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Per Corona un altro processo: l’accusa è bancarotta

L’ex re dei paparazzi il 12 novembre in aula per la “distrazione” di un’abitazione da 2 milioni dalla “Fenice”

Pubblicato il: 16/07/2024 – 18:55
Per Corona un altro processo: l’accusa è bancarotta

MILANO Fabrizio Corona dovrà affrontare un altro processo per bancarotta in relazione alla sua ex società Fenice e, in particolare, alla sua vecchia casa di via De Cristoforis, zona della movida milanese, a due passi da corso Como. Un’abitazione del valore di circa due milioni di euro che, secondo le accuse della Procura di Milano, sarebbe stata “distratta” dai beni della srl. Per questa ipotesi d’accusa di recente l’ex agente fotografico, 50 anni e che ha finito di scontare le condanne definitive lo scorso settembre, dopo circa 10 anni tra carcere, domiciliari e affidamento terapeutico, è stato rinviato a giudizio con la prima udienza fissata, davanti alla prima sezione penale, per il 12 novembre. Tesi respinta, invece, dalla difesa, con lo storico legale di Corona, l’avvocato Ivano Chiesa. Come ha ricordato il difensore, infatti, quell’appartamento gli venne confiscato nel 2018 dalla Sezione misure di prevenzione nell’ambito della nota vicenda dei contanti, per circa 2,6 milioni di euro, che gli furono trovati nel controsoffitto. Un caso da cui l’ex re dei paparazzi venne assolto in relazione all’accusa principale di intestazione fittizia di beni e 1,9 milioni di euro gli furono restituiti. Per la difesa, dunque, si tratterebbe semmai di una “bancarotta risarcita”: per Corona sarebbe stato impossibile far rientrare quel bene nella società fallita, anche perché la casa era stata confiscata “ed era già andata allo Stato”. Per gli inquirenti, come già emerso all’epoca, l’abitazione sarebbe stata intestata “fittiziamente” dall’ex agente fotografico ad un suo collaboratore. Per la difesa, andò così perché Corona era in carcere all’epoca. “Faremo il processo e vedremo se finirà come quello dei soldi nel controsoffitto”, ha detto l’avvocato Chiesa. A maggio Corona è tornato in possesso del suo passaporto, dopo che la Sezione misure di prevenzione del Tribunale di Milano ha deciso di non applicare nei suoi confronti alcuna sorveglianza speciale, ritenendo che non sia più “socialmente pericoloso”.

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