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l’assoluzione

‘Ndrangheta, Stige: l’ex sindaco Laurenzano era «in contrasto con le cosche» e «attivo nella legalità»

Rese note le motivazioni della sentenza d’appello nei confronti dell’ex primo cittadino di Strongoli, assolto. «Non ha favorito i Giglio, tutt’altro»

Pubblicato il: 04/07/2024 – 12:13
di Giorgio Curcio
‘Ndrangheta, Stige: l’ex sindaco Laurenzano era «in contrasto con le cosche» e «attivo nella legalità»

CATANZARO L’imposizione accusatoria che ha portato ad una prima condanna in primi grado e interamente fondata su intercettazioni, «sarebbe in contrasto con i basilari principi in tema di concorso esterno, nella specifica forma del patto di scambio “politico-mafioso”» perché «nessuna delle condotte individuate riveste la valenza dell’atto di ausilio alla cosca che si è voluto attribuirgli».
È quanto scrivono i giudici della Corte d’Appello di Catanzaro nelle motivazioni che hanno portato all’assoluzione dell’ex sindaco di Strongoli, Michele Laurenzano (difeso dagli avvocati Pitaro e Ioppoli), condannato invece a 8 anni in primo grado. Le accuse, in buona sostanza, erano legate all’approvazione del piano spiaggia per favorire la cosca Giglio, l’aggiudicazione di alcuni appalti pubblici e il fatto che il sindaco Laurenzano avesse «accettato e perseguito il rafforzamento del sodalizio mafioso», recando un «contributo alla realizzazione del programma comune».

«Il sindaco ha compiuto il suo dovere»

Accuse tutte cadute in Appello perché, secondo i giudici «sul piano spiaggia, il sindaco Laurenzano aveva adempiuto a un preciso dovere» spendendosi per dotare il proprio Comune di uno strumento urbanistico essenziale e imposto dalla legge. E, nel frattempo, «si trovava a fronteggiare gli “animi caldi” dei titolari degli stabilimenti balneari penalizzati proprio dalla scelta del sindaco di non prorogare le autorizzazioni illegali concesse (anche ai Giglio) dalla precedente amministrazione». Di fatto, scrivono ancora i giudici, Laurenzano «insediatosi alla guida del Comune nel giugno 2013, aveva posto fine a tale situazione illegale, non rinnovando le autorizzazioni concesse con l’ordinanza del precedente sindaco, avente scadenza 30 settembre 2013. Come riportano ancora i giudici nelle motivazioni, poiché le ordinanze firmate dall’ex sindaco Arrighi avevano scadenza 30/9/2013 e il neo sindaco Laurenzano si era trovato a fronteggiare i malumori dei titolari degli stabilimenti balneari, penalizzati dalla scelta della nuova amministrazione di non prorogare le autorizzazioni precedenti, «erano state avviate numerose interlocuzioni con gli uffici comunali e regionali per dare impulso alla procedura, e si erano tenuti incontri partecipati con i funzionari regionali, alla presenza della cittadinanza e dei rappresentanti degli operatori balneari, per fare il punto della situazione». «L’intento del sindaco Laurenzano» scrivono i giudici «era quello di far capire ai titolari degli stabilimenti (e non solo ai Giglio) che, non essendo più possibile rilasciare le precedenti autorizzazioni, era indispensabile approntare il “piano spiaggia”, propedeutico al rilascio delle concessioni».

«Dati travisati, parziali e distorti»

Quanto agli incontri con il pregiudicato Miglio Enrico, descritti dalla sentenza come “‘numerosi’’’ e sintomatici del “cambio di rotta” dell’amministrazione Laurenzano, che si sarebbe sottomesso alla cosca, accettando l’interlocuzione con un suo rappresentante, «si tratta di un dato travisato e fondato su una serie di elementi parziali e distorti», scrivono i giudici. Laurenzano non ha in ogni caso mancato di fornire i dovuti chiarimenti sulla natura di tali contatti, spiegando di essersi recato «sulla “strada Miglio” per un sopralluogo e ha anche ammesso di aver incontrato Miglio al bar “Meravigliao”, seppur casualmente, e un’altra volta nei locali del Comune, ove Miglio era andato a chiedere lumi». Nessuna prova sarebbe mai stata acquisita di alcuna “promessa” fatta dal sindaco a Miglio, e tantomeno di un “patto” per la tenuta della giunta – scrivono i giudici – mentre è altrettanto inconsistente il quadro indiziario in merito alle contestate intromissioni nelle procedure di appalto e ai pagamenti in favore di alcuni creditori comunali, nella supposta consapevolezza che «si trattasse di introiti destinati in tutto o in parte a finire, in ultima istanza, nelle tasche di qualche soggetto vicino alla cosca».  

«Sindaco attivamente impegnato per la legalità»

Prive di base fattuale e giuridicamente errate sarebbero, secondo i giudici, le valutazioni sul comportamento “omissivo” del sindaco Laurenzano che, secondo l’accusa e la prima sentenza, si sarebbe piegato alla cosca, «scendendo a patti con essa, piuttosto che denunciare le pressioni subite». In fatto, l’istruttoria avrebbe consegnato una realtà opposta, mostrando un sindaco attivamente impegnato per la legalità, richiamando ad esempio i dipendenti e dirigenti comunali alla massima osservanza delle prescrizioni della normativa antimafia o stipulando una convenzione tra il Comune di Strongoli e la Procura della Repubblica di Crotone per l’abbattimento dei manufatti abusivi che si trovavano sul territorio di Strongoli. E, infine, anche denunciando il 17 luglio 2017 Salvatore Giglio il quale, nel frattempo scarcerato, si era presentato al Comune chiedendo a che punto fosse il piano spiagge e in una occasione aveva invitato il sindaco a sostenere alcune famiglie bisognose che avevano chiesto dei sussidi. Quindi, concludono i giudici nelle motivazioni, nessun fatto tra quelli indicati dall’accusa come volti a favorire la cosca Giglio «è stato posto in essere dal sindaco Laurenzano, che semmai si è posto in aperto contrasto con gli interessi e i programmi degli appartenenti a quel sodalizio».
Lapidaria la chiosa dei giudici nelle motivazioni secondo i quali il sindaco di un paese dove risiedono famiglie che dell’illegalità e della prepotenza hanno fatto uno stile di vita «ha dovuto proteggersi e si è trovato costretto, a volte, a non dar di sé l’immagine della “sceriffo” bensì quella, meno pericolosa, di chi ascolta, senza per questo venir meno al rispetto della legalità». (g.curcio@corrierecal.it)

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