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‘Ndrangheta, le intimidazioni di Soriano alla famiglia “sbagliata”, Mancuso: «Per lo “Zio” erano intoccabili»

Il collaboratore ricostruisce l’intimidazione al distributore di benzina. «Luigi Mancuso voleva imporre la pace, Leone Soriano non voleva obbedire»

Pubblicato il: 12/07/2024 – 19:03
di Giorgio Curcio
‘Ndrangheta, le intimidazioni di Soriano alla famiglia “sbagliata”, Mancuso: «Per lo “Zio” erano intoccabili»

LAMEZIA TERME Tensioni fra appartenenti alle diverse cosche e “ordini” non rispettati, anche se imposti da chi, per gerarchia e scala di potere, stava ai vertici. Siamo nell’entroterra vibonese, nelle zone di Filandari. È in questo territorio che le contrapposizioni per imporre la propria “legge criminale” hanno spesso risvolti di sangue e, solo in rari casi, la fortuna gioca a favore della vittima designata.
A rispolverare la vicenda è stato il collaboratore di giustizia Emanuele Mancuso, sentito in aula nel corso dell’ultima udienza del processo “Maestrale-Carthago”, in aula bunker, davanti ai giudici del Tribunale di Vibo Valentia. Ad offrire lo spunto è stato il procuratore della Dda di Catanzaro, Antonio De Bernardo, facendo luce sulla famiglia Mancuso e i rapporti con le altre cosche del territorio vibonese.

La questione distributore di benzina

«Dopo l’uscita del “Supremo” Luigi Mancuso nel 2012, le intenzioni erano quelle di seguire la strada verso la riappacificazione, lasciando le armi da parte e le voglie di vendetta. L’unico, però, che non volle accodarsi fu Leone Soriano». In particolare, come raccontato in aula dal pentito Mancuso, «Soriano aveva messo nel mirino l’imprenditore Castagna, interessato da una richiesta estorsiva. Poi ci fu un secondo tentativo con la famiglia Pasqua. Questi avevano un distributore, ricordo che erano molto legati a “Zio Luigi” Mancuso, erano sempre a disposizione della mia famiglia», ha sottolineato in aula Emanuele Mancuso. Il pentito ricorda di aver fermato Soriano, «poi sono andato da Luigi Mancuso e mi ha detto che i Pasqua non si dovevano toccare, al massimo si poteva trovare un posto di lavoro». «Sono andato da Soriano, gliel’ho spiegato, ma lui non ha voluto sentire ragioni, quindi aveva dato ordine di piccoli attentati, spari». Insomma, come emerge dal racconto dell’ex rampollo dei Mancuso, Soriano non voleva sentire ragioni. «Ricordo che fui chiamato da Pasquale Gallone, mi disse di parlare con Soriano ma io gli risposi che avevo già avvisato Luigi Mancuso e che avevo fatto la mia parte». Alla fine, i Mancuso mandarono Accorinti ad uccidere Soriano, sebbene l’agguato mortale non si consumò mai.

Salvato dall’arresto

Soriano, infatti, fu arrestato nel corso dell’operazione “Nemea”. «Ricordo che ricevetti un duro rimprovero da mia zia Rosaria, mi aveva minacciato dicendomi che, se c’entrassi qualcosa con il tentativo di estorsione, sarebbe finita male. Io le spiegai che avevo già parlato con Luigi Mancuso e che non c’entravo nulla, anzi». Ad aprile del 2024 sono state rese le motivazioni della condanna in appello a vent’anni proprio per Leone Soriano. E tra gli episodi citati c’è proprio quello del distributore di benzina, con le intercettazioni dalle quali emerge con estrema chiarezza «la programmazione dell’attività delittuosa da parte di Leone Soriano e l’esecuzione da parte di Francesco Parrotta e Giacomo Cichello, unitamente ad Emanuele Mancuso».



C’è la conversazione risalente al 13 febbraio 2018 tra Leone Soriano, Parrotta e Mancuso. Soriano spiega di «avere già fatto lasciare davanti al distributore dei proiettili», con l’intento di aspettare qualche giorno per «vedere come si sarebbe determinato l’imprenditore», è scritto nelle motivazioni, spiegando che, in caso non avesse proceduto al pagamento «lo avrebbe fatto “saltare in aria”». La vittima non paga e così, il 15 febbraio, «venivano registrate conversazioni tra Parrotta e Cichello che effettuavano giri di ricognizione e, la stessa sera, i due, unitamente ad un terzo soggetto, utilizzando la macchina di Cichello, hanno «esploso alcuni colpi di arma da fuoco verso la serranda del distributore di benzina», è scritto ancora nelle motivazioni.

«Luigi Mancuso era legatissimo a loro»

Su impulso del pm De Bernardo, Mancuso ha spiegato, secondo la sua conoscenza, perché Luigi Mancuso tenesse tanto alla famiglia Pasqua: «Ricordo che erano sempre stati intimi con la mia famiglia, per il “Supremo” erano intoccabili perché avevano agganci importanti tra medici, avvocati, politica. È questo tipo di contatti che ti fa fare il salto di qualità, per questo il Supremo non voleva toccarli, non era solo per amicizia». «Tutti rapporti di Luigi Mancuso erano tesi ad essere istituzionali, si inserisce attraverso uomini delle istituzioni». Il pm cita, poi, i verbali in cui lo stesso Emanuele Mancuso citava Romano Pasqua. «Ricordo che in quel distributore lavorava il cognato di Giuseppe Mancuso alias “Billy” e questo Pasqua lavorava bene e aveva ottimi rapporti con la sorella di mia madre». (g.curcio@corrierecal.it)

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