L’impiego di nuove ormonoterapie orali nei casi di tumore al seno potrebbe posticipare trattamenti più aggressivi, quali la chemioterapia, e ridurre il rischio di progressione della malattia o di morte del 45% rispetto alla terapia endocrina “convenzionale”.
E’ il caso di elacestrant, il primo degradatore selettivo del recettore degli estrogeni (SERD) attivo per via orale, raccomandato nel sottogruppo di pazienti resistenti a cicline con mutazioni ESR1, che hanno già ricevuto una prima linea di terapia antiormonale.
Già approvato dall’ente regolatorio statunitense FDA e da quello europeo EMA, potrebbe aiutare più di 2mila donne in Italia con cancro al seno. “L’auspicio è che divenga presto disponibile anche nel nostro Paese – spiega Paolo Marchetti, Presidente della Fondazione per la Medicina Personalizzata FMP, durante un incontro realizzato grazie al sostegno di Menarini Stemline. – Il trattamento è innovativo in quanto nella popolazione luminale HER2 negativa che ha il massimo bisogno terapeutico a causa delle mutazioni di ESR1, è il primo SERD orale che ha dimostrato efficacia nelle pazienti cicline-resistenti, il primo prescrivibile su un test di biopsia liquida e non sulle più invasive biopsie tissutali”. Come spiega Saverio Cinieri, Presidente Fondazione Aiom – Associazione Italiana di Oncologia Medica, “le mutazioni di ESR1, possono raggiungere il 40% dei casi di carcinoma del seno ER+, HER2-. Per individuare le pazienti ora gli specialisti hanno a disposizione anche la biopsia liquida, un’analisi del sangue che valuta il DNA tumorale circolante ed è un esame utile ai fini sia diagnostici che prognostici”. Elacestrant è “il primo orale degradatore selettivo del recettore degli estrogeni alfa (ER-a) e svolge un’attività contro le mutazioni del gene ESR1- dichiara Giuseppe Curigliano, Direttore Divisione Sviluppo nuovi farmaci all’Istituto Europeo di Oncologia di Milano e Professore di Oncologia Medica Università Statale di Milano. – I minori effetti collaterali e l’assunzione orale quotidiana favoriscono l’aderenza terapeutica e il mantenimento della qualità di vita”.
Per Antonella Iadanza, Patient Advocate di Fondazione IncontraDonna ad essere apprezzate sono “la poca invasività del test e la precisione nella selezione delle terapie da parte degli specialisti. Per questo il ricorso alla biopsia liquida deve essere incentivato in tutte le strutture sanitarie della Penisola”. (Ansa)
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