«L’Estetica pura di Atene in ritiro ascetico fra l’eremo di Scilla e il covo di Cariddi, le soap di Ruggieri e Gallicella, Scilla e Cariddi, Aspramonte e Mongibello, unico svago per millenni. Poi lo Stretto s’impossessa della magia di Morgana, sale sopra un altare pagano e celebra gli amori impossibili. L’uomo trascende l’uomo, un Dio rinnega guerre e dispute diventa l’imperatore del sogno. Achille si mette Troia sulle ginocchia, la bacia sulla bocca. Il domino esaurisce le forze davanti alla sola colonna di Capo Colonna. Le storie si mischiano, Nosside si prende Rolando, Milone si frappone ai Dioscuri, le Querce sacre ammaestrano Bernardino e Tommaso cullandoseli sotto i grandi riccioli. Gianni attraversa a passi lunghi la passerella di Cannes accenna pose di un film che per girarlo servirebbe il sunto di Visconti e Fellini, Scorsese con Tarantino a bottega. Una bellezza variopinta, leggera di vanità e spessa di millenni, si incunea fra due sponde, le allarga e l’orizzonte si espande, risale, isola la terra in mezzo e diventa orizzonte triplice: perfino il mondo è spazio minuto per contenere il Sole. Ulisse forza il blocco e Dioniso si solleva sui palmenti sopra le passioni avvinghiate del corallo del vino. Una terra fuori misura e fuori tiro per massai/ie, fatta per grandi imprese e rinchiusa a scasare il boccino al ritrovo degli anziani. Gianni apre le porte a una voglia compressa di vita, di gioia. La lunghezza di un soffio, il tuono di un lampo nel cielo sereno dell’estate. L’inverno repentino di uno spazio che torna angolo si lascia mettere il guinzaglio e si fa portare al parco a fare i bisogni. L’abbandono del Dio e la rassegnazione a farsi misurare le giornate dai mattinali delle questure. Rinnegare le profezie dei filosofi e portare sui palchi pensionati con gingle senili, accantonando le percussioni ossessive nate sui petti di chi non conobbe la resa. Il Dio dello Stretto va a morire in un ospedale lontano, si lascia tumulare fuori dalla vista dei tre mari, come uno qualunque della diaspora, come sempre per quasi tutti i figli del Sud. L’Estetica anarchica di Atene svanisce, sorge sul trucco di luce di un prestigiatore assunto con le domande ATA la retorica di regole strangolanti, di normodotazioni. Di uno svizzerismo a modello, ridicolo solo a pensarlo. Nati dai terremoti e dalle eruzioni si dorme all’ombra lattiginosa delle magnolie e si torna nel mondo quando qualcuno per inciampo allarga lo Stretto e scuote dal sonno. Viviamo così, popolo d’Avvento, in attesa di un Dio tutto nostro del cui arrivo non sappiamo né il se né il quando».
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