Jasmine Paolini, toscana di 28 anni, padre di Lucca, madre polacca, nonno ghanese, ha sfiorato la gloria agonistica partecipando alla finale femminile del torneo di Wimbledon. In carriera ha vinto due tornei del circuito maggiore in singolare, tra cui il WTA 1000 di Dubai 2024, terza italiana di sempre, dopo Flavia Pennetta e Camila Giorgi, ad aggiudicarsi un torneo di tale categoria. La sua vicenda umana e sportiva comincia a Locri nel 1996 quando aveva 17 anni. Lì è nata una campionessa. Riavvolgiamo il nastro storico. Negli anni ’30 Locri, capoluogo dell’omonimo comprensorio che assorbe 42 Comuni jonici della provincia di Reggio Calabria, si chiamava ancora Gerace Marina. Il Vaticano, aveva in mente da tempo di inviare un nuovo vescovo per creare lo storico split tra le due Gerace, quella marina e l’acrocoro, che si sarebbe mostrato ostile alla maggior parte dei fedeli. L’ingrato compito fu poi affidato al vescovo Pacifico Perantoni che stette a Locri dal 1953 al 1963 e svolse diligentemente l’ingrato compito, salvo poi a ricevere il classico “promoveatur ut amoveatur” in quel di Lanciano, come poi accadde a monsignor Bregantini. Locri – per dire del suo ruolo ormai perduto nel contesto regionale – tra il 1932 e il 1933 aveva una fabbrica di motociclette, l’OMC (Officine meccaniche calabresi), fondata da un ingegnere di un paese vicino, Grotteria; si chiamava Vincenzo Bruzzese e si era fatto le ossa presso le industrie del nord.
Egli, con l’appoggio della Banca Popolare di Gerace, creò da zero un’industria metalmeccanica (strategica, ovvero convertibile in militare) che fabbricava, in un ciclo completo che andava dalla fusione del metallo alle rifiniture, una motocicletta 175 sport. Le OMC producevano anche motori marini e di sollevamento, gruppi elettrogeni utensileria, fonderia e bulloneria, quei bulloni che serviranno a costruire la mitica nave REX, resa famosa dal film di Fellini. Ma quell’irrompere imprenditoriale sconquassò la vita cheta della cittadina con le prime donne operaie, le buste paghe, un’incipiente emancipazione che prefigurava i prodromi di quella che sarebbe stato l’affresco del Novecento con i suoi insanabili conflitti sociali. L’11 novembre 1933 Vincenzo Bruzzese venne arrestato con l’imputazione di concorso nel reato di truffa continuata. Era l’inizio della fine, l’industria chiuse per sempre. Fu la crisi della Banca Popolare di Gerace a trascinare al fallimento la fabbrica, o accadde il contrario? In ogni caso, nessuno mosse un dito per salvare il gioiello di Bruzzese: né l’aristocrazia locale né il regime fascista. Rivalità? grettezza? pressioni nordiste? invidie? gelosie professionali? forzature finanziarie? lotte intestine in ambiti iniziatici? Forse, di tutto un po’. La vicenda locrese cadde nell’oblio. Non è caduta nell’oblio la storia di Jasmine Paolini, la prima tennista italiana a partecipare al finale del torneo femminile di Wimbledon a Londa. La storia di Jasmine esplose nel 2013 quando la campionessa toscana partecipò, vincendolo, a un torneo tennistico organizzato dal Tennis Club “Giulio Riccio” di Locri. Un club che iniziò la sua attività negli anni trenta, quando venne costruito un campo da tennis in cemento, sul lungomare di Locri; il primo sorto sulla costa jonica calabrese fra Reggio Calabria e Catanzaro. Lo creò l’avvocato Giulio Riccio con l’aiuto fattivo di Mimmo Mileto. Jasmine vinse appunto la quarta edizione del “Torneo internazionale di tennis della città di Locri”, ideato, a suo tempo, dal presidente del Consiglio comunale locrese, Vincenzo Carabetta.
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