LAMEZIA TERME C’era il “padre nobile del centrosinistra in Calabria. C’erano i segretari di due dei partiti della coalizione, più uno dei big di un terzo partito della coalizione. C’era poi il sindaco del capoluogo della Calabria. C’erano infine esponenti di quell’associazionismo e di quella società civile che alla fine, anche se non arruolabili rigidamente in precisi steccati partitici, certo hanno una sensibilità che non guarda al centrodestra. Al Chiostro San Domenico di Lamezia Terme, davanti a un pubblico piuttosto numeroso e meno “scontato” di altre volte, l’autonomia differenziata salda il campo largo e progressista del centrosinistra in Calabria. A organizzare la reunion che è l’ennesima prova di unità oltre che l’ennesima “chiamata alle armi” contro il Ddl Calderoli è il gruppo regionale del Pd, che raduna Agazio Loiero, già ministro per le Regioni, già presidente della Regione e uno dei padri fondatori del Pd, e soprattutto il primo in Italia a fiutare il pericolo federalismo anticamera della secessione della Lega (nel 2006 ospitò a Palazzo Alemanni, allora sede della presidente della Giunta, quel Calderoli che oggi è il nemico pubblico numero 1 del fronte progressista). E poi raduna Nicola Fiorita, primo cittadino di Catanzaro e guerrigliero anti autonomia differenziata insieme agli altri “grandi” sindaci di Calabria, con cui viaggia in totale sintonia al punto da legittimare il sospetto di un centrosinistra “parallelo” che in Calabria si muove al fianco di quello classicamente inteso. E poi raduna i segretari regionali del Pd Nicola Irto, irrobustito dalla presenza del deputato Nico Stumpo e del consigliere regionale Amalia Bruni, e di Sinistra Italiana Fernando Pignataro, e poi il parlamentare Riccardo Tucci che è uno dei portavoce più ascoltati del Movimento 5 Stelle in Calabria.
Sono tutti espressione di mondi che fondamentalmente parlano la stessa lingua ma non sempre la declamano allo stesso tempo e allo stesso modo. Ieri, a Lamezia Terme, hanno provato a sincronizzarsi, in buona parte riuscendoci, sul tema che è ormai il grido di battaglia del fronte progressista: il no all’autonomia differenziata nella versione turboleghista di Matteo Salvini e di Roberto Calderoli. Qualche accenno autocritico – la riforma costituzionale nella quale si è infiltrato il Carroccio e con il Carroccio tutto il centrodestra ha la paternità del centrosinistra – ma per il resto la platea ridonda di attacchi a una legge “sciagura”, che “spacca l’Italia” e “affonda la Calabria che è già sul fondo”, e ridonda di critiche al governatore Roberto Occhiuto, accusato di «recitare tutte le parti in commedia» – copyrght Irto – perché è (sarebbe) «contrario all’autonomia differenziata ma poi comunque l’ha votata». Ora si tratterà di capire quanto questa mobilitazione coinvolgerà davvero tutte le forze progressiste e quanto si estenderà anche oltre il tema dell’autonomia differenziata, e soprattutto se troverà anche una sintesi nella direzione di una possibile alternativa al centrodestra anche in Calabria. Perché ancora gli step da compiere sono tanti. A esempio, c’è sicuramente da alzare il ritmo dell’opposizione in Consiglio regionale: l’ultima seduta sotto questo aspetto è stata emblematica di una timidezza ancora palpabile da parte del centrosinistra. Alla viglia erano tanto gli analisti che si attendevano un battage proprio sul tema dell’autonomia differenziata, non fosse altro che per far emergere le (innegabili) contraddizioni nella maggioranza di centrodestra (con le posizioni “eretiche” di Occhiuto, di Filippo Mancuso e anche del gruppo di Azione), ma in Calabria né il Pd né gli alleati brillano per coraggio. “Non c’erano i numeri”, ha spiegato un consigliere regionale di minoranza. “E quanto mai questi numeri ci saranno?”, ha replicato più di un analista. Ha replicato a ragion veduta, in effetti, perché da qualche parte bisogna pure iniziare. (a. c.)
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