REGGIO CALABRIA A «sto giro non si può sbagliare», era l’ammonimento di Domenico Battaglia, detto “Mimmetto”, a Daniel Barillà. Nel corso di una conversazione captata dagli investigatori e finita nelle carte dell’inchiesta “Ducale” della Dda di Reggio Calabria, l’esponente del Partito Democratico si rivolgeva così, con riferimento alle elezioni comunali reggine del 2020, al genero del boss Domenico Araniti “il Duca”, figura centrale e descritto come «longa manus» del suocero e in contatto con gli esponenti politici che risultano indagati. Una lista che si allunga.
Ai nomi già noti del consigliere regionale (sospeso) di Fratelli d’Italia Giuseppe Neri, il sindaco di Reggio Calabria Giuseppe Falcomatà, e il consigliere del Comune reggino del Partito Democratico Giuseppe Francesco Sera, si sono aggiunti quello dell’ex senatore Giovanni Bilardi, eletto nel 2013 con il Grande Sud e nel 2017 rientrato in Forza Italia, l’assessore comunale di Reggio Calabria Domenico Battaglia e il consigliere comunale della Lega Mario Cardia.
E vista la mole di intercettazioni in cui si fa riferimento ad altri esponenti politici reggini non si può escludere che ci possano essere nuovi colpi di scena. Diversi i partiti coinvolti, a partire da Lega e Forza Italia, i cui esponenti disertarono l’aula insieme a quasi tutta l’opposizione nel corso del consiglio comunale aperto sul tema del Ponte sullo Stretto, in segno di protesta contro il sindaco Giuseppe Falcomatà.
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Per l’accusa Barillà faceva il «doppio gioco», era per questo un «abile giocoliere politico». Ed è così che emerge il sostegno assicurato da una parte a Neri e dall’altra a Battaglia. «Astutamente, – si legge nell’ordinanza – nel medesimo contesto elettorale e per non rovinare i suoi tradizionali rapporti con il centrosinistra, lo stesso Barillà non negava il suo appoggio, seppur in modo molto limitato rispetto a quello di Neri, al candidato del Pd, Battaglia Domenico Donato detto Mimmo». Il suo nome compare più e più volte nell’ordinanza firmata dal gip Vincenzo Quaranta. «D’altro canto, – si legge – la spendita della figura del Battaglia era sempre utile alla causa della cosca Araniti e del suo delfino Barillà, poiché, come si vedrà meglio nella parte dedicata ai brogli elettorali compiuti per condizionare il voto in favore dei candidati scelti dalla cosca di Sambatello, occorreva arruolare anche persone insospettabili, che potevano essere dirette a piacimento dallo stesso Barillà, in cambio di una sistemazione lavorativa o di altre prebende».
Riguardo poi alla figura di Giovanni Bilardi, spesso semplicemente definito nelle intercettazioni «il senatore», secondo l’accusa i contatti con gli Araniti sono avvenuti «grazie alla fondamentale opera di intermediazione di Paolo Pietro Catalano (anche lui indagato ndr) che il gruppo riuscirà ad ottenere il supporto elettorale di una delle figure storiche della destra regionale e locale. «Su quest’ultimo – si legge – è utile ricordare che già nelle parti dedicate al ruolo di Trapani Carmelo all’interno della cosca Araniti si è potuto comprendere lo stretto legame sussistente trai due». Legame confermato dal collaboratore di giustizia Chindemi Mario che, nel corso di un interrogatorio aveva riferito che Trapani fosse «vicino al Senatore della … ad un Senatore di Roma dell’Alleanza Nazionale, gli faceva l’autista» specificando, che «era il porta borsa l’autista di Giovanni Bilardi» «con la funzione di collante tra il Senatore e la criminalità organizzata». (m.ripolo@corrierecal.it)
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