  può essere di stimolo per lavorare ancora più tenacemente per ottenere la guarigione di questi pazienti». «Sicuramente – conclude Algeri – è un lavoro estremamente coinvolgente, motivante e che dà infinite gratificazioni dal punto di vista non solo professionale ma anche e soprattutto umano».

Di Rocco: «Le CAR T sono diventate un’arma estremamente importante»

Nell’incontro di Reggio Calabria il programma ha previsto l’approfondimento degli aspetti terapeutici innovativi in relazione a diverse singole patologie. Il Linfoma Mantellare o Linfoma a Cellule Mantellari è, ad esempio, una rara malattia del sangue che origina nel sistema linfatico e, in particolare, riguarda i globuli bianchi. Viene definito “mantellare” perché i linfociti B si localizzano inizialmente in una particolare zona del linfonodo chiamata appunto “zona del mantello”.
A discutere degli approcci terapeutici in ordine a questa patologia Alice Di Rocco, ricercatrice dell’Università LA Sapienza ed ematologa al Policlinico Umberto I. «Il trapianto allogenico, quindi da donatore compatibile, e le CAR T non sono così distanti l’uno dall’altro, in entrambi i casi la loro arma contro il tumore, in questo caso i linfomi, è l’immunoterapia. Le CAR T sono diventate un’arma estremamente importante, rispetto ad un trapianto allogenico, con il paziente che deve essere comunque rispondente ai trattamenti precedenti, le CAR-T ci consentono di fare un salto nel senso che possiamo trattare con l’immunoterapia la malattia attiva. Per alcune patologie con i trattamenti standard non riuscivano ad ottenere una risposta completa, con CAR-T si ottengono risultati. La sfida ora è quella di rendere una risposta duratura nel tempo e qui ritorna ancora, soprattutto nel campo del linfoma mantellare, la possibilità di un trapianto, nel senso di un trapianto allogenico perché è l’unico ad oggi ad avere delle curve che possano mostrare un plateau, tuttavia aggravato da una tossicità importante, acuta e a lungo termine, che invece CAR T non ha. Per questo la sfida è potenziare la durata della risposta delle CAR T e favorire magari solamente per una nicchia di pazienti veramente ad alto rischio la necessità di fare un trapianto allogenico. Ma consideriamo che per arrivare ad un trapianto il paziente deve essere giovane, deve essere fit, per cui il trapianto non è per tutti». L’ultima considerazione è per lo straordinario ampliamento delle possibilità di cura «per i linfomi aggressivi fino a qualche tempo fa si parlava solo di due linee di terapia, adesso invece siamo arrivati addirittura a parlare di cosa fare in quarta linea di terapia e questo vuol dire che la sopravvivenza di questi pazienti è aumentata».

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