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Giornata di astensione dalle udienze, Penna: «Paradossale che per il Governo i suicidi non siano un problema»

La presidente della Commissione legalità di Cosenza interviene nel all’incontro organizzato al Tribunale

Pubblicato il: 12/07/2024 – 16:05
Giornata di astensione dalle udienze, Penna: «Paradossale che per il Governo i suicidi non siano un problema»

COSENZA Braccia conserte e astensione da ogni attività giudiziaria nel settore penale. Ultima giornata di astensione dalle udienze per gli avvocati. La consigliera comunale di Cosenza e avvocata Chiara Penna è intervenuta nella veste di presidente della Commissione legalità di Cosenza nel corso dell’incontro organizzato al Tribunale di Cosenza.
«Per comprendere il fenomeno, ormai emergenza drammatica, posto che tutti gli argomenti relativi a inadeguatezza e fatiscenza delle strutture, insufficienza del personale della Polizia Penitenziaria in termini numerici, quindi in affanno, sono certamente corretti, siamo ben lontani dalla soluzione, non solo perché è una riforma pressoché inconsistente, ma perché evidentemente si fa finta di non capire le reali motivazioni che stanno dietro un suicidio in carcere. Ma sopratutto è paradossale che per l’attuale governo non sia un problema il fatto che soggetti a lui affidati, che dovrebbero trovarsi all’interno di un luogo presidio di legalità, preferiscano uccidersi», dice Penna. Che aggiunge: «Bisogna chiedersi, dunque, chi sono questi soggetti che si tolgono la vita in carcere: sono principalmente giovani (perché se è vero che i suicidi registrano una età compresa tra i 20 e sessant’anni per la maggior parte sono giovani) molti stranieri, soggetti con patologie psichiatriche e con passato di tossicodipendenza, dunque in situazioni di grande marginalizzazione, gente in attesa di giudizio – e qui si aprirebbe un lungo discorso sulle richieste e applicazioni schizofreniche delle misure cautelari – o al primo ingresso e molti condannati a fine pena. Il sovraffollamento è solo l’effetto di una carcerazione che spesso poteva essere evitata. Le strutture sono piene di imputati che potrebbero stare ai domiciliari, di condannati a pene inferiori ai 4 anni e di condannati con pena residua inferiore ai 3».
«Dunque – prosegue – una buona parte della popolazione carceraria sarebbe ridotta da una corretta applicazione delle norme già esistenti da parte della magistratura di sorveglianza e da un ricorso meno spettacolare alla carcerazione preventiva. Questo significherebbe già rendere i luoghi più vivibili. Dall’altro lato si dovrebbe agire sull’aspetto psichiatrico, psicologico e sanitario: sostenere realmente i soggetti all’ingresso, nella espiazione della pena e al momento del rilascio, preparandoli a rientrare in società con un collegamento con gli enti territoriali ad esempio».
«Tra l’incompatibilità con il regime carcerario e la semplice depressione dovuta alla all’ingresso in carcere c’è infatti un mondo di problematiche che non vengono affrontate o che vengono puntualmente ignorate e sottovalutate sia quando vengono denunciate dai detenuti (che vengono puniti con sanzioni disciplinari e messi nella cella di isolamento dove si ammazzano) sia quando sottoposte all’attenzione di chi di competenza, da parte degli avvocati. Forse maggiore sensibilità e minore sciatteria, senza aspettare riforme epocali, potrebbero già invertire la rotta», conclude Penna.

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