VIBO VALENTIA Come un «mafioso clandestino infiltrato all’interno dell’Asp» dalla cosca Mancuso. Il collaboratore di giustizia Andrea Mantella risponde alle domande del controesame sulla figura di Cesare Pasqua, ex direttore de dipartimento prevenzione dell’Asp imputato nel processo Maestrale e accusato tra le altre cose di concorso esterno in associazione mafiosa. Nell’aula bunker di Lamezia Terme, dove il processo sulle ‘ndrine vibonesi si è ormai spostato da settimane, Mantella risponde alle domande dell’avvocato di parte civile Michele Gigliotti. Il collaboratore va a ritroso nel tempo delineando nuovamente la figura di Pasqua, citando il caso di Federica Monteleone e gli interessi della cosca che si sarebbe impegnata per non far «finire nei guai» un’anestesista e una ditta.
Già nei verbali Mantella definiva Pasqua come «sussurrato all’orecchio» e «a disposizione della consorteria Mancuso». Alla domanda dell’avvocato Gigliotti riguardo il ruolo specifico ricoperto all’interno dell’Asp o altri enti, Mantella ribadisce: «Io ho visto che Pasqua era all’interno dell’Asp di Vibo Valentia con la qualifica di direttore sanitario, mentre per l’aspetto di Vibo io sapevo che al Comune c’era il figlio di Pasqua». Per il collaboratore di giustizia Pasqua rientra tra i «cosiddetti riservati» tramite i quali i Mancuso «esercitavano ed esercitano il proprio potere allungando i propri tentacoli». «Anche altre famiglie mafiose, come i Mancuso, – aggiunge- hanno bisogno di questi colletti bianchi».
Mantella cita anche il caso di Federica Monteleone, la giovane di soli 16 anni morta all’ospedale di Vibo mentre era in sala operatoria per un’appendicite. «Nel 2007 è successa quella vergogna, che hanno sbagliato ed è morta la povera Federica» ricorda il collaboratore. Un drammatico episodio a cui si sarebbe interessata finanche la potente cosca dei Mancuso che «per sistemare la cosa utilizza questi strumenti, questi colletti bianchi per sistemare le problematiche». Ad interessarsi in particolare, secondo Mantella, sarebbe stato Pantaleone Mancuso, detto Vetrinetta, per «la ditta degli impianti elettrici», in quanto la morte della 16enne fu determinata da un blackout. Ai Mancuso, ribadisce il collaboratore di giustizia, «interessava che non finissero nei guai un’anestesista e la ditta». (Ma.Ru.)
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