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La verità di Foggetti: «Francesco Patitucci faceva un’estorsione sottobanco»

Il pentito ricorda di un «regalo» richiesto al titolare di un bar a Cosenza. «Si prendeva i soldi senza metterli nella bacinella»

Pubblicato il: 14/07/2024 – 6:46
La verità di Foggetti: «Francesco Patitucci faceva un’estorsione sottobanco»

COSENZA Adolfo Foggetti è stato un pezzo grosso della criminalità organizzata cosentina, ha iniziato a collaborare con la giustizia nel dicembre del 2014, per paura di essere ucciso dal boss Maurizio Rango. In passato è stato reggente del clan di Paola, nel curriculum non mancano condanne per varie estorsioni commesse tra Paola e Cosenza, l’omicidio e l’occultamento di cadavere di Luca Bruni e la contestazione dell’associazione mafiosa. Il pentito è tornato a parlare del suo passato nel crimine bruzio nel corso di una delle ultime udienze del processo scaturito dall’inchiesta “Reset” contro la ‘ndrangheta cosentina.

I rapporti con Patitucci

Il pm della Dda di Catanzaro Vito Valerio, che rappresenta l’accusa nel procedimento celebrato con rito ordinario dinanzi al Tribunale di Cosenza, chiede al collaboratore di giustizia di ritornare indietro con i ricordi e di soffermarsi sull’incontro con Francesco Patitucci, per anni guida del clan Lanzino-Ruà-Patitucci. «Sono uscito nel luglio 2010 e me l’ha presentato Michele Bruni detto “Bella Bella” e mi ha detto che era un amico, che la situazione era tutto a posto a Cosenza, che non c’erano più rivalità, che la bacinella era una sola (…) Quindi si dividevano tutte le attività illecite. Michele Bruni aveva fatto la pace». La circostanza è utile all’accusa decisa a dimostrare la presenza nel Cosentino di una Confederazione di ‘ndrangheta, formata da vari gruppi criminali ma con una cassa comune nella quale confluiscono i proventi di tutte le attività illecite. Un dato confermato anche dal collaboratore. A tal proposito, dinanzi alla giudice Giacchetti – due giorni fa – lo stesso Patitucci ha offerto dichiarazioni spontanee accusandosi di alcuni reati ma escludendo categoricamente di essere stato a capo di una confederazione di ‘ndrangheta (leggi qui).
Tornando alla confessione resa da Foggeti, il pentito precisa: «Io sapevo della pace che era stata fatta già il 2006, e c’era un’unica bacinella fatta da tutto quello che si prendeva con le estorsioni, la droga o se facevamo qualche assalto a qualche furgone portavalori, che poi non è stato fatto, che doveva essere tutto comune». E per commettere reati? «Quando si doveva fare un’estorsione dovevamo chiederci a vicenda per non creare disagi nella città. E così è stato fatto».

Il traffico di droga

Come era organizzato il traffico di droga? Chiede il pm Vito Valerio. «C’eravamo noi che lo facevamo da un lato, gli “Italiani” che lo facevano da un altro. Poi noi avevamo gli “Zingari” che facevano sia la cocaina e la gestione, come hanno sempre avuto, dell’eroina. Dalla parte degli “Italiani” c’erano Robertino Porcaro, Renato Piromallo, Sasà Ariello. Dalla parte nostra, la gestiva era Ettore Sottile, però comunque bene o male noi eravamo tutti quanti lì pronti per cercare… chi faceva sottobanco, chi non lo faceva; chi la voleva vendere, chi no».

Gli stipendi

Le domande del pubblico ministero si spostano su un altro tema legato alla associazione unitaria. Quello degli stipendi. «Sì, noi prendevamo i soldi dall’associazione, dalla bacinella; qualsiasi cosa ci serviva», sostiene Foggetti. Che aggiunge: «Ci dividevamo i soldi, che erano delle estorsioni e della droga (…) c’erano delle volte che si prendeva tanto, delle volte che si prendeva poco. Il mensile si dava ai carcerati ogni mese. Chi veniva arrestato percepiva uno stipendio di 1.800 euro al mese, più gli avvocati erano a parte». Dal 2010 al 2014 quali erano i detenuti che venivano stipendiati? «C’erano i latitanti che venivano stipendiati e venivano dati anche più soldi, mi riferisco a Franco Presta e Ettore Lanzino».

Il «regalo» e il «sottobanco»

Nel lungo racconto di Adolfo Foggetti, trova spazio un episodio legato ad una estorsione. Come avrà modo di sostenere il pentito «erano all’ordine del giorno» e ricordare tutti i dettagli – a distanza di anni – diventa assai difficile. Tuttavia, quanto dichiarato dal collaboratore di giustizia appare rilevante per l’accusa: il pm Vito Valerio chiede al testimone di fornire i dettagli dell’imposizione della tassa non dovuta ad una bar di Cosenza. «Siamo andati lì e ci hanno detto che… che ni facia – come si dice – il solito regalo, ma comunque il solito regalo sarebbe l’estorsione, no? Però si dice il regalo. E però il titolare titubava e io ci dicìa: “U regalo ce lo fai o non ce lo fai?” e quello mi ha guardato e mi ha detto “Ma il pensiero già lo faccio”, ed io ho detto: “Come già lo fai il pensiero?” E lui ha detto che il pensiero l’aveva mandato a Francesco Patitucci (…) vuol dire che Francesco Patitucci faceva sottobanco l’estorsione, cioè si pigghiava li regali e se li metteva in tasca lui senza metterli nella bacinella. Però fatto sta che poi aveva fatto u regalu pure a noi», sostiene Foggetti. Che chiosa: «Patitucci era in carcere già dal 2011, se non erro questo fatto è stato tra il 2012, 2013». I soldi, il titolare del bar in assenza del boss li avrebbe consegnato alla sua ex moglie Rosanna Garofalo, come asserisce lo stesso Foggetti. (f.b.)

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