VIBO VALENTIA «Signor Pino stai attento che se no arrivano fucilate, cerca di rivolgerti a qualcuno». Un messaggio tanto esplicito quanto minaccioso, contenuto di una telefonata che Giuseppe Lo Preiato aveva ricevuto nella primavera del 2010. Poi, il 23 maggio, alla Centrale operativa veniva segnalato un danneggiamento alla vetrina dell’hotel “Cala del Porto” a Vibo Marina, raggiunta da non meno sei colpi di fucile. Il sistema di videosorveglianza aveva registrato l’arrivo di due persone, una delle quali a volto scoperto, che erano giunte nei pressi dell’ingresso della struttura ed uno di loro aveva fatto fuoco con il fucile. È uno degli episodi richiamati nelle motivazioni della sentenza d’appello del processo “Rimpiazzo”, nato dall’inchiesta della Dda di Catanzaro contro il clan di ‘ndrangheta dei Piscopisani e che ha portato, tra gli altri, alla condanna di Rosario Battaglia a 28 anni e 3 mesi di carcere (28 in primo grado).
«(…) in quel periodo erano clienti del ristorante i signori Moscato Raffaele, Battaglia Rosario, Fiorillo detto “Pulcino” e Scrugli Francesco. Battaglia e Fiorillo in una circostanza mi hanno detto che, se avessi avuto bisogno loro erano a disposizione invitandomi cioè a rivolgermi a loro in caso di problemi cosa che ripeto non ho fatto. Questo fatto succedeva prima dell’arrivo della telefonata e dei colpi di arma da fuoco. Degli appartenenti alla famiglia Mancuso io avevo rapporti solo con Cosmo Mancuso dalla cui azienda agricola acquistavo con regolare fattura del vino e glielo pagavo cosi come ho continuato a fare anche nel periodo in cui l’azienda di Mancuso Cosmo è andata sotto amministrazione giudiziaria…». Questo quanto aveva dichiarato lo stesso Lo Preiato a febbraio del 2017.
Sull’argomento aveva reso dichiarazioni e dettagli anche il collaboratore di giustizia Raffaele Moscato. «(…) una sera mi ricordo io che loro erano con Francesco Scrugli, Rosario Battaglia e Rosario Fiorillo, erano là all’Approdo, perché c’è un piccolo piano dove si può fumare… ed erano là sopra che stavano a mangiare… non mi ricordo se c’erano anche le rispettive fidanzate, però hanno alzato il gomito a livello di bere e mi ricordo che Sarino Battaglia è sceso giù (…) dove c’era Pino Lopreiato, l’ha preso dai baffi, perché lui portava i baffi, questo Pino Lopreiato, e gli ha detto: “Con me ti comporti pulito e devi fare quello che ti dico io”, una cosa del genere…». E ancora aveva raccontato: «Praticamente c’era questo astio perché lui diceva, proprio Lo Preiato stesso, diceva che lui si trovava pure bene a pagare Mancuso, perché lo diceva lui stesso perché ne avevano parlato, dice: “U scemu dice pure che si trova bene, vuole pagare solo ai Mancuso”».
Il racconto del collaboratore, riportato nelle motivazioni dei giudici della Corte d’appello di Catanzaro, cristallizza il quadro accusatorio. Moscato ha aggiunto di essere stato presente all’episodio che aveva visto protagonisti Battaglia e Lopreiato, il quale non avrebbe avuto alcuna reazione. «Niente, diventa rosso e sta zitto», e ancora: «All’epoca, quando ho parlato sia con Fiorillo e sia con Battaglia, mi sembra che Fiorillo in questo caso mi avesse detto che tutti e due gli avevano sparato a questa reception, a Vibo Marina. Perché di solito la maggior parte dei danneggiamenti che venivano fatti su Vibo Marina li facevo io… Io quel giorno non c’ero, sicuro al cento per cento, altrimenti lo avrei fatto io. Quindi, quando abbiamo parlato di questa cosa, dice: “No, sono scesi tutti e due e gli hanno sparato alla reception, là, a quel porco di Pino” perché così lo chiamavano oppure “Generale” … l’hanno sempre chiamato così… era una sfida aperta ormai, dottore, perché dice: “Questo ci deve pagare a noi e basta”, e non gliela dovevano dare vinta ai Mancuso». Secondo Moscato tuttavia «i Piscopisani non erano riusciti ad ottenere i pagamenti che richiedevano da Lo Preiato», si legge nelle motivazioni.
Anche Andrea Mantella aveva riferito sulla vicenda nell’udienza del 27 settembre 2021. Secondo il pentito, e come riportato nelle motivazioni, «L’Approdo era in realtà di Mancuso Michele alias Michelina e che il danneggiamento dei locali del Lo Preiato si inseriva nella dinamica conflittuale tra i Piscopisani ed i Mancuso che dovevano essere screditati sul territorio anche mediante danneggiamenti contro persone da loro protette…».
Per i giudici, dunque, è evidente «la convergenza dichiarativa in ordine alla responsabilità di Rosario Battaglia quale mandante» unitamente agli altri apicali del sodalizio, «del danneggiamento a colpi di fucile che aveva finalità chiaramente estorsive annunciate dalla telefonata anonima ricevuta» dalla vittima. E ancora, secondo i giudici, le «dichiarazioni di Lo Preiato sull’offerta di protezione ricevuta da Rosario Battaglia e Rosario Fiorillo, appaiono confermative delle accuse provenienti dai collaboratori di giustizia e forniscono piena prova della responsabilità dell’appellante». (g.curcio@corrierecal.it)
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