REGGIO CALABRIA Nel 2018 la nomina che lo ha portato alla guida della Procura della Repubblica di Reggio Calabria, dove Giovanni Bombardieri ha messo a segno numerose e importanti inchieste contro i clan di ‘ndrangheta. Entrato in magistratura nel 1989, giudice del tribunale di Locri dal 1990 al 1995 e poi sostituto procuratore a Roma fino al 2012, anno in cui è stato destinato a Catanzaro, il 61enne originario di Riace è stato nominato nuovo Procuratore della Repubblica di Torino. La proposta di nomina era stata fatta all’unanimità nello scorso mese di aprile dalla Commissione incarichi direttivi del Csm, e ratificata ieri dal plenum, con l’astensione di un solo consigliere.
Le inchieste della Procura reggina hanno permesso di documentare le più allarmanti dinamiche criminali registrate in riva allo Stretto. Summit di ‘ndrangheta, scambi di favori, intrecci con il mondo della politica, omicidi, estorsioni, traffico di armi e droga. Tra quelle più recenti ci sono le inchieste “Hybris”, “Eureka”, “Malea”, “Atto quarto”, “Garden”, “Arangea”, “Ducale”. Nel maxi processo “Epicentro” con il quale la Direzione distrettuale antimafia reggina ha riunito le operazioni “Malefix”, “Metameria” e “Nuovo corso”, la Procura ha documentato la definitiva e unitaria sinergia tra le cosche reggine, a prescindere dalle divisioni registrate a metà degli anni ottanta nella seconda guerra di mafia, con la preminente influenza dei gruppi di Archi riuniti attorno alla cosca De Stefano. I De Stefano, i Tegano, i Condello e i Libri, le “quattro famiglie” tra le quali avviene la spartizione dei proventi delle estorsioni imposte a commercianti e imprenditori del centro storico di Reggio Calabria. Il lavoro della Procura ha colpito poi gli interessi dei clan che hanno imposto la propria supremazia sulla fascia tirrenica e jonica, dai Piromalli ai Pesce e Bellocco, fino ai Pelle-Vottari-Romeo e Nirta-Strangio.
Un lavoro duro contro le cosche che su tutto il territorio reggino hanno dimostrato capacità di infiltrazione nei più svariati settori, oltre alle capacità di rigenerazione e di imporre il proprio potere attraverso intimidazioni ed estorsioni.
Una guerra contro i clan combattuta anche attraverso la cattura dei latitanti, tra i risultati più importanti messi a segno negli scorsi anni c’è sicuramente l’arresto in Brasile nel 2021 di Rocco Morabito, soprannominato “U Tamunga”. Nato ad Africo nel 1966 e latitante dal 2019 quando era evaso da un carcere uruguayano, Morabito era il numero due della lista del Ministero dell’Interno dei più ricercati dopo Matteo Messina Denaro. Insieme al super boss venne arrestato anche Vincenzo Pasquino, classe ’90, nato e cresciuto a Torino, ma considerato membro di spicco dell’organizzazione criminale calabrese, che ha deciso di collaborare con la giustizia.
«Ci sono stati processi a Reggio su fenomeni dello stragismo che non hanno avuto l’attenzione che meritavano, e questo ci deve far riflettere. Quello che avviene in Calabria spesso è sottovalutato e non è all’attenzione dell’opinione pubblica, viene considerato qualcosa di non rilevante». Così Bombardieri era intervenuto nel corso dell’audizione nella Commissione parlamentare antimafia lo scorso settembre, riferendosi al processo “‘Ndrangheta stragista” che ha portato alla condanna all’ergastolo anche in secondo grado di Giuseppe Graviano e Rocco Santo Filippone, il boss di Brancaccio e l’esponente della cosca Piromalli di Gioia Tauro per l’uccisione dei carabinieri Antonino Fava e Vincenzo Garofalo, trucidati il 18 gennaio 1994 in un agguato avvenuto sull’autostrada Salerno-Reggio Calabria nei pressi dello svincolo di Scilla. Indagini che hanno fatto luce sull’alleanza tra ‘ndrangheta e Cosa Nostra e che – ha rimarcato Bombardieri – avrebbero meritato maggiore attenzione: «A volte mi sembra di capire che c’è una maggiore attenzione all’estero che in Italia, e la ‘ndrangheta ha beneficiato di questa scarsa attenzione e sottovalutazione». Fari puntati anche attraverso e grazie la ribellione e alle denunce di commercianti e imprenditori, vittime di minacce ed estorsioni. Il procuratore di Reggio Calabria in diverse occasioni ha rinnovato l’appello rivolto direttamente alla cittadinanza: «La denuncia è l’unico mezzo per far terminare questo controllo asfissiante».
A Torino Bombardieri subentrerà, come capo della procura, ad Anna Maria Loreto, andata in pensione poco più di un anno fa. Una nuova sfida in un territorio non risparmiato dalla capacità di infiltrazione dei clan. Lo scorso aprile l’inchiesta della Distrettuale antimafia di Torino denominata “Echidna” ha portato all’arresto di 9 persone tutte ritenute attigue alle ‘ndrine Nirta e Pelle di San Luca. Erano state in grado di infiltrarsi nel tessuto economico del Torinese mettendo radici a Brandizzo. (m.ripolo@corrierecal.it)
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